Rimini e Andreotti, una città per amico
Chissà se la Rimini smemorata e ingrata troverà un giorno il coraggio di dedicare una via e una piazza a Giulio Andreotti. Non al politico, non all’uomo di governo, non allo statista; basterebbe, e sarebbe tutto, a ‘Giulio Andreotti – amico della città’.
Probabilmente nessun’altra città italiana, Roma a parte, ha conosciuto una frequentazione così assidua da parte del Divo Giulio. A partire da quel lontano agosto del 1980 quando arrivò per la prima volta al Meeting nella veste inconsueta di presidente della Commissione Esteri della Camera. Sembrava un incarico quasi da pensionato della politica per il sessantenne Giulio Andreotti, ma la fantasia e gli eventi lo portarono in seguito a ricoprire ancora l’incarico di ministro degli esteri e di capo del governo.
Da quel 1980 fino al 2009 (quando i giovani di Cl lo festeggiarono per il novantesimo compleanno) mancò rarissime volte all’appuntamento con il Meeting. Era una star fissa, accompagnata sempre da valanghe di applausi. Disse, quando era presidente del consiglio per l’ultima volta, che c’erano due eventi stabili nella sua agenda, due appuntamenti annuali che per nessuna ragione al mondo avrebbe disertato: il certamen ciceroniano e il Meeting. Con la proverbiale ironia osservava che il ritorno ogni estate a Rimini certificava la sua esistenza in vita, e di ciò era particolarmente contento. Ma la presenza di Andreotti al Meeting significava il contemporaneo arrivo di ospiti internazionali, un nome per tutti, il cancelliere tedesco Helmut Khol, che scendevano a Rimini per rispondere all’invito del collega italiano. La città si trovava così al centro delle relazioni internazionali, acquistava di colpo un peso europeo che nemmeno decenni di “teutonengrill” erano riusciti a darle.
Si concedeva volentieri anche alla stampa locale. Famosa la sua espressione stupita e divertita quando il compianto Marco Magalotti, da solo con la telecamera, gli piazzò il microfono in mano e gli disse “Parli!”. “Ma lei è una troupe in una sola persona!”
La visita di Andreotti al Meeting aveva alcuni appuntamenti fissi. Arrivava la sera prima e il giorno dopo, di buonora, andava a Torre Pedrera nella colonia estiva per ragazzi gestita dall’amico don Salvatore. Partecipava alla messa e rivolgeva un saluto da buon nonno ai bambini. Prima dell’appuntamento del pomeriggio in Fiera, c’era posto per altri incontri. Spesso visitava una comunità di don Oreste Benzi: i giornalisti lo inseguivano per strappargli una frase sulla polemica politica del momento e lui se ne stava dentro con il prete della tonaca lisa e gli ex tossicodipendenti. Altre volte accettava l’invito di una realtà del territorio, come il parco Italia in Miniatura, onorata di avere ospite tra le attrazioni il capo del governo italiano. Non mancavano gli incontri con gli esponenti della Dc locale. È passata alla storia la frase pronunciata in uno di quegli incontri: “Ma voi avete già la Cassa di Risparmio, che problema è se non avete il Comune?”. Detta dall’autore dell’aforisma politico più citato (il potere logora chi non ce l’ha) l’osservazione faceva riflettere.
Aveva sempre, nello stile suo, un occhio di attenzione verso i problemi del territorio. Arrivò in Fiera, da presidente del consiglio, nell’annus horribilis delle mucillagini. “A leggere i giornali, pensavo di dover arrivare con lo scafandro. E invece…” Una battuta sdrammatizzante, che immediatamente era ribattuta dalle agenzie. Non mancava l’incontro con gli amministratori locali, dei quali ascoltava desideri e aspirazioni. E di uno di questi, l’istituzione della provincia di Rimini, si ricordò quando fu nuovamente a Palazzo Chigi.
In quegli anni, precisamente dal 1987, il matrimonio con Rimini divenne bigamo: all’amicizia con il Meeting, aggiunse la presidenza del Centro Pio Manzù. E così all’appuntamento di fine agosto si aggiunse quello di metà ottobre, sempre con strascico di ospiti illustri. In queste occasioni, la messa mattutina era nella chiesa dei Paolotti, in piazza Tre Martiri.
Arrivarono i giorni della disgrazia, l’accusa di collusione con la mafia, e Andreotti subì da Rimini lo schiaffo di essere rifiutato dal ristorante che anche grazie alla sua presenza aveva acquistato fama e notorietà. Alla segreteria del Meeting fu costretto a rivolgersi per documentare i suoi spostamenti a Rimini in giorni nei quali, secondo i magistrati che lo indagavano, i suoi movimenti si erano eclissati.
Anche da indagato e processato, fino al 2009 non mancò all’appuntamento con il Meeting di Rimini. Da allora cominciarono per lui gli anni del silenzio e della malattia, consolati dalle assoluzioni giunte giusto in tempo.
Valerio Lessi