Per Sergio Gambini, vincitore delle primarie Pd a Cattolica con oltre il 63 per cento dei voti, questo è il giorno in cui assaporare il gusto dell’obiettivo raggiunto e anche di fare a voce alta qualche riflessione che non riguarda solo la sua città ma anche altri Comuni della provincia.
Vincere le primarie a Cattolica è come aver già messo un piede nella stanza del sindaco in Municipio…
Mica vero. La ragione per cui mi sono candidato è proprio perché, visti i risultati elettorali precedenti, ritengo tutt’altro che scontato l’esito delle prossime amministrative. Ho solo fatto il primo passo e superato il primo ostacolo. Il lavoro continua.
Che insegnamento ha tratto da questa esperienza?
Sono sempre stato favorevole alle primarie, delle quali ho vecchia esperienza avendovi partecipato già nel 1996. Devo dire che quando sono correttamente interpretate sono una grande occasione di ascolto della città, del malessere vissuto dai cittadini, con i quali si cerca poi di elaborare le proposte concrete. Mi sono presentato con le mie idee guida che ho messo in relazione con le esigenze che mi sono state rappresentate. Se qualcuno oggi mi dicesse “hai già la candidatura in tasca, non facciamo le primarie”, direi “no facciamole, sono molto utili”. In questo panorama di crescente distacco dalla politica, sono un forte segnale della volontà di ascoltare e riavvicinare i cittadini.
Nella sua vittoria è stato fondamentale l’appoggio del Tavolo Civico?
La costruzione del tavolo civico è stata una grande risorsa che ha creato una nuova leva di cittadini pronti ad occuparsi della comunità attraverso le professionalità e le competenze di cui dispongono. C’era bisogno di questa immissione di nuove energie, vista la difficoltà di selezionare classe dirigente che oggi hanno i partiti, sempre più inceppati e prigionieri di logiche autoreferenziali. Il Tavolo Civico è stato un vero arricchimento ed una sfida al Pd, costretto a ripensarsi, ad aprirsi, mettersi in discussione e fare anche un passo indietro. È emblematico il fatto che prima del deposito della mia candidatura sia stata presentata la dichiarazione di intenti del Tavolo Civico che io ho assunto come programma per le primarie.
La scelta del civismo è buona solo per Cattolica o può valere anche per altre realtà?
Credo che il civismo non sia una scelta solo per un piccolo comune come Cattolica. Si può fare in molte altre città, come ad esempio è già successo a Bergamo. Bisogna prendere atto che i partiti tradizionali sono affetti da grande logoramento. Inoltre, se c’è una critica al riformismo di Renzi è che è calato dall’alto, che conta sulla sua abilità, sulla sua determinazione, ma poi in periferia si impantana, scricchiola. Il civismo serve per spingere forze ed energie per un cambiamento anche a livello locale.
La sua campagna elettorale è stata all’insegna del cambiamento e gli elettori hanno risposto. Spesso si ha invece paura del cambiamento…
Dipende dal fatto che abbiamo proposto un cambiamento possibile. Abbiamo cercato di mettere in relazione la tradizione di governo delle sinistre, che ha esaurito la spinta propulsiva, con le esigenze del civismo. Cattolica ha capito che se voleva cambiare, la partita si giocava nelle primarie. Se il cambiamento fosse uscito sconfitto, l’alternativa sarebbe stata il continuiamo o il salto nel buio dei grillini, visto che il centrodestra a Cattolica, come a Rimini e nel resto del paese, è ridotto ad u cumulo di macerie.
C’è qualcosa che questa esperienza di Cattolica può dire al resto della provincia?
Penso di sì, non sarei iscritto al Pd se non credessi al ruolo che può avere questo partito. Anche le recenti liti dentro la coalizione che ha portato alla vittoria di Renata Tosi a Riccione indicano che una classe dirigente non si improvvisa. La strada del cambiamento si può costruire con l’apertura ad un civismo vero, non ad una sommatoria confusa. Non abbiamo bisogno di alberelli sotto la quercia. Questa è una questione che riguarda tutte le città dove le forze di sinistra governano da anni. Si tratta di capire come avviene il cambiamento dopo una lunga permanenza al potere che crea un’inerzia e un sistema molto conservatore di se stesso. Immagino che questa domanda sia nella testa di Bonaccini in Emilia Romagna o di Rossi in Toscana: come diventare alternativi a se stessi?
Cosa ha in mente per la sua possibile amministrazione?
C’è un disegno istituzionale da compiere. Cattolica deve collegarsi non solo con San Giovanni in Marignano ma anche con comuni come Gabicce e Gradara che pure sono in un’altra Regione. Ci sono servizi che si possono gestire in comune e va colta l’occasione dei decreti attuativi della legge Madia per introdurre la possibilità di collaborazione fra comuni di regioni diverse. Penso che Cattolica possa essere centrale nel dare voce e rappresentanza all’area sud, Valconca e costa. Dalla cronaca politica sembra che tutto si sia ridotto ad un derby fra Rimini e Riccione. Invece, c’è questa ampia area di confine con le marche che può giocare un ruolo importante.