L’aeroporto di Rimini a nudo nella relazione di Eurafrica
Circola la battuta che un consulente è una persona che, pagandola profumatamente, ti dice quello che già sai, solo che te lo dice in modo sistematico ed ordinato. Viene da chiedersi, leggendo il documento prodotto da Eurafrica Merchant, se i soci pubblici di Aeradria, a partire dalla Provincia che ha pagato il consulente, fossero già più o meno coscienti degli errori e delle carenze di gestione messe in evidenza nelle venticinque paginette stilate da Eurafrica.
La Procura della Repubblica sta indagando per verificare se nella gestione degli ultimi anni ci siano responsabilità penali; il Tribunale deve decidere se il piano presentato è idoneo a consentire il proseguimento della società. Mentre ci auguriamo che tutto finisca senza danni irreparabili per il territorio, la lettura del documento di Eurafrica, datato giugno 2013, aiuta a mettere a fuoco alcune carenze di gestione che, stando ai dati forniti, gettano luce sui guai odierni.
Non aviation. Un aeroporto può ricavare entrate anche da attività non aviation. Da questo punto di vista la gestione di Aeradria non sembra essere stata oculata. Rimini ricava da questo settore il 29% delle entrate, gli altri aeroporti dal 35 al 50%. Eurafrica scrive che “L’attuale logistica presenta alcune scelte sul lato commerciale e sul lato dei servizi (postazioni in check in, tout operator, alcuni negozi) che potrebbero essere razionalizzate per un miglioramento degli spazi aeroportuali e soprattutto per garantire un livello di servizi più elevato ai viaggiatori in transito”. Un capitolo a parte è costituito dai 570 parcheggi “che non generano un volume di ricavi importante”, mentre “altri aeroporti, confrontati con Rimini, attraverso tale voce sviluppano importanti ricavi”.
Traffico. A parte i cali di passeggeri, che erano noti (-14% nel 2012 e l’ipotesi di un -25% nel 2013), Eurafrica osserva che la maggior parte del traffico incoming avviene nel week end, mettendo così sotto pressione l’aeroporto e non riuscendo a garantire servizi di qualità elevati; oltre che precludersi un incremento del numero dei passeggeri totali che deriva dalla copertura dell’offerta lungo l’intera settimana. Nel documento si osserva inoltre che l’aeroporto è troppo sbilanciato sul mercato russo (il 49,2% del totale nel 2013 e il 79,3% nel periodo gennaio-aprile 2013), quando invece tutti sanno che occorre sempre diversificare i mercati, anche per non essere penalizzati da eventuali future flessioni dei russi.
Traffico cargo. È una delle note maggiormente dolenti. In undici anni è stato praticamente dilapidato un patrimonio: se nel 2001 l’aeroporto di Rimini smistava quasi seimila tonnellate di merce, nel 2012 la quota si è ridotta a 743 tonnellate. Il traffico cargo rappresenta attualmente appena il 2,5 per cento dei ricavi dell’aeroporto.
Gestione economica. Anche qui sono dolori. Nel documento si legge: “La marginalità negativa degli anni osservati sembrerebbe evidenziare una gestione non adeguatamente attenta alle dinamiche di alcune voci di costo”. E nei passaggi successivi si evidenziano i conti che non tornato. Nel 2011, per le voci “Costi Vari e amministrativi e mercato estero” e “Incarichi professionali/attività commerciali”, si sono spesi più di 3 milioni e 300 mila euro, pari al 63,6% dei costi vari e al 22,5% dei costi totali. Eurafrica osserva che “tali livelli risultano notevolmente superiori a quanto osservato in genere nelle altre società di gestione aeroportuale”. Ma il documento osserva anche che la voce Promo traffico (cioè le spese fatte per portare a Rimini i voli) “risulta incoerente con i volumi di traffico relativi”. Su questo punto si legge poi una frase sibillina che riportiamo così come la leggiamo: Da un’osservazione esterna, le modalità di riparto sembrerebbero rispondere a logiche interne di bilancio”.
Voli low cost troppo cari. Restiamo sempre nell’ambito dei costi del Promo traffico. Questa volta senza troppi giri di parole, Eurafrica sostiene che a Rimini le compagnie low cost erano pagate troppo: “La strategia finora attuata è stata quella di attrarre compagnie con accordi a breve termine basati esclusivamente sulle leve dei premi economici (ad esempio costi promo traffico notevolmente superiori a quelli pagati alle stesse compagnie da aeroporti similari)”.
Confronto Rimini-Ancona. Rimini opera esclusivamente con vettori charter (prevalentemente verso la Russia) senza poter offrire collegamenti di linea al proprio bacino di utenza e senza collegamenti nazionali. Ancona, invece, presta grande attenzione alle esigenze outbound del proprio territorio con attività di trasporto passeggeri verso Roma e verso i principali hub delle capitali europee. Anche alcuni numeri confermano il confronto perdente. Nel 2010 Ancona aveva 520.410 passeggeri e ha chiuso con un margine lordo di 2,6 milioni; Rimini ha avuto 30 mila passeggeri in più e ha chiuso con un margine negativo di 4,5 milioni. Nel 2011 le cose non sono andate meglio: Ancona ha superato i 600 mila passeggeri con un margine operativo lordo di 3,1 milioni; Rimini è sì volata a 920 mila passeggeri, ma ha chiuso con un margine di soli 858 mila euro. Abbiamo già visto la perfomance negativa di Rimini nel settore cargo: nello stesso periodo Ancona passava da 5.226 tonnellate a 6.864.
Che dire? Ancona è un aeroporto più giovane, che in teoria dovrebbe avere meno esperienza di Rimini. Ma sembra invece che sia più capace.
Valerio Lessi