Politica e associazioni. Quattro domande, le stesse, anche a Petitti su “cosa (non) succede in città
In questo momento di crisi particolare, che richiederebbe un dialogo “forte” tra la politica e la società, non le sembra che dalla scena pubblica siano invece quasi completamente sparite le associazioni di categoria? Questa città è consapevole da sempre della propria forza, come realtà economica fatta soprattutto di servizi nei confronti delle imprese e delle persone, in cui il turismo è prevalente, ma non certo l'unico settore di sviluppo. Ma la dimensione tradizionale della nostra impresa, mediamente 15 persone fra addetti e dipendenti, che è stata punto di forza e garanzia di flessibilità sino ad ora, oggi può rappresentare il nostro limite. Occorre maggior sinergia tra le aziende per fare assieme sistema, sia in rapporto ai mercati esteri, sia per fare ricerca. In questo senso anche la rappresentanza deve ripensarsi, per individuare e fornire strumenti e risposte ai propri associati. La sfida è aggredire mercati sempre più competitivi e grandi e allo stesso tempo costruire reti di impresa e tra filiere produttive. La concorrenza è oggi non più solo tra le imprese, ma anche tra territori e distretti produttivi.
Perché raramente intervengono sulle questioni che le riguardano? Hanno paura di disturbare il manovratore? Non le sembra "strano" questo silenzio? Bisogna alzare lo sguardo da Rimini per non cadere in letture provinciali di problemi globali. Enti locali e piccola media impresa sono i pilastri su cui si è sempre fondato il nostro paese, ma in questo momento stanno subendo una crisi che li mina alle fondamenta. Le associazioni di categoria hanno in questo momento l'arduo compito di dare risposte ai propri associati e di tenere insieme un mondo imprenditoriale in difficoltà, nella consapevolezza che le risorse, per i nostri Comuni, sono sempre più scarse e i vincoli sempre più stretti. E su temi come l'accesso al credito o la burocrazia, le categorie, così come il PD, hanno fatto sentire più volte la loro voce. Dobbiamo superare i nostri limiti e lavorare insieme. Rimini ed i propri strumenti organizzativi e di rappresentanza saranno tanto più forti quanto saranno in grado di affrontare la sfida con un nuovo taglio e nuovi paradigmi culturali.
Non le pare che comunque ci sia una crisi di rappresentanza di queste associazioni che sono sempre più autoreferenziali e non espressione di una base? Il tema del ricambio riguarda tutti i ruoli elettivi e di rappresentanza. Tanto più gli iscritti ed i dirigenti di associazioni e partiti sapranno declinare la sfida ed il cambiamento, mettendosi sulla stessa lunghezza d’onda della società che intendono rappresentare, maggiore sarà il consenso in termini di voto e di adesioni. E' anche un problema di ricambio generazionale e di genere: le donne imprenditrici, segno di cambiamento e coraggio, dimostrano grande sensibilità e tensione al futuro. Questo bisogno di ricambio sta premendo, e anche le forze politiche e associative lo stanno esprimendo sul nostro territorio. A livello nazionale esistono ancora molte frange e resistenze di poteri consolidati e privilegi che il Paese non può più permettersi. E occorre liberalizzare e aprire i mercati a vantaggio dei cittadini.
In un quadro così delineato, come si può ripristinare il rapporto tra la politica e la società, con chi (fisicamente) dialogare per conoscere e recepire le istanze della società civile? I vecchi schemi di rappresentanza sono saltati. Internet e i social media sono strumenti importanti di informazione e scambio, ma non sostituiscono la democrazia e la rappresentanza. La battaglia resta sempre quella tra chi intende rappresentare interessi collettivi e tra chi invece cerca di fare apparire i propri interessi particolari come l’interesse generale. In un momento come questo è facile aumentare la disaffezione e la confusione, ma non verrà fuori né un condottiero, né un nuovo “principe” della politica. Non esiste solo un problema di leadership: bisogna ridare senso alla partecipazione e alla rappresentanza dei nuovi interessi collettivi. Per dirla con Don Milani, ne usciremo solo se sapremo farlo insieme.
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