Gambini. Un sogno sull'aeroporto
Ho sognato che i vertici dei governi locali che controllano l'aeroporto Fellini uscivano dal vicolo cieco nel quale sono finiti, rifiutando ogni prospettiva di privatizzazione.
I bilanci in rosso li avevano spinti a capire che la proposta della Regione di unificare Bologna, Forlì e Rimini era soltanto una invenzione per prolungare l'agonia di Forlì. Che questo sarebbe stato il risultato nel periodo più ravvicinato, ma la scelta avrebbe portato inevitabilmente ad un ridimensionamento pesante anche per Rimini. Nella prospettiva il Fellini sarebbe diventato al massimo una pista funzionale per integrare le esigenze di Bologna. Nel mio sogno quei vertici ad un certo punto hanno però deciso di sparigliare, disobbedendo agli ordini del partito e cercando la soluzione più utile per la città. Ci sono arrivati in ritardo perché la decisione è stata difficile e travagliata. Per ragioni politiche, di consenso, di poltrone. Intanto, Rimini ad Errani non era mai stata capace di dire di no, poi nell'aeroporto ci sono finiti un sacco di soldi dei contribuenti e si faceva fatica a spiegare perché la soluzione della privatizzazione, se era così buona, non fosse stata adottata prima. C'era di mezzo anche qualche poltrona pubblica che con questi chiari di luna fa sempre dispiacere dismettere ed anche un buon rapporto con gli albergatori che avevano spinto ed applaudito il salasso delle casse degli enti locali, senza preoccuparsi tanto della Tassa di Soggiorno che prima o poi sarebbe arrivata.
Alla fine però ce l'hanno fatta, hanno preso il coraggio a due mani e hanno cominciato a girare alla ricerca di un compratore. Non era un'impresa impossibile, in fondo alla porta del Fellini in passato aveva bussato, inascoltato, più di un gruppo interessato all'acquisizione. Gruppi che volevano Rimini per inserirlo nel loro network di aeroporti internazionali, la garanzia migliore per la sua vita e la sua crescita. La ricerca, nel sogno, però è stata più innovativa, si è rivolta ad oriente. Verso nuovi mercati, lì dove ci sono diverse compagnie aeree e bacini turistici interessatissimi all'Italia. Una portaerei in mezzo all'Adriatico fa gola, soprattutto se lo scalo è anche l'aeroporto della Repubblica di San Marino ed esime dall'obbligo di reciprocità con Alitalia. La prima tappa dei nostri eroi così è stata sul Titano, perché quello aeroportuale, con annesso outlet di lusso sul Monte, può essere un bel business, una delle alternative possibili a quello delle "cartiere" smontato dalle Fiamme Gialle. Alla fine, insieme riminesi e sammarinesi ce l'hanno fatta, hanno trovato il compratore dell'estremo oriente, hanno sistemato le cose con l'Italia, hanno avuto la garanzia di collegamenti con Roma e Milano ed hanno anche mantenuto le tratte più interessanti per il mercato tra quelle fatte partire negli anni scorsi. Sono diventati il punto di riferimento in Italia per il traffico dallíestremo oriente.
Nel mio sogno il Presidente della Provincia ed il Sindaco di Rimini guardavano divertiti i giochi di prestigio che in molte città si stavano facendo per tenere aperti gli aeroporti e rispondere ai nuovi parametri dell'ENAC. Sorridevano anche verificando i bilanci dei propri enti che non dovevano più accollarsi periodiche ricapitalizzazioni, anzi avevano una nuova disponibilità finanziaria da utilizzare per nuove infrastrutture necessarie al territorio. Non si preoccupavano neppure di Bologna. Il Marconi, spinto dalla concorrenza di Rimini, s'era sposato con un gruppo aeroportuale australiano.
Il mio sogno aveva un lieto fine per tutti, una favola ultraottimista, nella quale gli unici a rimetterci erano i detentori delle poltrone pubbliche dell'aeroporto. Nella realtà non sarà così facile. Stando fermi e dicendo sì a Bologna è certo però che il Fellini entra in un incubo. E' una fine che non merita.
Sergio Gambini
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