Intervista ad Alver Metalli. Da amico del Papa vi dico che
Fra i riminesi (anzi fra i riccionesi) c’è qualcuno che papa Francesco lo conosce bene e da antica data. È Alver Metalli, giornalista, che da tempo vive a Buenos Aires, in Argentina. 60 anni, ha mosso i primi passi nella professione in A/74, mensile di Comunione e Liberazione a Rimini, e a Radio Riviera. È stato una delle firme di punta del settimanale Il Sabato, per il quale ha viaggiato a lungo in America Latina, fino a scegliere quel continente come patria d’elezione. È anche autore di romanzi, l’ultimo dei quali, scritto con il vaticanista Lucio Brunelli, ha per titolo Il giorno del giudizio, un vatican thriller che immagina un aereo che si schianta sulla Cappella Sistina mentre è in corso il Conclave.
Da quando la fumata bianca ha annunciato l’elezione del cardinale Bergoglio il suo telefono non ha smesso di trillare.
Per come lo hai conosciuto, che tipo di uomo è papa Francesco?
Lieto del dono della fede, sicuro che l'uomo ne ha bisogno per vivere da uomo, umile, estremamente sobrio nel modo di vivere; avendo potuto vederlo in tante occasioni quello che più mi impressiona è la sua attenzione a chi ha davanti; lo guarda, lo ascolta come se ci fosse solo lui, e sempre ha parole di aiuto e di conforto, fino a farsi carico del suo problema quando vede che la persona ne è schiacciata.
Per molti è uno sconosciuto ed è normale interrogarsi su quale sia la sua visione della fede e della Chiesa. Tu cosa puoi dirci?
Per Jorge Mario Bergoglio la fede e l’esperienza della Chiesa vanno portate agli uomini lì dove sono. Direi che la nota caratteristica della sua azione pastorale, come vescovo prima, poi arcivescovo e cardinale, è questa spinta ad andare verso gli altri, i lontani; dove lontananza è la solitudine dell’anziano, il bisogno di significato del giovane, l’uomo che vive nelle villas miserias, le donne schiavizzate dalla prostituzione… La chiesa clericale e autoreferenziale è quella che più accusa. Non c’è dubbio che sarà la nota saliente anche del suo pontificato.
Secondo te, scegliendolo, i cardinali che tipo di mandato gli hanno affidato?
Rendere credibile, attrattivo, vicino, il messaggio cristiano e riformare la curia vaticana. Da questo punto di vista credo che ci abituerà alle sorprese.
In Italia, soprattutto sui mass media, si parla molto di papa povero, di papa dei poveri, c’è anche chi sottolinea una vicinanza alla teologia della liberazione: che ne pensi?
Sarà un papa povero, è vero, sarà un papa che parlerà ai poveri, vero anche questo, quanto alla teologia della liberazione basta andare nelle villas miserias dove vivono gruppi di giovani sacerdoti che lui visita, segue, incoraggia e anche difende per vedere che sono preti che si implicano a fondo con situazioni di povertà ed emarginazione, fino ad assumerne anche le rivendicazioni, ma come una presenza di Chiesa, dove la predicazione, il catechismo, i sacramenti, la formazione cristiana sono centrali.
Si è presentato come vescovo di Roma, mai si è definito papa: un inizio di riconsiderazione del ministero petrino?
E’ stata una cosa notabile effettivamente, e i romani lo vedranno frequentemente tra di loro; non saprei dire se sia una ricentratura dell’idea di primazia.
C'è in vista uno smantellamento della curia?
E’ l’eredità che ha preso da Benedetto XVI, che larga maggioranza del collegio cardinalizio gli ha affidato. Ci metterà le mani a fondo, disegnando piano piano – e forse non tanto piano – una curia funzionale ad un pontificato che va verso gli altri.
Valerio Lessi