È l'invito alla lettura di un vecchio romanzo, ora ripubblicato, ed è un'occasione di confronto con persone che oggi vivono una esperienza di riscoperta dell'umano.

È il terzo appuntamento del ciclo "Come un pic nic sul tetto" proposto dal centro culturale il Portico del Vasaio di Rimini, in collaborazione con l'Associazione Italiana Centri Culturali.

La diretta sui canali Facebook e Youtube degli organizzatori è in programma giovedì 6 agosto alle ore 19.

Ad introdurre il romanzo La tunica, di Lloyd C. Douglas sarà Emilia Guarnieri, fino a qualche mese fa presidente della Fondazione Meeting.

Pubblicato per la prima volta nel 1942 con il titolo The Robe (La Tunica), ha consacrato Lloyd C. Douglas il più amato autore di romanzi storici del Novecento. Inviato dal Senato in Palestina a presiedere le truppe di frontiera, Marcello Gallio dovrà eseguire la condanna a morte di un pericoloso ribelle sovversivo che ha minacciato di distruggere il tempio di Gerusalemme. Dopo la crocifissione si aggiudica ai dadi la sua veste. Toccato da quell'uomo e da quell'indumento "insanguinato" che trema di una luce misteriosa, Marcello avverte il bisogno di saperne di più sul quel giusto condannato al patibolo. Travestito da mercante di stoffe, inizia un lungo pellegrinaggio che lo porta sui luoghi frequentati da Gesù e ad incontrare i primi cristiani, coloro che erano stati testimoni dei fatti e delle parole di Gesù. La sua indagine su quel giusto lo porterà alla conversione.

Durante la diretta anche due conversazioni che documenteranno esperienze di incontro con fatti e persone che hanno dato nuova speranza alla vita: la prima con Luca Fortunato, responsabile della Capanna di Betlemme di Chieti; la seconda con Franco Bonisoli, protagonista del dialogo tra vittime ed ex della lotta armata.

Lunedì, 03 Agosto 2020 18:23

Ecco il programma della Pink Week a Rimini

Ecco il programma di Rimini della Pink Week, il calndario dal 3 al 9 agosto.

Da oggi fino al 21 agosto prende il via l'intrattenimento, la musica e la simpatia dirompente di RDS 100% Grandi Successi, Radio partner dell'estate del territorio emiliano. Dal Belvedere di piazzale Kennedy, dal 3 al 21 agosto, sarà in diretta - 7 giorni su 7 - la postazione che vedrà avvicendarsi le voci inconfondibili di Roberta Lanfranchi, Claudio Guerrini  e Paolo Piva. Djset, sempre nel rispetto delle normative anti-covid, dal lunedì al venerdì con Claudio Guerrini e Matteo Epis (Discoradio) accompagneranno l'orario dell'aperitivo. Questi gli orari: dal 03 al 16 agosto: dal lunedì al venerdì  Roberta Lanfranchi e Claudio Guerrini dalle 15 alle 19; sabato e domenica  Paolo Piva in diretta dalle 17 alle 21; dal 17 al 21 agosto Paolo Piva in diretta dalle 17 alle 21.

Dal Belvedere ci si sposta sulla terrazza della Dolce Vita del Grand Hotel dove Paola Perego sarà la protagonista di oggi (3 agosto) del ciclo di incontri che tutti i giorni, fino all’11 agosto, ospiterà personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo e del giornalismo per parlare di sogno, di ricordi e di bellezza con il giornalista e scrittore Giovanni Terzi. Dopo l’anteprima di ieri con Lorella Cuccarini, la più amata dagli italiani, sarà la volta oggi pomeriggio (ore 18) della conduttrice Paola Perego, per proseguire il 4 agosto con l’istrionica Simona Ventura seguita il 5 agosto da Marco Lodola, artista contemporaneo della pop art, insieme a Bruno Zanin, attore celebre per essere stato il Titta di Amarcord. Giovedì 6 agosto in terrazza la Dolce Vita va in scena con Andrea Berton, mentre l’energia di Saturnino sarà protagonista il 7 agosto. Sabato sera ancora musica con Raul e Mirko Casadei mentre la domenica è dedicata al giornalismo con Ludovico di Meo,direttore Rai 2 e Direttore Rai cinema, accompagnato, per dal collega Claudio Brachino. Ultimi due appuntamenti con Albano Carrisi lunedì 10 agosto, seguito l’11 dal Principe Alberto di Monaco. Per partecipare agli incontri a numero limitato è obbligatoria la prenotazione tramite email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Il programma della settimana rosa prosegue con spettacoli all'aperto e una varietà di proposte di intrattenimento per tutti, senza dimenticare i nomi del cantautorato italiano come Alex Britti, accompagnato dalla sua band, che il 7 agosto all'Arena Lido della Darsena, si esibirà in un concerto dal sapore blues e jazz (ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria esclusivamente dal canale di biglietteria online https://biglietteria.comune.rimini.it/home.aspx, il pubblico prenotato dovrà presentarsi all'ingresso nelle fasce orarie indicate sul biglietto), Giovanni Allevi, il virtuoso compositore e pianista, sarà invece impegnato all'alba dell'8 agosto in un emozionante concerto al sorgere del sole sulla spiaggia di Rimini Terme (Miramare – ingresso gratuito fino a esaurimento posti., si invita il pubblico a portare il telo da mare e ad accomodarsi mantenendo la distanza minima di un metro) e Francesco Gabbani, il due volte vincitore di Sanremo, che l'8 agosto farà una breve incursione sul palco di RDS 100% Grandi Successi, nel nuovo belvedere di Piazzale Kennedy, per portare alcuni brani del suo nuovo singolo “Il sudore si appiccica” (Prenotazione Online obbligatoria su:https://emiliaromagnawelcome-rimini.trekksoft.com/it/activity/298973/gabbani-8-agosto Nel voucher di prenotazione saranno indicate le modalità e orario di ingresso).

Ad arricchire l'offerta musicale della Pink Week ci saranno anche gli artisti ospitati nelle arene all’aperto (appuntamenti e modalità di partecipazione sul sito di riferimento www.comune.rimini.it/elachiamanorimini):  la "Corte degli agostiniani", l'Arena lido della Darsena, la "Piazza sull'acqua", la "ex colonia bolognese ospiteranno un ricco calendario di eventi che spazia dal cinema al teatro, dagli spettacoli per bambini ad incontri con autori e personaggi dello spettacolo.
Anche la musica classica avrà il suo palcoscenico rosa ed i suoi artisti, con Mihaela Costea, violino solista dell’orchestra Toscanini, in concerto giovedì 6 agosto (a pagamento con prenotazione obbligatoria 0541 793811 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), e la Banda Città di Rimini, sabato 8 agosto, nel "Gran concerto di Mezza Estate", entrambi alla Corte degli Agostiniani (gratuito su prenotazione 331 6468363).

A tingersi di “Un Mare di Rosa” sarà anche la spiaggia, assoluta protagonista di questa Pink Week. Fra il bagno 1 e il bagno 150, la sera del 7 agosto - a partire dalle 19.30 - migliaia di lucine faranno delle spiagge di Rimini un suggestivo palcoscenico per spettacoli diffusi, fra performer della fiamma, mangiafuoco e musica, in alcuni punti della spiaggia che proporranno la loro offerta di intrattenimento e cocktail in rosa. Le cantine, dislocate lungo la spiaggia, saranno punti di ristoro dove degustare vini e prodotti tipici. (Ingresso libero in spiaggia, degustazioni a pagamento)

Rimini è la capitale del Wellness e la Notte Rosa non poteva dimenticarlo. Così, per tutta la settimana rosa, dalle prime luci dell'alba sino al calare del sole, sono tantissimi i corsi di fitness che si svolgono all'aperto in alcuni dei luoghi più affascinanti ed iconici di Rimini. Ci si potrà allenare con Fluxo, dal lunedì al giovedì, scegliendo fra 25 diverse discipline e tre luoghi diversi dove svolgere l'attività sportiva: il porto, la darsena ed il ponte di Tiberio (Info e prenotazioni: www.fluxomovement.it). Fare Yoga, in riva al mare o sull'affascinante piazza sull'acqua in cui si specchia il Ponte di Tiberio, seguendo le classi di Rimini Yogi, ogni giorno alle 19:30 (Info: 331 528 5154). Camminare ed allenarsi lungo la spiaggia di Rimini con Walk on the beach (Info: 348 0981594), o fare allenamento funzionale alla "ex colonia Bolognese" insieme all'associazione "Palloncino Rosso" (Info: www.ilpalloncinorosso.it).

Decine poi le possibilità per conoscere la città, per scoprirla a piedi o pedalando, in visite guidate o passeggiate accompagnati da esperti che porteranno alla scoperta dei luoghi più ricchi di storia e bellezza di Rimini (Info e prenotazioni www.visitrimini.com).

Corse ogni 30 minuti e soste in ogni località della costa romagnola tra Ravenna a Rimini. Così il trasporto ferroviario di Costa si attrezza per una mobilità sempre più sostenibile e che risponda al meglio alle esigenze di pendolari, lavoratori e turisti.
È l’obiettivo dell’accordo firmato oggi a Bologna, nella sede della Regione, dal presidente Stefano Bonaccini, dalla ministra delle Infrastrutture e trasporti, Paola De Micheli, e dall’amministratore delegato e direttore generale di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile. Si guarda alla messa a punto di un sistema di trasporto ferroviario che garantisca sicurezza, rapidità ed efficacia dei collegamenti e insieme il rispetto dei parametri per un basso impatto ambientale.
Il tutto in una zona - la riviera adriatica tra Ravenna e Rimini - ad alta intensità di mobilità, sia stagionale, considerati i flussi turistici, sia dei tanti pendolari, studenti e lavoratori che ogni giorno si spostano tra le due città costiere.
Il protocollo prevede l’istituzione di un gruppo di lavoro tra ministero Trasporti, Rfi e Regione che, entro un anno, debba individuare e definire, attraverso un accordo attuativo, il piano degli interventi infrastrutturali e tecnologici necessari a realizzare il miglioramento dei collegamenti ferroviari tra Ravenna e Rimini. Il gruppo di lavoro si riunirà periodicamente per condividere l’avanzamento delle attività, oltre a definire con studi di prefattibilità le soluzioni individuate. 
È previsto anche il coordinamento con gli Enti locali interessati, perché le soluzioni progettuali tengano conto delle specificità dei singoli sistemi urbani e delle necessità territoriali, al fine di definire soluzioni integrate condivise con le realtà locali. 
Si tratta di misure di adeguamento che consentiranno di effettuare servizi sulla linea romagnola con una frequenza di 30 minuti per senso di marcia e con fermata in tutte le località di servizio intermedie.

Sul tavolo ci sono: la soppressione dei passaggi a livello, che attualmente sono 29, e costituiscono un elemento di discontinuità sia per la rete stradale che per quella ferroviaria, a discapito della scorrevolezza e della regolarità delle corse, con un conseguente abbassamento della qualità e regolarità della circolazione ferroviaria e stradale, oltre che un alto onere di manutenzione.
Saranno quindi realizzate opere sostitutive per favorire la viabilità ciclabile e pedonale, il ripristino del binario di incrocio nella stazione di Rimini Viserba per permettere movimenti contemporanei a 60km/h, il raddoppio selettivo di binario della tratta Rimini Viserba-Rimini, con l’obiettivo di incrementare la capacità della linea e migliorare i tempi di percorrenza e di flessibilità di gestione del traffico ferroviario. E per migliorare la capillarità del servizio e salvaguardare i tempi di percorrenza, sarà valutata, nel medio lungo periodo, l’introduzione di ulteriori nuove fermate./

Lunedì comincia la Notte Rosa, anzi la Settimana Rosa. E mai come quest’anno arriva accompagnata da una scia di polemiche che non a caso si appuntano su quello che è sempre stato un nervo scoperto dell’evento, la sua attrattiva per masse di giovani che ne fanno occasione di sballo.

Il rito della Notte Rosa sarà di nuovo celebrato perché, secondo il parere dell’assessore regionale Andrea Corsini, sarebbe stata devastante la sua cancellazione dal calendario della Riviera.  Il Covid ha cancellato eventi di carattere mondiale e internazionale come le Olimpiadi o i campionati europei di calcio, e tutti se ne sono fatti una ragione, però gli italiani non avrebbero sopportato una estate senza Notte Rosa. Mah, c’è da restare perplessi. Così come non si è capito perché il presidente dell’Ordine dei medici di Rimini abbia sentito il dovere di intervenire pubblicamente per affermare che la Settimana Rosa è un segnale di ottimismo.

Senza nulla togliere ai meriti storici di questo evento (specialmente nelle prime edizioni è stato una grande macchina di comunicazione per la Riviera), si può dubitare che la Notte Rosa abbia lo straordinario potere di ridare fiducia agli italiani stremati dal lockdown. 

Abbiamo visto in questo mese che le presenze turistiche non sono andate secondo le catastrofiche previsioni. Anzi, Visit Rimini ci ha informato che fra i turisti che sono arrivati una buona parte non aveva mai messo piede in Riviera. Sono arrivati quest’anno per evidenti motivi (le loro destinazioni preferite all’estero sono chiuse o impraticabili) e hanno scelto Rimini in un mese in cui non c’era la Notte Rosa, anzi non c’era alcun evento di richiamo.

Regione e enti locali della costa hanno avuto una sorta di horror vacui, la paura del vuoto. La Notte Rosa si è sempre fatta, si deve fare anche quest’anno anche se non siamo ancora pienamente usciti dall’emergenza Covid. Si sono comportati come quelle pro loco e comitati di quartiere che hanno la loro ragion d’essere nell’organizzare la loro tradizionale festa annuale. Se non fanno quello, cosa fanno?  

Si è detto che la batosta della pandemia deve essere l’occasione per ripensare la nostra offerta, ma curiosamente da questo ripensamento è stata esclusa la Notte Rosa. Il rinvio di un anno poteva essere sfruttato per ripensare in profondità l’evento, che specialmente negli ultimi tempi aveva perso smalto e mordente. Tutti avrebbero capito le ragioni del rinvio, nessuno si sarebbe fasciato la testa. Era servita su un piatto d’argento l’opportunità di uscire da un clichè ormai decaduto per cercare di elaborare un nuovo format o un nuovo evento che avesse la stessa capacità comunicativa adattata ai nuovi turisti che Rimini e la Riviera vogliono conquistare.

Anche a Riccione, dove storicamente non hanno mai amato l’evento, l’opposizione alla Notte Rosa non è stata motivata dall’esigenza di un ripensamento ma da esigenze di ordine pubblico. Alla riunione in Prefettura il sindaco si è però trovato isolato, ed il collega di Rimini, Andrea Gnassi gli ha ricordato che gridare allo sballo in arrivo è un buon modo per attirarlo. 

Il dibattito è rimasto prigioniero di una doppia forzatura. Da una parte coloro che ritengono necessario celebrare l’evento, pensando di attutirne gli effetti negativi (anche a proposito della possibilità di contagio) diluendolo in una settimana; dall’altra coloro che, non volendolo celebrare, si sono aggrappati allo spauracchio dell’ordine pubblico inevitabilmente compromesso.  I primi hanno sorvolato sul fatto che i giovani, il principale target dell’evento, tendono inevitabilmente a fare assembramenti anche se invece di un concertone se ne organizzano dieci più piccoli; i secondi a loro volta cadono in contraddizione organizzando negli stessi giorni i concerti di Radio Dj. 

A questo punto non resta che augurarsi che tutto proceda per il meglio. Il nuovo prefetto ha assicurato controlli stringenti e rigorosi, assicurando che le forze dell’ordine interverranno per dire no “a tutto quello che si porrà in contrasto con le disposizioni e le raccomandazioni di profilo sanitario tutt’ora vigenti, la cui inosservanza risulterebbe essere un oggettivo pericolo per l’intera collettività”.

È auspicabile che la riflessione che è mancata sotto l’impulso della coazione a ripetere sia avviata in previsione dell’estate 2021. E sarebbe positivo se chi ha sollevato legittimi dubbi sulle conseguenze indesiderate della Notte Rosa li esplicitasse in concrete proposte alternative da sottoporre al dibattito pubblico.

A Maurizio Ermeti, presidente del Forum del Piano Strategico, non è piaciuto il nostro articolo in cui davamo conto della conferenza stampa-evento di presentazione dei progetti e delle idee per la rinascita del turismo  a Rimini dopo l’emergenza Covid.

Perché non le è piaciuto?

Le cose che facciamo tendono a mettere insieme la nostra comunità, cercando di superare difficoltà e criticità, la divisione fra soggetti economici, lo scollamento con la politica. Mi è sembrato che l’articolo anziché dare una mano, creare fiducia, dare credito alla nuova iniziativa, parta subito con la critica, restituendo l’idea che Rimini sia un po’ smarrita.

Dopo tanti anni di vita pubblica, dovrebbe sapere che i giornali a volte criticano, è il loro mestiere. 

È vero. Rilevo però che questa posizione così scettica è stata solo la vostra. Ad esempio l’idea di Rimini capitale della felicità è stata presentata appunto con molto scetticismo.

In effetti Rimini come capitale della felicità è apparsa molto pretenziosa. Voi come l’intendete?

Rimini capitale della felicità nasce dall’analisi delle ragioni del successo storico di Rimini. Il primo stabilimento balneare, nel 1843, nasce per competere con le destinazioni aristocratiche del nord Europa che avevano iniziato a portare al mare le classi nobili. Nel dopoguerra Rimini, a differenza di altre destinazioni che si sviluppano intorno ad un asset naturale, si sviluppa senza avere il mare più bello del mondo o i paesaggi mozzafiato di altre località. Quelle altre destinazioni sono poi sparite, noi invece abbiamo continuato a crescere.

Cosa c’entra questo con la felicità?

La ragione del nostro successo è che l’offerta turistica di Rimini si basa su beni che non sono fisici ma sono le relazioni fra le persone, la fiducia, l’amicizia, la felicità. Sono skills molto importanti per una destinazione.

Quindi potevate chiamarla capitale delle relazioni o dell’amicizia…

Dal punto di vista del marketing non sarebbe stato il massimo…

Quindi capitale della felicità è una trovata di marketing?

Che però trova piena coerenza con lo stile nostro, del nostro territorio. Non è un’invenzione buttata lì. È un’iniziativa che può avere una funzione di marketing ma è pienamente aderente al modello con cui Rimini ha costruito la sua storia turistica.

Il sindaco Gnassi parla di capitale del wellness, del benessere. Appare più concreto rispetto a felicità che è un concetto morale che può avere diverse declinazioni.

Benessere, dolce vita, felicità, sono tutte parole che vanno nella direzione della percezione di un territorio che noi cerchiamo di riposizionare su questi temi.  Noi non siamo coloro che promettono ciò che non abbiamo. La nostra promessa è: quando partirai conserverai un buon ricordo perché sei stato bene, sei stato felice. Quale sarà poi il payoff finale lo vedremo.

Dall’idea di capitale della felicità, siete passati a parlare di cooperazione fra gli imprenditori, di formazione. È questa la ricetta?

Come essere migliori rispetto a ciò che siamo oggi?  Finora si è pensato che per essere competitivi bastava che ogni imprenditore facesse bene il suo lavoro, curasse il proprio particolare. Questo poteva andare bene negli anni in cui la domanda era più forte dell’offerta. Oggi invece con le nuove tecnologie di comunicazione e la competizione globale, non è più così. A Rimini, quindi, come in altre destinazioni, il problema diventa la domanda.  Se la domanda non è più forte come un tempo, occorre incentivarla, far percepire un territorio come più desiderabile rispetto ad altri. Come fare? Come quando si gira un film da Oscar: non basta un’idea, una sceneggiatura, bravi attori, una bella scenografia, occorre che tutto sia coordinato perché venga fuori un capolavoro. Questo a noi manca, bisogna cambiare mentalità. La nostra destinazione deve cominciare ad immaginarsi nel suo insieme. Gli operatori devono avere una visione comune.

La declinazione pratica che avete proposto sono questi Borghi del Parco del Mare. Non si è ben capito cosa siano.

Anche questo è un nome provvisorio, per farci capire. Poiché tutto il waterfront sarà interessato dal progetto di cambiamento che va sotto il nome di Parco del Mare, si è pensato di iniziare a collaborare fra imprenditori con una logica di prossimità. I Borghi non sono fisicamente definiti, sono porzioni di territorio dove gli operatori decidono di progettare il loro futuro insieme.

Usando parole vecchie, fare marketing comune…

Non solo marketing, ma anche prodotto. Possono migliorare la qualità, ridurre i costi di gestione, organizzare la vigilanza e la sicurezza del luogo, essere più bravi, dall’albergo alla spiaggia nella sicurezza sanitaria in tempo di Covid, organizzare l’informazione e l’assistenza agli ospiti, avere un’immagine coordinata fra le diverse attività.  E così via. Se i soggetti si mettono insieme, possono avere anche un’identità giuridica nuova, aggregata, molto importante, per esempio, per rapportarsi con il mondo bancario e finanziario di oggi.

Facendo questo progetto di rilancio turistico di Rimini, il Piano Strategico non sta rubando il mestiere a Visit Rimini, che è stata creata con questo scopo?

Fra gli obiettivi finali del progetto c’è anche quello di potenziare le azioni della Dmc. Noi puntiamo a realizzare una sorta di Ferrari, la Dmc è nata con le dotazioni di una berlina, una macchina che comincia il suo percorso. Ci vorrà del tempo perché possa crescere e perché possa generare le risorse per cambiare motore e carrozzeria. Noi crediamo molto alla Dmc e pensiamo che il nostro lavoro possa supportare il percorso di crescita che Visit Rimini deve fare.

La proposta di un evento internazionale per discutere di turismo è certamente di rilievo ma non è molto originale. 

A volte ci lamentiamo perché il nostro Paese non ha sufficiente attenzione per il turismo. Cosa ci può permettere di essere ascoltati, quando nessuno ci riconosce una leadership? Dobbiamo quindi accendere un riflettore globale, mondiale su Rimini dove non si parla del turismo riminese ma del fenomeno turistico come prima industria. Se ne può parlare a Rimini perché è una città con una vocazione naturale per questo tema. Se riesco a portare i leader mondiali del turismo, se faccio parla la stampa internazionale, allora marchio con il nome Rimini la parola turismo. E anche la nostra leadership ne sarà accresciuta. 

 Valerio Lessi

Sabato scorso Giovanni Paolo Ramonda, 60 anni, è stato eletto per la terza volta responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi.

Perché ha scelto di continuare questo impegno, che certamente non è semplice?

Da tempo avevo precisato, insieme a mia moglie Tiziana, con cui abbiamo una bella casa famiglia con tanti figliuoli diversamente abili che ci impegna molto, che sarei stato felicissimo se fosse stato indicato un nuovo responsabile. Nello stesso tempo ho sempre detto che se la comunità avesse chiesto di continuare, non avrei detto di no, salvo motivi gravi. Dal nostro fondatore ho capito che in questa vita ci dobbiamo donare, spendere per gli altri. Non possiamo dire no alle chiamate di Dio che ci arrivano attraverso la Chiesa, la comunità. Ho detto di sì, tirando avanti come un asino, perché conosco bene i miei limiti. Mentre don Benzi era un cavallo di razza, adesso è il momento dei somari, i quali comunque a volte riescono ad andare in posti impervi. 

Cosa è successo di importante in questi 13 anni di guida della comunità?

C’è stato uno sviluppo enorme. Ho studiato cosa è successo a ordini e movimenti nella storia dopo la morte dei fondatori: sempre il carisma è esploso. Oltretutto, nella fede, sappiamo che il fondatore è con il Signore e quindi aiuta i suoi figli. Per noi è stata una stagione straordinaria. Abbiamo aperto in dieci paesi dell’Europa del nord dove prima non eravamo presenti, siamo andati in nuovi paesi asiatici, come la Thailandia; nuove aperture anche in America Latina, come a Cuba. Siamo andati nel mondo islamico, in Iraq; adesso ci ha chiamati il cardinale Romero di Rabat per iniziare una presenza in Marocco. In Africa, abbiamo aperto in Camerun, Rwanda, Sierra Leone, Burundi. Giorni fa papa Francesco, quando ha saputo della chiesa di Santa Sofia a Istanbul trasformata in moschea, ha detto di essere molto addolorato. Io ho twittato dicendo che anche noi siamo addolorati però continuiamo ad accogliere i poveri anche in quei paesi islamici dove a volte ci vorrebbero mandare via. Questo è il vangelo di Gesù Cristo.

Andate anche nei paesi occidentali, più ricchi, perché pensate che anche lì ci siano povertà da condividere?

Alla grande. Nel 2020 siamo arrivati in Svezia e in Irlanda. Siamo arrivati in Irlanda poco dopo l’approvazione della legge sull’aborto. Una delle motivazioni della legge è non far più nascere bambini down, perché abbassano il Pil. Noi siamo andati con una famiglia che ha due bambini down e un altro disabile. Non andiamo per essere contro, ma per portare una testimonianza. Il vescovo che ci ha accolto nella sua diocesi ha detto che per lui il nostro arrivo è stata una luce meravigliosa. “Il nostro paese sta morendo e voi siete come un germoglio di speranza”.

Cosa significa aderire alla vostra comunità? Voi la chiamate vocazione, quindi non è per tutti? Bisogna che una persona scopra di essere chiamata a quella vita?

Un altro giornale ha osservato che noi non siamo tantissimi, poco più di duemila, rispetto ad altri movimenti. Ho risposto che la nostra proposta è molto esigente, nel senso che mettere la vita con i più poveri, con i disabili, con gli anziani allettati, è certamente una vocazione. Però non ritengo che sia per una élite, piuttosto è per chi desidera di volersi donare con la propria vita, con la propria famiglia, con la propria professione. Abbiamo chi lavora nelle cooperative sociali e quindi sono impegnati a dare lavoro, anche a persone svantaggiate che erano un costo sociale e che lavorando non solo contribuiscono al bene della società ma diventano una risorsa. Nel poliambulatorio La Filigrana, a Rimini, dove si paga solo se si può, abbiamo aggiunto il nuovo ambulatorio di ginecologia per i poveri. Laddove c’è la gratuità, che non vuol dire gratis ma che ti doni oltre il dovuto, i giovani sono attratti.

Nel vostro bilancio sociale si scopre che solo il 54 per cento delle persone accolte riceve una retta dalle istituzioni. E per gli altri come fate?

Sono diventato responsabile nel 2008 quando è cominciata la crisi economica. Finché c’era il fondatore, ci sono state le vacche grasse, e meno male; quando è arrivato questo povero somaro sono arrivate le vacche magre. Anche in questi anni, lavorando sodo, ce l’abbiamo fatta. Apro una parentesi: girando il mondo mi sono accorto che in Italia abbiamo uno Stato sociale che è invidiabile. Ma noi accogliamo anche in quei paesi dove non ci sono rette pagate dalle istituzioni pubbliche. Come facciamo? Con il fundraising, con il contributo delle persone della comunità che lavorano, con la Provvidenza. Devo dire che a volte il bilancio chiude in pareggio, altre volte in rosso. In media ogni anno apriamo dieci nuove realtà di vita in tutto il mondo, e quindi…

Che peso ha nella vostra vita il magistero e la testimonianza di papa Francesco?

Noi siamo innamorati del successore di Pietro, chiunque esso sia. La garanzia del cammino è data da Cristo, che è la roccia, e dalla Chiesa che continua nel tempo con il papa e i vescovi. Certo che ascoltando papa Francesco a volte sembra di riascoltare don Oreste. E non si sono mai conosciuti, mai incontrati. Per scherzo mi verrebbe da dire: dai, Francesco, diventa membro della comunità! Cristo vivo presente nei povero e nell’uomo sofferente: questa è la nostra vocazione. Ma anche i continui richiami alla preghiera, alla contemplazione, alla dimensione comunitaria, alla Chiesa che deve essere povera, voce di chi non ha voce, ci sono connaturali.

Cosa significa per voi la prossima beatificazione di Sandra Sabattini? 

Speriamo di farla entro la prossima primavera, a Dio piacendo. Francesco l’ha scelta come una dei santi della porta accanto. È un esempio meraviglioso per i giovani d’oggi, al di là che sia della Papa Giovanni. Basta guardare il suo volto, ha incarnato quello che diceva don Oreste: un incontro simpatico con Cristo. Seguire Cristo è la pienezza della vita.

Ai suoi amici della comunità ha consigliato un quarto d’ora al giorno di adorazione eucaristica. Perché?

Quando la fatica diventa forte, pensiamo a questo tempo di Covid, tu ti devi sentire amato, pensato da Qualcuno. Ho detto un quarto d’ora, perché comunque noi siamo laici nel mondo, non siamo monaci. Su questa piccola fedeltà quotidiana Dio può costruire meraviglie.

A proposito di Covid, cosa ha cambiato nella vita della vostra comunità?

Abbiamo subito cercato di rispondere, mettendo a disposizione il nostro albergo di Cattolica per accogliere i malati di Covid.  Stiamo accogliendo tante persone malate. Un vescovo mi ha scritto un bigliettino bellissimo: ringrazio la comunità perché un mio sacerdote stava morendo di Covid, ho faticato a trovare qualcuno che lo accogliesse sfinito e depresso all’uscita dell’ospedale e voi me lo avete accolto. È andato in una comunità del Piemonte per il recupero dei carcerati. Il responsabile è uno che è stato in carcere quindici anni, quando ha saputo di questa richiesta ha detto: gli lascio la mia camera in mansarda e io vado a dormire con i miei ragazzi. Penso che noi ci dobbiamo sempre lasciare interpellare dalle povertà vive, non fare i convegni sulle povertà. Noi non siamo fatti per i convegni, don Oreste ha sempre detto che è la vita con i poveri che ci salva. 

Valerio Lessi

Un tempo ci autocelebravamo come capitale europea del turismo, adesso aspiriamo a diventare la capitale italiana della felicità. Difficile stabilire quale fra i due sia il titolo più pretenzioso. È comunque la pensata del Piano Strategico nel periodo del lockdown, realizzata coinvolgendo le associazioni di categoria e alcuni esperti di turismo, fra cui Antonio Preiti e Paolo Verri. Il sociologo Preiti è stato chiamato a fornire la suggestione culturale: Rimini come la grande cospirazione per rendere le persone felici. Insomma, dopo Rimini come l’Ostenda d’Italia, Rimini come Las Vegas dell’Adriatico, dopo tante immagini prese a prestito da altri contesti, eccone una tutta nostra: siamo la città dove si può essere felici. 

Vaste programme, verrebbe da dire. I promotori l’hanno chiamato con un nome tratto dal linguaggio specialistico: Action Plan per l’innovazione, il rilancio e la competitività di Rimini nel mercato turistico internazionale. Praticamente ciò che dovrebbe fare Visit Rimini, la Dmc che sta muovendo i primi passi e che finora ha solo prodotto dei video sui social. Ma intanto c’è il Piano Strategico di Maurizio Ermeti che sforna idee e lancia progetti. 

L’Action Plan è stato presentato al Palacongressi nel corso di una conferenza stampa evento che ha visto la partecipazione dei protagonisti del sistema turistico. Il punto di partenza è che l’emergenza da Covid 19 possa essere uno shock salutare per mettere mano alle criticità storiche e strutturali del turismo locale. Ne è venuto fuori un programma con sette ambiti strategici e 23 proposte operative che si propone, come ha detto Ermeti, di superare il gap tra la desiderabilità della destinazione Rimini e la sua effettiva competitività sul mercato turistico. Se finora il Piano Strategico si era occupato soprattutto della riqualificazione urbana della città, con questo progetto l’attenzione è rivolta agli operatori e alle imprese. L’Action Plan lancia una sfida a quella che è sempre stata considerata una caratteristica dei riminesi: certamente creativi e intraprendenti ma anche individualisti, anarchici e poco disposti al gioco di squadra. La parola d’ordine è cooperazione per costruire filiere che provochino innovazione e crescita imprenditoriale. Il primo campo di applicazione, ma non sono stati forniti dettagli, dovrebbero essere quelli che al momento sono stati battezzati come i Borghi del Parco del Mare. Quello che si è capito è che dovrebbero essere esempi di cooperazione trasversale fra imprenditori che agiscono su uno stesso territorio. Per favorire questa cooperazione, ecco il secondo ambito, centrale sarà la formazione professionale per imprenditori e decisori che avrà l’obiettivo di creare una nuova leadership della destinazione. Chi debba farla questa formazione non è stato specificato, probabilmente sarà chiarito in seguito. 

Sono necessari, terzo ambito, nuovi strumenti urbanistici che favoriscano l’aggregazione fra imprenditori e l’innovazione. Anche questa non è una idea del tutto nuova ma finora ha avuto scarsa realizzazione pratica.  L’Acion Plan individua nella distribuzione commerciale uno degli anelli deboli della catena, ragione per cui si chiede un master plan del commercio che abbia i suoi punti di eccellenza nel centro storico e nei viali del mare dove al momento abbondano i bazar e i negozietti dequalificati. 

Altro ambito di lavoro è il rafforzamento del valore del brand Rimini, che in concreto significa fare basta con la politica dei prezzi al ribasso. Inoltre, Rimini come destinazione tutta digitale e, ultimo punto, già a ottobre il lancio sul mercato di nuovi prodotti (cultura, entroterra) per far vivere la destinazione Rimini tutto l’anno. Un’azione che poi dovrà essere ripetuta e rafforzata nel biennio 2021/2022. In pratica è stato fornito solo l’abstract di questo ambizioso Action Plan, le 23 proposte operative sono rimaste quasi tutte nel cassetto. 

È toccato a Paolo Verri, che alle spalle ha eventi importanti come le olimpiadi invernali di Torino e Matera capitale della cultura, lanciare la proposta di un evento che favorisca il posizionamento internazionale di Rimini. L’idea, non troppo originale, è quella di fare della città il luogo di un appuntamento annuale sul turismo per confrontarsi su novità, dati e tendenze. Un numero zero già nel 2020 per verificare l’impatto della pandemia, e poi partire con la serie negli anni successivi. 

Giovanni Paolo Ramonda è stato eletto per la terza volta Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. Dalla morte del fondatore Don Oreste Benzi, avvenuta il 2 novembre del 2007, è lui a guidare la Comunità che ha esportato il carisma dell'accoglienza in casa famiglia in 45 paesi del mondo. Sessant’anni, piemontese, sposato con Tiziana Mariani, oltre ad aver avuto tre figli naturali, insieme portano avanti la responsabilità di una numerosa casa famiglia. Laureato in Pedagogia, ha conseguito il titolo di Magistero in scienze religiose.

Ramonda è stato eletto con i due terzi dei votanti alla prima votazione dall'Assemblea Generale della Comunità, convocata a Rimini, sabato 25 Luglio. A causa dell'emergenza Covid-19, hanno potuto partecipare esclusivamente i delegati italiani, mentre quelli delle 43 missioni estere hanno potuto votare in modalità on line.

«La Comunità Papa Giovanni XXIII è un gregge che porta una luce particolare nel mondo. - ha dichiarato Ramonda - La nostra è una scelta di vita esigente: condividiamo la nostra vita tutti i giorni con i più poveri ed emarginati, oltre ai momenti di preghiera che rimangono fondamentali momenti della Comunità. Continueremo a portare il nostro contributo, insieme alle parrocchie e ai tanti movimenti con cui spesso collaboriamo, alla ricchezza della Chiesa sotto la guida di Papa Francesco. Ognuno con il suo cammino specifico, e nella stima reciproca, può arricchire la missione della Chiesa».

Durantel'assemblea sono stati presentati i numeri che danno l'idea della dimensione raggiunta dalla Comunità dopo 52 anni di vita associativa. Salta all'occhio la proporzione fra il numero di persone accolte, nelle case famiglia e nelle sedi Onlus dell'associazione, che trovano una copertura economica da parte delle istituzioni o delle famiglie, rispetto a quanti sono interamente a carico del volontariato e delle donazioni. Il 54% degli accolti nelle sedi Onlus godono di una retta; circa metà, il 46% degli accolti non costituiscono una spesa per lo Stato.

Sono oltre 2000 ad oggi le persone, in Italia e nel mondo, che hanno scelto la spiritualità del povero e la vita comunitaria proposte da Don Benzi; 343 le sedi istituzionali in Italia; 245 le case famiglia nel mondo. Sono accolte in maniera stabile quasi 5.000 persone.

Anno dopo anno, li ha presi per sfinimento. Le grandi manovre per aver peso nella Fondazione Carim Mauro Ioli le ha cominciate il giorno dopo essere diventato socio nel lontano 1992. Uno come lui non poteva accontentarsi di un ruolo di gregario, doveva essere protagonista.  Ad ogni rinnovo del consiglio d’amministrazione di Carim o di Fondazione, trovavi Ioli che spiegava che fra le opposte fazioni, i cattolici duri e puri e i massoni altrettanto puri e duri, ci voleva una figura di mediazione, uno capace di tenere tutti insieme, un democristiano allevato alle sopraffini arti dello smussamento degli angoli. Per farla breve, ci voleva lui. Ci ha provato e riprovato più volte, ma ne è uscito sempre scornato. Anche nel 2011 quando la candidatura di Massimo Pasquinelli sembrava destinata ad uscire sconfitta. 

Mauro Ioli non è solo l’ultimo dei democristiani, ma un uomo di potere a cui piace farti intendere che lui è al di sopra delle parti. Per l’andreottiano Enzo Scotti era stato coniato il soprannome di Tarzan per indicare quanto fosse bravo a saltare da una corrente all’altra. Nel suo piccolo anche Ioli ha compiuto la circumnavigazione di tutto l’arco costituzionale.

Certamente nasce e cresce democristiano. Già negli anni Ottanta lo troviamo vice segretario provinciale della Democrazia Cristiana, area moderata di quelli che i comunisti mangiano i bambini.  Fino al 1995 tiene alta la bandiera democristiana prima e popolare poi nella sua Santarcangelo. Nel 1995 avviene il grande balzo, l’entrata nei salotti politici che contano. Diventa segretario provinciale del Ppi, un partito che rispetto alla balena bianca assomiglia più ad una acciuga. Ma i tempi sono cambiati, sono caduti i muri, ora gli ex democristiani sono pappa e ciccia con gli ex comunisti. Il suo interlocutore in casa del Pds (allora si chiamava così) era un certo Maurizio Melucci.  La strana coppia Ioli-Melucci inventa Alberto Ravaioli, primario di oncologia, candidato sindaco di Rimini, operazione conclusa con successo. All’epoca i cronisti scrivono che Melucci avrebbe avuto in premio il posto di vice sindaco e di uomo forte della giunta e Ioli un biglietto del treno per Bologna, destinazione consiglio regionale. Si sbagliano, nel senso che Melucci diventa vice sindaco ma Ioli resta a casa. 

Intanto il Ppi conosce la scissione di Ermanno Vichi e amici che danno vita ai Democratici, il partito dell’asinello.  Ma in seguito si ricongiungono tutti insieme nella Margherita, di cui Ioli diventa segretario provinciale, e i cui petali confluiranno nel veltroniamo Partito Democratico.  Ioli riesce nell’impresa di prendere anche la tessera del Pd.

Il credito per aver portato il primario di oncologia ad essere il candidato della sinistra prima o poi doveva essere riscosso. Ci riesce nel 2003 diventando presidente di Convention Bureau, carica che mantiene per ben otto anni fino al 2011. Lo stesso anno in cui ingaggia il duello perdente con Pasquinelli. 

Rimasto senza poltrone (salvo quelle di una banca e società finanziaria a San Marino), si affaccia la crisi identitaria e politica. Nel 2013 lo troviamo al decimo posto (si votava ancora con il porcellum) della lista di Scelta Civica, il partito fondato da Mario Monti. Cinque anni dopo lo spostamento a destra si fa più evidente e pesante. Mauro Ioli è il capolista a Rimini di Noi per l’Italia, i centristi alleati di Berlusconi, Meloni e Salvini.  Del resto nel 2016 era stato nominato presidente della commissione per la qualità architettonica e il paesaggio a Riccione, nel regno di Renata Tosi. 

A parte questi spot in campagna elettorale, non partecipa al dibattito pubblico. Sul proprio profilo Facebook si limita a pubblicare poesie in rima baciata nelle quali dà voce alla sua visione del mondo. 

Erano quasi dieci anni che Ioli non sedeva in un consiglio d’amministrazione, pubblico o privato che fosse. Ora torna da presidente di quella Fondazione Carim che è sempre stato l’oggetto del desiderio, un posto al quale si è sentito chiamato per diritto democristiano se non proprio divino. Certo la Fondazione non è più ricca e potente come un tempo. Ma lui promette che a Palazzo Buonadrata finalmente soffierà il vento della pax ioliana. Annuncia, e lui se ne intende, che è finita l’epoca dei veleni. Una nuova era tutta da scoprire.

Lo svuotamento di Forza Italia ormai è al completo. Anche Carlo Rufo Spina ha lasciato la bandiera berlusconiana (non è la prima volta) ed è in cerca di una nuova casa politica. Il primo a lasciare la barca che sta affondando è stato Nicola Marcello, meglio conosciuto come “mister preferenze” per l’alto numero di consensi personali che riesce a raggranellare ad ogni consultazione. Alle regionali di gennaio ha portato Forza Italia al 4,4 per cento quando a livello regionale il partito si è fermato al 2,5.

Lei, il campione dei moderati del centrodestra, passa a Fratelli d’Italia. Non crede di aver deluso coloro che in questi anni l’hanno generosamente votata?

“Era da tempo che ci pensavo, volevo andarmene già due anni fa, sono stato invitato a cambiare anche prima delle regionali, ma sono rimasto perché poteva sembrare che lo facessi per opportunismo. Devo dire che non sono solo. Alle ultime regionali molti cattolici moderati sono passati alla Lega. Non credo ci siano enormi differenze fra Lega e Fratelli d’Italia. Nella nostra regione è in atto una diaspora molto diffusa. Forza Italia non ha fatto molto per cambiare e per mantenere il voto moderato. In Abruzzo come a Cesena o a Rimini siamo in tanti che siamo stati accolti nel partito della Meloni”.

Nessuno dei suoi elettori l’ha criticata per la scelta fatta?

“Nessuno. Penso che tutti capiscano le difficoltà di uno che nel 2016 ha costruito la lista per le comunali da solo, quando molti ambienti moderati confluivano nel Patto Civico a sostegno di Gnassi. Ho resistito più di loro fino all’ultimo, ma non si può pretendere che io faccia sempre l’agnello sacrificale. Forza Italia non esiste più, a Imola e Faenza nemmeno presenta la lista, e sarà così ovunque”.

Lei ha lamentato di non essere stato valorizzato. Non è proprio il massimo come criterio ideale per cambiare partito…

“Sono stato frainteso, ho lamentato che non c’è più l’organizzazione, non la valorizzazione del sottoscritto. L’ho detto e lo ripeto, alle comunali sono stato lasciato solo.  Poi a Roma come candidati alle politiche mandano Spina e il bagnino di Riccione. Nel proporzionale alla Camera hanno candidato tutti estranei al territorio. Cosa c’entra il signor Luigi Amicone con Rimini?”.

Da Fratelli d’Italia ha ricevuto maggiori assicurazioni?

“No, nessuna assicurazione. Peraltro, sono stato contattato anche da persone importanti vicine al Pd per andare con loro in una eventuale lista civica. Ma ho preferito rimanere in quello che è da sempre il mio campo, il centrodestra”.

Magari le hanno promesso di fare il candidato sindaco, visto che sembra spetterà a Fratelli d’Italia…

“Non ho chiesto nulla e nessuno mi ha promesso nulla. Non è nel mio carattere.  Non sono di quelli che dicono di fare le cose per spirito di servizio e poi si fanno mettere in una partecipata. Inoltre, parlare di sindaco adesso è fantascientifico, è assolutamente prematuro. Prima di tutto dobbiamo formare una squadra che sia vincente, altrimenti ripercorriamo gli errori del passato”.

Se la coalizione è formata solo da Lega e Fratelli d’Italia, più che centrodestra sarebbe meglio parlare di uno schieramento di destra. Per vincere, avete sempre detto, bisogna intercettare il voto moderato.

“Sono d’accordo. Se si vuole crescere non bisogna guardare all’estrema destra, come ha fatto la Lega. Io sono e resto un moderato anche in Fratelli d’Italia. Comunque, fatti i conti si vede che alle regionali i moderati non hanno votato per me, hanno votato Montevecchi e la Lega. Si può fare una politica moderata anche in questi partiti. Ma sono d’accordo che oltre a Fratelli d’Italia e Lega, devono esserci in coalizione liste che si rivolgono direttamente all’elettorato moderato”. 

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