(Rimini) Uno dei chiarimenti più rochiesti sul decreto di oggi riguarda le  "comprovate esigenze lavorative". In qusta espressione, rileva una nota di Confindustria Romagna, "rientrano le attività delle imprese, quindi non ci saranno blocchi per merci e persone e l'attività di industria potrà continuare"

"Le restrizioni indicate nel nuovo decreto superano il concetto di zona Rossa, creando una area di attenzione, con limitazioni particolari necessarie per contenere ulteriormente la diffusione della epidemia.

Le aziende resteranno pertanto aperte ed i loro lavoratori potranno recarsi al lavoro senza limitazioni anche nel territorio di Rimini. Resta inteso che, dove possibile o richiesto, il datore di lavoro potrà concedere ferie e permessi o favorire il lavoro a distanza tramite supporti telematici e informatici.

I trasportatori che vengono dall'estero o dall'Italia al di fuori delle nuove zone potranno pertanto consegnare o ritirare merci senza limitazioni.

Confindustria Romagna è a disposizione con i propri tecnici ed esperti per valutare ogni situazione relativa al normale svolgimento dell'attività produttiva, o per dubbi relativi alla sicurezza dei lavoratori, eventuali restrizioni o cautele, e necessità urgenti per il proseguimento dell'attività produttiva.

Il presidente dell'associazione, Paolo Maggioli, raccomanda a tutti gli imprenditori di rispettare le indicazioni del decreto con la massima attenzione e scrupolo, cercando di sensibilizzare tutti i dipendenti: l'obiettivo è gestire questa emergenza salvaguardando l'economia e le imprese, aiutando al contempo i lavoratori e le loro famiglie. 

Confindustria Romagna è già impegnata per delineare e suggerire agli organi competenti tutte le misure che si renderanno necessarie nelle prossime settimane per tutelare la liquidità delle imprese, quantificare gli eventuali danni subiti da annullamento di ordini, restrizioni internazionali del proprio business e riduzione o blocco dell'attività".

“Dio viene nell’imprevisto”, ha scritto sul proprio blog don Andrea Turchini, parroco della Collegiata a Santarcangelo. Una riflessione dettata dall’epidemia di Coronavirus che sta cambiando la vita di tutti, andando ad incidere profondamente su  ritmi di vita consolidati, insieme a preoccupazione per la salute e per le proprie attività. Anche il “mestiere” di parroco deve trovare nuove forme di espressione e di comunicazione. “E’ una situazione nuova, inedita, quella in cui ci siamo trovati – osserva don Turchini – Tutto è sospeso, le scuole, le attività parrocchiali. Anche la partecipazione alla Messa, che pure è un gesto fondamentale nella vita della comunità cristiana”.  Che fare allora? “In questo tempo la prevalenza è agli incontri personali, c’è la possibilità di chiacchierate distese, di telefonate in cui ci si può soffermare di più del solito. Nel mercoledì delle ceneri abbiamo sospeso le celebrazioni straordinarie, però abbiamo avvertito che i sacerdoti sarebbero stati in chiesa tutta la giornata. Molte persone sono venute per confessarsi e per ricevere personalmente le ceneri. È una situazione che ci costringe a trovare modalità nuove per valorizzare l’esperienza di fede”. 

L’imprevisto di questa epidemia può quindi avere un risvolto positivo? “Siamo presi dalle nostre attività e dai nostri programmi, ci piace avere tutto sotto controllo e ci dimentichiamo, come spesso ricorda papa Francesco, che la realtà è superiore alle nostre idee e ai nostri programmi. Dio viene nell’imprevisto e occorre saperlo cogliere in una realtà che ha certamente anche aspetti drammatici, fatti di paura, di disagio, di dolore. Si tratta di riconoscere che anche nelle situazioni impreviste, che non avremmo voluto, può venire qualcosa di buono. Dio, di solito, fa molta fatica ad infilarsi nei nostri programmi; non gli concediamo molto spazio. Egli viene nell’imprevisto per rinnovare la nostra vita.”.

C’è un altro aspetto che don Turchini mette in evidenza. “Questa situazione mette in luce la nostra fragilità umana. A volte le strutture, le attività, possono diventare uno schermo che oscura l’invocazione della salvezza, che invece è alla base della nostra fede. Quando al mattino recitiamo le lodi non a caso cominciamo dicendo Dio vieni a salvarmi. L’esperienza della fragilità ci riporta all’essenziale, a riconoscere che solo Dio è salvatore”. Secondo il parroco di Santarcangelo, “alcune persone, le più fragili psicologicamente, sono spaventate e manifestano grandi preoccupazioni. Altre, ne ho avuto riscontro, la colgono come una provocazione a ripensare la propria fede”.

Da Santarcangelo a Rimini, Marina Centro, parrocchia di san Girolamo. “Da subito – racconta il parroco don Roberto Battaglia - in questa vicenda ho riconosciuto una sfida radicale: una situazione che sfugge al nostro controllo, in cui è a rischio la vita di tanti, la nostra salute e il benessere stesso del popolo, ci provoca a chiederci quale sia il nostro reale punto di consistenza, ed è la domanda che ho subito condiviso con gli amici della comunità parrocchiale tramite i contatti telefonici e personali, sui social e attraverso il sito della parrocchia, a cominciare da lunedì 24 febbraio diffondendo le prime indicazioni dei Vescovi della nostra regione, assieme all’altra questione che emergeva in quei giorni, in cui dominavano alcune reazioni irrazionali: cosa vince la paura?”.

Una domanda che in molti, alle prese con il bombardamento mediatico sull’epidemia, si pongono. “Mi sono reso conto che, rispetto a un certo clima di smarrimento e confusione, - afferma don Battaglia - la provocazione di queste domande apre uno spiraglio e, superata la reattività, inizia una condivisione più reale della propria vicenda umana. Col passare dei giorni, prendendo sempre più coscienza della gravità della situazione, mi è sempre più chiaro che il primo modo di essere vicini alla gente da parte di noi preti e della comunità cristiana è quello di prendere sul serio fino in fondo le indicazioni che ci vengono date dalle autorità competenti e dai nostri vescovi. Sono francamente insopportabili e intollerabili taluni atteggiamenti di superficialità e talvolta persino di polemica nei confronti delle scelte compiute riguardo alle necessarie limitazioni nei ritrovi per le liturgie e per le varie attività pastorali. In una situazione di bisogno e di grande prova per il nostro popolo, nella quale non mancano episodi di intolleranza e atteggiamenti di sospetto nei confronti dell’altro, percepito talvolta come un potenziale nemico, occorre essere uniti, amando la vita e il bene di tutti prima di ogni altra preoccupazione o considerazione, riconoscendo umilmente di aver bisogno di tutti, valorizzando l’impegno di chi si trova in prima linea in questa emergenza sanitaria. Il cristianesimo è innanzitutto lo sguardo appassionato di Cristo all’uomo concreto e, senza questa passione per la vita degli uomini e le donne del nostro popolo, l’annuncio cristiano si riduce ad una ideologia come tutte le altre”.

Tutto è saltato, anche nelle parrocchie, dalla liturgia agli incontri di catechesi, fino alle benedizioni pasquali programmate proprio per questo periodo. “Nelle nostre comunità e, non di rado, un certo devozionismo e un certo attivismo – rileva il parroco di san Girolamo - si sostituiscono al rapporto con Cristo. Questa drammatica circostanza è l’occasione per uscire dalla nostra comfort zone, prendendo sul serio la nostra umanità e condividendo la domanda di tutti: ma se non posso aggiungere un minuto solo alla mia vita e a quella di una persona cara, se tutte le mie sicurezze possono essere spazzate via da un virus, cos’è dunque la vita? Per noi preti e per le nostre comunità, lungi da ogni tentazione clericale, è l’occasione di mettersi in gioco “da laici”, non come coloro che pensano di avere tutte le risposte, ma come mendicanti assieme ad altri mendicanti, come gente che ha bisogno di tutto e di tutti. Passando dall’essere sempre in mezzo alla gente  – con riunioni e lezioni, dialoghi e attività – ad un certo isolamento, necessario per ridurre la possibilità di contagio, possiamo tutti chiederci in questa “solitudine”, come il Pastore errante di Leopardi, “Ed io che sono?”. E così questa “solitudine” può essere l’inizio di una condivisione reale dell’umanità di tutti, da cui può fiorire una solidarietà reale”.

Circoscrivere il problema e praticare una comunicazione appropriata. Sono questi, secondo Antonio Preiti, direttore di Sociometrica, sociologo, esperto dei problemi del turismo, i pilastri di una strategia vincente per contenere i danni che il Coronavirus potrebbe infliggere all’industria dell’ospitalità. Preiti conosce molto bene anche il turismo romagnolo, è di un mese fa la pubblicazione della ricerca sul sentiment emergente dai social che ha visto nella top ten Rimini, Riccione e Bellaria Igea Marina. A proposito di comunicazione appropriata, per Rimini Preiti osserva che no news good news. “Di Rimini non si parla come zona di pericolo, e va bene così”.

Cosa differenzia questa crisi da altre emergenze sanitarie o dall’emergenza terrorismo che si è verificata gli anni scorsi in alcune destinazioni?

“Non abbiamo un precedente perfettamente analogo. È paragonabile solo all’epidemia della Sars, nella quale però l’Italia non rimase coinvolta. È invece paragonabile al terrorismo, l’altro grande fenomeno che riduce la disponibilità a viaggiare. Abbiamo avuto due modelli distinti. Il primo è quello degli attentati a Parigi, Nizza, Bruxelles, che hanno avuto un impatto immediato. Il giorno dopo l’attentato, chi per esempio aveva programmato un viaggio a Parigi non è partito, ma il fenomeno è durato una settimana, in pochi giorni è stato riassorbito.

Altro caso è invece quello di paesi come l’Egitto, la Turchia, la Tunisia, dove gli attentati hanno creato un blocco del turismo che è durato due o tre anni. La gente non fa distinzione, c’è un’asimmetria dei comportamenti turistici rispetto al pericolo: non si proporzionano i viaggi (la probabilità a viaggiare) all’entità del pericolo, ma basta una sola probabilità e si ferma tutto. E il pericolo lo si trasferisce anche ai paesi vicini, che pure non sono coinvolti.

La mia impressione, ed anche la mia speranza, è che l’emergenza attuale appartenga al primo tipo, cioè a qualcosa che si smonta in poche settimane e che avrà un impatto limitato”.

Lei quindi pensa che se arriveranno presto notizie rassicuranti, il danno per le attività turistiche potrebbe essere limitato?

“Teniamo conto che nelle emergenze ci sono meta messaggi che passano. In questa caso, è passato il meta messaggio che non bisogna frequentare luoghi affollati, stare vicini l’uno all’altro in luoghi chiusi. Tanto è vero che in Trentino, e soprattutto in Alto Adige, associati alla vita all’aria aperta, in questo momento c’è crescita del turismo perché le famiglie della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, dove sono state chiuse le scuole, hanno approfittato per fare una settimana bianca oppure per farne un’altra. Oggi il luogo aperto non fa paura, l’epidemia è collegata ai luoghi chiusi, cinema, teatro, stadi, dove si sta spalla a spalla. Quindi se il virus viene contenuto e si torna alla normalità, le destinazioni che vivono all’aria aperta, lo sci in questo momento, il mare in estate, potrebbero conservare le chance di salvare la stagione. Il combinato disposto fra virus contenuto e comunicazione appropriata, può aiutare a salvare il turismo”.

Agenzie di viaggio e hotel però già lamentano disdette che potrebbero metterle in ginocchio…

“Le agenzie di viaggio hanno un problema economico serio. Le gite scolastiche sono un business importante, soprattutto in questo periodo primaverile. Se devono rimborsare le famiglie, che normalmente pagano i viaggi con largo anticipo, e non hanno la possibilità di avere indietro i costi dei voli aerei già sostenuti, sono già al fallimento. Si sa che i margini sui voli sono quasi irrilevanti, perciò bastano pochi voli non rimborsati e rischiano di saltare. Ad esempio, Ryanair non vuole rifondere le agenzie (ma, dato che la causa di forza maggiore agisce per le agenzie non si capisce perché non debba agire anche per loro). Da questo punto di vista, la proposta del governo di consentire la restituzione con voucher valevoli in future occasioni, è nella direzione giusta. Per gli alberghi, in città come Roma o Firenze siamo nel periodo di maggior lavoro. In questo caso con le prenotazioni annullate la caduta del fatturato è netta. La Pasqua resta un punto interrogativo, per l’estate ancora non è cominciato il periodo delle prenotazioni. Tutto dipenderà da quando finisce l’emergenza, se termina in due tre settimane c’è ampio margine di recupero”.

Cosa dovrebbero fare le autorità pubbliche e gli operatori del settore per limitare i danni?

“La questione fondamentale è che siamo di fronte ad un pericolo ubiquo e invisibile perché è asintomatico. Se vedo una persona con segni di malattia, è già un messaggio che mi arriva. Ma se non vedo nulla, non ho mezzi di difesa. Mi pare che il governo stia andando nella direzione giusta, cioè passare da una foto sfocata a una foto dai contorni precisi. Si dice quali sono le zone di effettivo pericolo, escludendo le altre. Sono rientrati provvedimenti assurdi come la chiusura dei bar dopo le 18. Il messaggio chiaro è: vi diciamo dove c’è il pericolo e dove non c’è. Se si promuove una comunicazione appropriata, la gente può governare mentalmente il fenomeno. è una questione decisiva. Se sto male vado dal dottore, che mi dice cosa ho, ho fiducia nel dottore, non mi è passata la malattia ma l’ho circoscritta, so che è quella e non un’altra, so che mi devo comportare così e non in altro modo, che si può magiare questo e non quello. Perimetrare, razionalizzare il pericolo. Con il pericolo circoscritto siamo in grado di farci i conti”.

Sono quindi da escludere messaggi genericamente rassicuranti?

“Certamente. Ho visto uno spot del Friuli che dice: venite, noi stiamo all’aria aperta. Nei momenti di crisi non bisogna fare promozione, perché non ha senso, nemmeno bisogna negare, che poi si è smentiti dall’informazione. La promozione bisogna farla quando il pericolo è passato. La comunicazione può essere utile per ricordare quanto siamo attrattivi, non che il pericolo è scampato”.

Lei conosce bene Rimini e la Romagna. Cosa si dovrebbe fare?

“Vale il detto no news, good news. Nessuno in questo momento parla di Rimini, Rimini ha un’immagine a sè. Rimini ed Emilia Romagna sono due concetti diversi, l'Emilia Romagna è un concetto amministrativo, Rimini è un concetto turistico. Di Rimini, Riccione e delle altre località romagnole non parla nessuno all’estero, va benissimo così. Nel senso che i nomi di città che circolano sono Roma, Bologna, Milano, moltissimo Bergamo che però non è una grande destinazione turistica”.

Questo vale forse per l’estero ma per gli italiani…

“Rimini è mentalmente lontana dall’epicentro, non solo fisicamente. Rimini la vedono come spiaggia e mare, ma questa non è ancora la stagione per pensare alle vacanze estive. Il problema come sempre è la percezione, non la realtà oggettiva. Nell’immaginario dei luoghi pericolosi, ci sono la Lombardia, il Veneto, poi l’Emilia Romagna, ma più l’Emilia che la Romagna. Attenti a non cadere nel detto latino excusatio non petita, accusatio manifesta” .

Valerio Lessi

Gli scaffali completamente svuotati non fanno piacere nemmeno ai gestori dei supermercati. “E’ una situazione che crea ansia, imbarazzo, disagio. Provoca anche qualche sacrificio ai dipendenti costretti a fare straordinari”. Stefano Zannoni, amministratore di Euromarket, società che gestisce quattro punti vendita Conad nel centro storico e a Marina, ha raccontato in una conferenza stampa l’impatto che ha avuto sulle sue strutture la psicosi da Coronavirus. Ed ha anche annunciato che restituirà in beneficienza parte dei maggior introiti realizzati fra domenica pomeriggio e lunedì scorsi.

“Sappiamo per esperienza – spiega Zannoni – che qualsiasi evento straordinario ha un impatto sul comportamento dei consumatori. Ci aspettavamo qualche fenomeno di accaparramento. Ma non immaginavamo di trovarci di fronte a un vero e proprio saccheggio”. Nei punti vendita gestiti da Euromarket (mercato coperto, via Serpieri, via Coletti e via Cappellini) la corsa agli acquisti compulsivi è cominciata già nel pomeriggio di domenica, non appena si è diffusa la notizia che nella settimana seguente le scuole sarebbero rimaste chiuse e i Tg nazionali hanno mostrato le immagini dei supermercati della Lombardia completamente vuoti. Ma il boom si è verificato lunedì. I cassieri, stupiti, si trovavano a battere scontrini che arrivavano al centinaio di euro. Mai visti prima. Nel tardo pomeriggio di lunedì gli scaffali erano vuoti. Ad andare forte erano le farine e tutti i farinacei, la pasta di ogni tipo, fagioli, tonno, scatolame in genere. Un po’ meno l’acqua perché in centro storico non si arriva facilmente con l’auto e le “casse”sono difficilmente trasportabili a piedi, in bicicletta o con lo scooter. “In un giorno – racconta Zannoni – abbiamo superato l’incasso della vigilia di Natale, che è storicamente il giorno con i massimi ricavi. I nostri clienti del lunedì sono aumentati del 30 per cento, passando da 5.000 a 6.500. Il valore dello scontrino medio è aumentato del 60 per cento”.

I clienti a quanto pare non giustificavano il perché di quegli acquisti insolitamente numerosi. Qualcun mostrava un po’ di imbarazzo. Chi arrivava a scaffali già vuoti chiedeva allarmato “Perché non c’è la pasta?”. Che certamente non è un bel segnale per un negozio che per vocazione ha quella di vendere generi alimentari. Qualcuno temeva di non trovare aperto nei giorni seguenti. Il telefono squillava e i clienti chiedevano: “Siete aperti?” oppure “Domani siete chiusi?”. Fra le tante fake news circolate c’era anche quella della chiusura dei negozi.

Il continuo tintinnio dei registratori di cassa comunque non rallegrava più di tanto Zannoni e i suoi collaboratori. “Non è bello – spiega – restare senza merce. Crea anzi molti problemi. Fortunatamente il nostro centro di distribuzione si è subito attivato per rifornirci. Martedì e mercoledì c’è stato un flusso minore, anche il mercato ambulante era più vuoto. Siamo tornati con i punti vendita di nuovo pieni di merce solo giovedì”.

Euromarket ha deciso di “restituire” alla comunità e in particolare a chi ha più bisogno. “Avevamo tempo fa un rapporto con i frati della mensa di Santo Spirito. Abbiamo deciso di riattivarlo e di donare a loro, in materie prime, una quota del maggiore incasso. Saranno i frati a dirci di cosa hanno più bisogno”.

La società, che quotidianamente è al servizio delle donne che fanno la spesa, ha inoltre deciso di lanciare un singolare concorso per sottolineare il valore dell’accoglienza e della disponibilità nei confronti dell’universo femminile. Attraverso una speciale pagina Facebook saranno raccolte le segnalazioni di gesti di gentilezza e cortesia di uomini verso le donne. I primi cinque, scelti da una qualificata giuria, saranno premiati con buoni spesa.

Ed infine Zannoni annuncia che la sua società si impegnerà al massimo perché il mercato coperto venga reso più adeguato – dal punto di vista strutturale e come offerta commerciale - alle esigenze moderne. “Ci sono progetti in corso di esame da parte dell’amministrazione comunale, noi faremo fino in fondo la nostra parte perché Rimini abbia un mercato coperto moderno”, assicura Zannoni.

In data 26 febbraio è stato raggiunto u primo accordo fra Start Romagna e organizzazioni sindacali. A darne notizia il consigliere comunale di Rinascita Civica, MarioErbetta, che rileva un ingiustificato silenzio da parte dell’azienda e dell’amministrazione comunale.

L’accordo prevede 10 assunzioni di autisti, 5 a marzo e 5 ad aprile, più 5 autisti subito per le sostituzioni dei beneficiari dei permessi della legge 104. Inoltre, 3 assunzioni entro l'anno nel reparto manutenzioni, l’impegno di ridurre a metà  entro il 31 dicembre 2020 le 5.200 giornate di ferie e permessi in arretrato ed esaurimento delle stesse entro il 31 dicembre 2021.

“Ottimo risultato – osserva Erbetta - che non esaurisce le richieste dei lavoratori e a tal fine il 12 marzo (giorno prima della seconda commissione) le parti si rincontreranno per trattare gli altri temi sollevati: salari nuovi assunti (ai quali non viene applicato il contratto di secondo livello per cui partono da uno stipendio di 1000 euro al mese contro i 1500/1700 di un dipendente con anzianità), indennità, venduto a bordo e organizzazione officina oltre che turni vivibili. Dopo l'incontro la sera del 12 marzo verrà fatta un'assemblea dei lavoratori per avere il mandato a concludere la vertenza e accettare la contrattazione. Il tutto il giorno prima della commissione di garanzia del 13 marzo. Bene. Inoltre  tutte le sigle sindacali, tranne la CGIL, non incontreranno gli assessori Frisoni e Brasini prima del 16 marzo e questo proprio in attesa di quello che succederà il 12/13 marzo.
Mi fanno piacere questi primi risultati e questa voglia di chiudere prima della commissione di garanzia, che comunque si terrà per dare voce alle parti e capire bene come sia stato possibile lasciare la città in paralisi senza aver fatto nulla per evitarlo sia da parte politica che da parte dell'azienda”

Pare però che i vertici di Start non vogliano partecipare ai lavori della commissione. “Se questo succederà – conclude Erbetta - non si potrà non prenderà atto che qualcosa nelle partecipate comunali non va e che la prossima Giunta avrà da lavorare sul tema”.

Se c’è un’azienda riminese pienamente inserita nell’economia globalizzata, questa è il gruppo Teddy. È uno dei leader internazionali nel settore dell’abbigliamento fast fashion: fatturato di oltre 640 milioni, il 52,6% realizzato all’estero, oltre 600 negozi diffusi in 40 Paesi del mondo, vendite all’ingrosso in 90 nazioni, più di 2.550 dipendenti. Che impatto ha avuto la prima emergenza sanitaria globale su un’azienda i cui confini sono quelli del mondo? “Quello che vedo – osserva l’amministratore delegato Alessandro Bracci - è un’azienda che, pur ancora con tante doverose preoccupazioni, ha voglia, desidera lavorare e tornare alla normalità perché cosciente che qui c’è di mezzo non solo un’emergenza sanitaria, ma una vera e propria emergenza lavorativa”.

Il desiderio di ritorno alla normalità è un sentimento sempre più diffuso che va sostituendo sgomento, paure, preoccupazioni. Che hanno influito anche sui comportamenti dei consumatori finali. “L’impatto è ancora difficile da calcolare, - afferma Bracci - è evidente in questi giorni un calo degli ingressi e quindi delle vendite. Stiamo mettendo in campo tutta la creatività e la capacità di reazione che abbiamo per prendere le contromisure necessarie. Ci stiamo attivando anche insieme ad altri retailer per capire che sostegno chiedere alle istituzioni. Ma prima di tutto questo ci tengo a raccontare una storia. Ci ha scritto in questi giorni una cliente, sorpresa di trovare in un nostro negozio “sorriso, gentilezza, pazienza. Complimenti a quello staff che ti fa acquistare e non scappare”. Come abbiamo scritto a tutti i nostri collaboratori, il rispetto e la messa in pratica delle precauzioni che in questi giorni vengono indicate, sono un gesto ancora più visibile di attenzione e responsabilità verso i clienti, che devono continuare a sentirsi accolti come sempre ma in maniera adeguata al contesto sanitario attuale. Mai come oggi vale il principio del nostro stile di vendita: “Tratta l’altro come vorresti essere trattato tu”. In questi giorni, come ho già detto, non possiamo dare nulla per scontato: i nostri clienti che sono un dono, i nostri colleghi che sono un dono”.

L’emergenza ha comportato nelle aziende anche il cambiamento di abitudini e comportamenti. Dal punto di vista delle attività lavorative, in Teddy, nelle varie sedi dell’azienda sono state date indicazioni di ridurre al minimo le trasferte in Italia e all’estero e le riunioni con numeri rilevanti di persone. Dirigenti e dipendenti si attenendono ai consigli e alle indicazioni diffuse dalle autorità competenti anche in termini di chiusure. È incentivato l’utilizzo di strumenti di comunicazione a distanza (video call), oltre chiaramente all’indicazione di attenersi scrupolosamente alle norme igieniche previste.

È stato detto che l’emergenza ha forti contraccolpi per le aziende che hanno dislocato la produzione in Cina e all’estero. Anche la logistica per molte è diventata una difficoltà. Da questo punto di vista ci sono problemi anche per il gruppo Teddy? “I nostri fornitori – risponde l’amministratore delegato - si trovano in diverse nazioni, anche per una migliore gestione del rischio. La Cina è importante per alcuni aspetti, quindi siamo già al lavoro da mesi per mettere in campo opzioni alternative. Dal punto di vista logistico, stiamo riscontrando alcune difficoltà, ma soprattutto legate alle zone rosse, per adesso. Inoltre, come detto, abbiamo ridotto al minimo le trasferte. Per fortuna, l’emergenza è capitata in un periodo in cui viaggi e trasferte non erano essenziali”.

In ogni caso è ancora presto per fare i conti, per verificare l’entità dei danni subiti dalle aziende. “Si, - conferma Bracci - in questo momento i danni non sono quantificabili. Speriamo di riuscire a tornare presto tutti alla normalità e per fortuna qualche segnale si vede, certe considerazioni degli esperti, l’attenuazione del provvedimento sui bar in Lombardia. Mi sembra di intravedere una grande desiderio di normalità. Ne abbiamo tutti bisogno”.

Se c’è un impatto facilmente verificabile a livello economico della paura da Coronavirus, è quello sul turismo. Disdette per congressi e gite scolastiche (che nel periodo che si apre avrebbero contribuito al fatturato di molti alberghi), prime disdette per la Pasqua, minori viaggi esteri in arrivo e in partenza, minore propensione a spostarsi. Quale sarà l’entità del danno, nessuno oggi lo può calcolare. Dipende da quanto dureranno la psicosi, il clima di incertezza, i provvedimenti restrittivi adottati dalle autorità. Già dalla giornata di ieri il sentiment dominante è la richiesta di un veloce ritorno alla “normalità”. “Quando si parla di impatto sul turismo – osserva Alberto Zambianchi, presidente della Camera di Commercio della Romagna – bisogna considerare non solo gli alberghi, che certamente sono i primi a soffrire per il minor movimento. C’è tutta una filiera che è andata in crisi. Penso ai ristoranti, ai bar, ai locali pubblici. Una crisi che di conseguenza arriva anche a toccare i fornitori degli esercizi ricettivi e della ristorazione”. A Rimini e su tutta la Riviera romagnola questo è drammaticamente vero. Gli operatori del settore sperano che il rapido ritorno alla normalità consenta di recuperare in parte la Pasqua e i mesi di maggio e giugno ricchi di eventi.

“Da presidente di un ente che gestisce le statistiche sull’economia – aggiunge Zambianchi – non posso che rilevare che una situazione del genere nel breve e medio periodo non può che generare una depressione generale dei consumi. A parte comportamenti irrazionali di chi va a fare incetta di prodotti alimentari nei supermercati, fenomeni passeggeri dettati dalla reazione incontrollata di fronte a certe informazioni che tendono all’allarmismo, i consumatori di fronte all’incertezza tenderanno a spendere di meno, a rimandare gli acquisti, a rinunciare a servizi che prima erano considerati indispensabili. Tutto genererà una depressione dei consumi che si aggiunge a un trend che già era poco virtuoso per via della crisi economica”.

Turismo, commercio, servizi sarebbero dunque i settori più colpiti. Ed il settore, ricorda Zambianchi, comprende anche le aziende di ristorazione e di commercio gestite da imprenditori cinesi, che probabilmente sono i più colpiti dalla psicosi. Ma nelle valutazioni sull’impatto economico della crisi da Coronavirus si fa spesso riferimento anche alle aziende industriali del settore manifatturiero. Questo è vero anche in Romagna che non è una “zona rossa” sottoposta a limitazioni più restrittive? “In una economia globalizzata come quella attuale, le incidenze sulla catena del valore sono immediate. Ci sono aziende, nel settore metalmeccanico, dell’automotive, dell’elettronica, del tessile, che ricevono componenti per i loro prodotti dalla Cina o da altri paesi esteri. Se il flusso di rifornimento si interrompe, le aziende vanno in crisi. Il settore manifatturiero che acquista all’estero materie prime o semilavorati, avrà delle ricadute. Se saranno costrette a rallentare la produzione, le conseguenze inevitabilmente si riverseranno anche sul personale”. Ma questo sta già accadendo o è un pericolo se l’attuale situazione di incertezza si protrarrà a lungo? “I primi segnali ci sono”, sostiene Zambianchi.

Nel riminese si ha notizie di importanti aziende che esportano in Cina che non sanno, al momento, se, quando le commesse saranno pronte, potranno tranquillamente spedirle o dovranno aspettare. Anche se, va rilevato, le quote di mercato cinesi non sono ancora rilevanti per le aziende locali. Se si dovesse verificare il temuto blocco della componentistica di produzione cinese, le aziende potrebbero rivolgersi al mercato italiano o ad altri mercati, con conseguente aumento di costi. Ci sarebbe comunque un danno.

Zambianchi mette in evidenza anche le difficoltà del settore agroalimentare. “Se i nostri produttori per poter continuare ad esportare il prosciutto, la piadina o il sangiovese, fossero costretti a dover ricorrere a certificazioni per dimostrare che con i loro prodotti non si corre alcun pericolo, andrebbero incontro ad un aumento di costi. Ecco perché dico che è necessario che da Roma, governo nazionale, e da Bologna, governo regionale, sia istituita una cabina di regia che fornisca messaggi veritieri e tranquillizzanti. L’allarmismo si sconfigge con una corretta informazione”.

La sottolineatura dei rischi per l’economia arriva da più parti. Oggi il presidente regionale della Confcooperative, Francesco Milza, ha diffuso una nota per sostenere che “da una prima stima abbiamo calcolato circa 10.000 posti di lavoro a rischio nelle nostre cooperative sociali, culturali e dello spettacolo, di logistica, trasporto merci e persone, facility management, ristorazione e agroalimentare”. In particolare Milza evidenzia che “sono oltre 5.000 i lavoratori attualmente a riposo per la chiusura di strutture che gestiscono servizi alla persona. Pur parlando di un servizio pubblico paragonabile alla sanità ed alla scuola statale, in questo caso i lavoratori non godono delle stesse tutele. Quindi educatori, assistenti sociali, insegnanti, operatori socio-sanitari, pedagogisti, psicologi, personale ausiliario, si trovano impossibilitati a lavorare e di conseguenza senza stipendio”.

Coronavirus, lavoro e impresa: pubblichiamo una riflessione di Alessandro Bracci, presidente della Compagnia delle Operedi Rimini, vice presidente nazionale e amministratoredelegato del gruppo Teddy.

Ovviamente non è il colera ma altrettanto ovviamente non è un raffreddore. Ovviamente non è tutto nella vita ma altrettanto ovviamente non è un dettaglio della vita. Parlo del Coronavirus e parlo del Lavoro, e li metto entrambi con la lettera maiuscola perché in questo momento non possiamo fare l’errore di trattare l’uno senza curarci dell’altro.

Questa emergenza è e sarà nei prossimi tempi un grande banco di prova. Sarà per noi imprenditori, liberi professionisti e per le persone che lavorano con noi come un grande esame di maturità, perché ci porterà ad affrontare in una volta sola tutte le materie: salute e sicurezza sul lavoro, risk management, comunicazione interna, strategie commerciali, pianificazione strategica, studio degli scenari, preparazione dei piani B, C e D e, infine, psicologia applicata e rudimenti di virologia. Insomma, in un colpo solo siamo chiamati ad esprimere al meglio le nostre capacità e a sviluppare in fretta nuove conoscenze. Questo è il Lavoro ai tempi del Coronavirus e, proprio come l’esame di maturità, è una occasione che ci fa paura ma al tempo stesso ci spinge oltre i nostri limiti. Come ne usciranno le nostre aziende non lo so (come non sapevo come sarei uscito alla maturità) ma certamente so che è una grande occasione per diventare persone migliori, imprenditori e liberi professionisti più capaci. So anche che dovrò studiare tanto, che dovrò farmi aiutare dai maestri che ho vicino, che dovrò cercare l’aiuto dei compagni di avventura e dovrò farmi “il mazzo”.

Quello che per adesso ho imparato è che una prova come questa mi costringe a non dare nulla per scontato. Innanzitutto ho scoperto infatti che non si può dare per scontato che i clienti ci siano (ed infatti in questi giorni sono spariti) e quindi quando torneranno dovrò essere ancora più grato della loro presenza e della loro preferenza.

Poi ho imparato che non bisogna dare per scontato che i colleghi ci siano, perché, in questo momento in cui emerge anche l’irrazionalità della paura, non è scontato che decidano liberamente di venire a lavorare.  Questo mi rende ancora più consapevole e grato del contributo che le nostre persone danno tutti i giorni alla costruzione delle nostre aziende.

Da ultimo, ho riscoperto che non bisogna dare per scontato che le nostre aziende stesse ci siano e che continueranno ad esserci nel futuro.  Proprio in questi giorni abbiamo l’occasione di riscoprire quanto siano rilevanti per il mondo i nostri tentativi di fare impresa, non solo per ciò che produciamo ma anche e soprattutto per la possibilità che abbiamo di farci compagnia gli uni gli altri per affrontare anche le grandi e piccole paure della vita.

Insomma, il Lavoro ai tempi del Coronavirus ci costringe a non dare per scontate le cose “normali” e ci aiuta tutti a diventare ancora più entusiasti per il grande dono della responsabilità che abbiamo ricevuto in qualità di imprenditori, liberi professionisti e collaboratori nelle nostre aziende.

Giusto per rimanere in tema di epidemie, il Manzoni, al personaggio di Don Abbondio che diceva che “Il coraggio uno non se lo può dare”, oppone la posizione del Cardinale Federigo Borromeo che gli dice: “Ma come non pensate che, se in codesto ministero, comunque vi ci siate messo, v’è necessario il coraggio per adempiere le vostre obbligazioni, c’è Chi ve lo darà infallibilmente, quando glielo chiediate?”. Il Lavoro al tempo del Coronavirus ci rimette di fronte al grande dono che sono le nostre aziende ed al compito che abbiamo nel guidarle. Il nostro coraggio si è momentaneamente messo in “auto-quarantena”?  Non c’è da scandalizzarsi!  Se è vero che “chi non ce l’ha non se lo può dare da solo”, è altrettanto vero che possiamo aiutarci tra di noi a (ri)trovarlo.  E soprattutto possiamo chiedere la grazia di ridarcelo a Chi lo può fare.

Alessandro Bracci

Messi nero su bianco i chiarimenti applicativi dell’Ordinanza emanata ieri dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e dal ministro della Salute, Roberto Speranza, per contrastare e contenere la diffusione delCoronavirus, che rimarrà in vigore in tutte le sue parti – a smentita di false notizie circolate sui social network - fino a domenica 1 marzo.

In particolare, nel testo che la Regione ha già inviato a tutte le Prefetture, voluto dal presidente Bonaccini accogliendo le sollecitazioni arrivate dai sindaci, si forniscono precisazioni sul punto (articolo 1, comma 2, lettera A) relativo a quali attività, iniziative e manifestazioni devono essere sospese, o quali al contrario possono continuare a svolgersi regolarmente.

Le manifestazioni pubbliche sospese

Sono da ritenere sospese tutte quelle manifestazioni e iniziative che, comportando l’afflusso di pubblico, esulano dall’ordinaria attività delle comunità locali; si fa riferimento ad eventi e manifestazioni di natura sportiva, culturale, sociale, economica e civica, laddove esulino dall’ordinario esercizio delle attività stesse. Vanno sospese

- manifestazioni, fiere e sagre, attrazioni e lunapark, concerti, eventi sportivi che prevedano la presenza di pubblico (campionati, tornei e competizioni di ogni categoria e di ogni disciplina);

- attività di spettacolo quali rappresentazioni teatrali, cinematografiche, musicali, ecc., ivi comprese le discoteche e le sale da ballo.

Le attività che proseguono

In via generale, non sono invece ricomprese in tali attività quelle che attengono all’ordinario svolgimento della pratica corsistica e amatoriale (corsi di varia natura e allenamenti sportivi). Si precisa che potranno dunque rimanere aperti:

-   i luoghi di svolgimento dell’attività corsistica ordinaria di vario tipo (es. centri linguistici, centri musicali e scuola guida);

- gli impianti sportivi (centri sportivi, palestre pubbliche e private, piscine pubbliche e private, campi da gioco, ecc.);

-  e in generale tutte le strutture quando le attività non prevedano aggregazione di pubblico (“porte chiuse”) o eccezionali concentrazioni di persone.

Sono escluse dalla sospensione anche:

tutte le attività economiche, agricole, produttive, commerciali, di servizio e ricettive, ivi compresi i pubblici esercizi e le mense, ad eccezione di quelle richiamate di pubblico spettacolo e degli eventi e manifestazioni promozionali (fiere, mercati straordinari, meeting e convegni, sfilate, ecc.) che pertanto saranno sospesi.

- Le attività corsistiche aziendali, laddove non comportino significative concentrazioni di persone.

 Le attività svolte da guide e accompagnatori turistici.

In via generale, non sono sospesi gli ordinari mercati settimanali.

Attività di preminente carattere sociale: quelle non sospese

Una particolare attenzione va prestata alle attività di preminente carattere sociale. Non possono essere pertanto ricomprese nella sospensione in via generale, attività di sostegno e supporto alle persone anziane e diversamente abili (es: servizi semiresidenziali e Centri diurni).

Non si intendono sospese le celebrazioni di matrimoni ed esequie civili e religiose, anche in linea con le disposizioni adottate dalle diocesi della regione.

Non possono essere inclusi nella sospensione, in via generale, neppure i Centri di aggregazione sociale (circoli ricreativi, centri sociali, centri giovani, centri anziani, orti urbani, ecc.) per la parte di ordinaria attività.

Corsi professionali e servizi per il lavoro

L’Ordinanza (alla lettera B dell’art.1 comma 2) prevede tra l’altro la chiusura dei corsi professionali. Risulta in tal senso sospesa l’erogazione delle attività di formazione rivolte ad un gruppo classe, mentre i servizi per il lavoro erogati in forma individuale (quali colloqui di orientamento) potranno svolgersi regolarmente.

Dalle Autorità territoriali possibili ulteriori prescrizioni

Resta facoltà delle autorità territorialmente competenti disporre ulteriori e specifiche prescrizioni, laddove necessarie in ragione di particolari esigenze delle comunità locali.

Il vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi ha inviato un messaggio ai fedeli sui comportamenti da tenere nell'emergenza Coronavirus. Sono norme che tengono conto dell'ordinanza ministeriale e delle indicazioni della conferenza episcopale. dell'Emilia Romagna.

1. Ci si attenga sempre a criteri di prudenza, evitando in ogni modo concentrazione di persone in spazi ristretti e per lungo tempo. Le chiese rimangano aperte al culto e alla preghiera individuale. 

2. Fino a nuova disposizione sono sospese le celebrazioni liturgiche con grande afflusso di fedeli. Entro giovedì prossimo daremo indicazioni in merito alle celebrazioni eucaristiche di domenica 1 Marzo. 

3. Le Messe feriali, se sono partecipate da pochi fedeli, si possono celebrare in spazi non troppo circoscritti. 

4. Il Mercoledì delle Ceneri, ove si preveda una partecipazione numerosa, la celebrazione è sospesa. Sarà possibile, per chi lo desidera, seguire la s. Messa celebrata dal Vescovo sul canale 91 di Icaro TV alle ore 18 e su RadioIcaro.

5. Per i funerali, qualora il numero dei partecipanti sia elevato, si suggerisce di non celebrare la s. Messa, ma di limitarsi alla liturgia della Parola con il rito delle esequie nella forma breve. 

6. Nella celebrazione eucaristica si ometta il segno della pace e si chieda ai fedeli di ricevere la s. Comunione sulla mano e non in bocca. 

7. Si tolga l’acqua benedetta dalle acquasantiere. 

8. La visita e la benedizione delle famiglie resta sospesa, fino a nuova indicazione. 

9. Sono inoltre sospesi gli incontri di catechismo e dei gruppi parrocchiali, le attività di oratorio e di dopo-scuola, nonché quelle sportive, teatrali, cinematografiche e ogni altro genere di aggregazione, fino a nuova disposizione. 

10. I servizi della Caritas diocesana sono chiusi fino a nuovo avviso. Previo accordo telefonico possono essere fissati colloqui strettamente necessari. 

11. Rimangono sospese fino a nuova indicazione le attività formative e culturali dell’ISSR e dei vari Uffici Pastorali, come pure l’incontro del Vescovo con i cresimandi e i loro genitori, previsto per il 1 marzo. 

12. Infine si tenga presente che la situazione è in continuo sviluppo; pertanto ci si riserva di aggiornare di volta in volta le indicazioni qui proposte. 

"Siamo tutti interessati - scrive il vescovo - ad affrontare con determinazione, senza panico né leggerezza, un frangente che ci chiede vigilanza e grande senso del bene comune. Sperimentiamo tutti la nostra debolezza e fragilità. Il momento, complesso e molto delicato, ci domanda risposte serie e coordinate, al fine di trovare le soluzioni più efficaci per tutti, con la massima attenzione, ma senza allarmismi. 

Ora più che mai siamo chiamati a comprendere il valore della prossimità e a dedicare margini più abbondanti ad una attenta riflessione e ad una preghiera più intensa. 

Sentiamo la vicinanza premurosa di Gesù, nostro amico premuroso e buon pastore, che non si è mai chiuso alle necessità e alle sofferenze dei fratelli. 

E ci affidiamo alla preghiera della Vergine Maria, Madre della Chiesa e di tutti noi, in particolare dei poveri, dei malati, e di quanti si stanno prodigando per il maggior bene possibile delle persone e della collettività. 

Vi ringrazio per la vostra preziosa attenzione e per la generosa collaborazione che vorrete prestare a queste indicazioni."

 

Pagina 43 di 64