Capodanno di Rimini e dintorni: l'enfasi sui numeri e un primato in crisi
A proposito dell’indubbio successo della notte di San Silvestro, il sindaco di Rimini Andrea Gnassi ha dichiarato: “L'evento clou del Capodanno è Rimini. Siamo passati dalla logica del 'grande evento' a quella della 'grande destinazione'”.
È un’affermazione che vale la pena di sottolineare e di verificare se regge alla prova dei fatti.
Il primo fatto è che il Capodanno ideato dal sindaco ha incontrato il favore del pubblico. Su questo non può esserci discussione. Si potrà osservare che in tutta Italia, complice la crisi, hanno riscosso grande successo tutti i capodanni organizzati in piazza, anche quando ad intrattenere il pubblico non c’erano artisti di grido ma semplicemente qualche cover band locale. Questo è vero, ma è altrettanto scontato che la formula riminese (che non è solo la musica in piazza) ha avuto la capacità di attrarre residenti, turisti e pendolari del divertimento.
Eravamo in 130 mila, come dichiarato dal sindaco? Ci sono molti dubbi. A Riccione un dirigente del Pd si è preso la briga di misurare le dimensioni della piazza, di calcolare una persona ogni 80 centimetri quadrati, per concludere che al massimo potevano esserci 1.500 persone e non le 5.000 dichiarate dall’amministrazione comunale. Se tanta precisione chirurgica fosse stata applicata al Capodanno di Rimini, probabilmente anche le 130 mila persone di Gnassi si sarebbero alquanto ridotte. D’altra parte basta immaginare se è possibile che un numero pari a tutta la popolazione di Rimini, compresi neonati, vecchi e malati, si sia riversata nel giro di sei ore fra piazzale Fellini e piazza Cavour. Il buon senso dice che non è possibile. Ma basta fare anche un altro calcolo. È stato detto che c’erano 400 hotel aperti a Rimini. Calcolando 50 camere ciascuno (e non tutti le hanno) e due persone per camera, fanno 40 mila persone, arriviamo pure a 50 mila. Innanzitutto non è detto che poi tutti siano stati in piazza, ma mancherebbero all’appello altre 80/90 mila persone.
In questi particolari, in questo sparare numeri roboanti, si rivela l’ansia da prestazione del sindaco. Deve dimostrare che le sue idee sono vincenti, che sono in grado di attirare pubblico, e allora per farlo capire si sparano i numeri grossi, che fanno colpo e che nessuno (come invece succede a Riccione) si prende la briga di verificare. Inoltre, per il capodanno 2014 erano state dichiarate 100 mila persone: mica si poteva tornare indietro o restare alla pari! È la stessa logica che spinge a sparare numeri da kolossal per la Notte Rosa e la Molo Street Parade.
In realtà si può tranquillamente affermare che il Capodanno 2015 è stato un successo senza dover ricorrere all’enfasi sui numeri. Fra l’altro, va rilevato che è stato il primo senza Tv, a conferma del fatto che il presunto valore aggiunto portato dalle telecamere andava molto meglio valutato negli anni della gestione Melucci.
Cosa ha convinto? Non tanto le star sul palco, non tanto Rimini in quanto tale, ma come abbiamo già anticipato la formula: un concerto con nomi di richiamo, e poi tante iniziative diffuse nel centro storico, tutte con capacità di richiamo e suggestione. Così anche tanti riminesi hanno fatto il cenone in casa, hanno stappato lo spumante a mezzanotte, e si sono riversati in piazza. Così tanti giovani da Bologna in giù non hanno prenotato alcun albergo, ma semplicemente sono venuti a passare la notte per poi tornarsene a casa.
Siamo passati dall’evento alla destinazione? Per rispondere bisognerebbe avere i numeri certi, e quelli sulle presenze turistiche li avremo solo fra un mese.
Intanto però si può osservare per Rimini un fenomeno preoccupante. A proposito delle perfomances elettorali della sinistra, è diventata un’abitudine citare Pietro Nenni quando parlava di piazze piene e urne vuote. Per Rimini siamo di fronte alle piazze piene e alle presenze in calo. Se si rileggono tutte le dichiarazioni di Gnassi dopo la Notte Rosa, dopo la Molo Street Parade, e adesso dopo il Capodanno, si vede che è tutta un’esaltazione del primato di Rimini ancora una volta confermato anche in tempi difficili.
Se si guardano i numeri reali, quelli delle statistiche della Provincia, si scopre che in questo 2015, fino a novembre, Rimini è la località con le performances peggiori. Rispetto al 2014, ha perso il 4,3% di presenze e l’1% di arrivi. Per gli altri Comuni della Riviera le cose sono andate meglio. Cattolica e Misano Adriatico addirittura hanno un saldo positivo: rispettivamente +0,6 e +5% di presenze. Anche Bellaria Igea Marina e Riccione perdono presenze, ma solo l’1,8 e il 2,3%. Con la differenza, molto importante, che gli arrivi sono comunque aumentati: del 4,9% a Bellaria e del 3,3% a Riccione.
L’anno di Rimini è tutto negativo. La cosiddetta destagionalizzazione sembra scomparsa: febbraio -21,4%, marzo – 31%, ottobre -17,9%, novembre -15,2%. Sull’esito finale incidono poi i mesi estivi che a Rimini sono stati particolarmente poco brillanti, a partire dal -4,6% in luglio, il mese della Notte Rosa.
Come si fa, con questi risultati, a parlare di successo di una destinazione? Gli eventi hanno contribuito ad arrestare un calo che altrimenti sarebbe stato ancor più clamoroso? Allora significa che il capoluogo soffre di una “malattia” che non è sufficiente curare con la tachipirina degli eventi del sindaco.