Sabato, 24 Agosto 2019 10:01

24 agosto

Scuole con i nuovi presidi | Minimarket nel mirino | Denunciato per tre schiaffi

I 19 martiri di Algeria, beatificati l’8 dicembre scorso, potevano tutti andarsene, ed evitare così il martirio. Invece sono rimasti. Perché? Nel testamento, padre Christian de Chergé, priore del monastero trappista di Tibhirine, ha scritto: La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”. Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui”. Al Meeting ieri c’era padre Thomas Georgeon, postulatore dei martiri d’Algeria, che insieme a Javier Prades Lopez, rettore dell’Università San Damaso di Madrid, membro della commissione teologica internazionale che nei mesi scorsi ha pubblicato il documento sulla libertà religiosa come bene per tutti, è stato il protagonista dell’incontro su “Liberi di credere”.

Apparentemente la morte dei 19 martiri è stata una sconfitta: loro, che vivevano la loro fede come zelanti servitori di quel popolo, sono stati vittime del fanatismo. Eppure, ascoltando il commosso e semplice racconto di padre Georgeon, si capisce che la loro è stata una vittoria, provocata da una scelta di libertà. E si capisce ancora di più ciò che, in apertura dell’incontro, ha detto padre Prades e cioè che il primo modo per difendere la libertà religiosa è vivere pienamente la statura dell’umano, che è rapporto con il Mistero.

Quei martiri, ha sottolineto padre Georgeon, sono l’immagine di una chiesa che vive nella povertà, nella libertà e nella gratuità, che ha perso potere sociale e splendore, che vive solo per amore e servizio quotidiano a gente che non condivide la stessa fede. Così purificata, ha aggiunto, può essere ponte per un dialogo con l’Islam, consapevole di vivere una missione profetica, di creare clima e spazio per un dialogo con i musulmani, nella certezza che tutti siamo figli di Dio, opera delle sue mani, e che i figli di Dio si riconosceranno. È davvero un paradosso che da un’esperienza di martirio venga l’invito a creare clima e spazio per il dialogo. “È una chiesa e sono martiri dell’alterità, esprimono una vita totalmente votata a Cristo e al Vangelo, nel dono all’altro”.

Non è stato semplice incontrare l’altro in Algeria, specialmente nel decennio nero, quando la violenza e l’odio dominavano il paese. Una presenza che non ha avuto altra fonte che la croce di Cristo, che ha permesso di trasformare la morte in un dono fecondo di se stessi. Un altro martire, il vescovo Clavery, ha detto: “Siamo lì per il Messia crocifisso, non abbiamo potere ma siamo come al capezzale di un amico malato, al quale stringiamo la mano”.

Ed infine il punto centrale della testimonianza di padre Georgeon: “Questi martiri ci dicono che è assai difficile incontrare l’altro perché dobbiamo uscire dalla nostre zone di comodità e sicurezza. Possiamo essere ciechi di fronte a chi non è simile a noi, ma che è accanto a noi, perché spesso abbiamo paura. In questa cecità o ignoranza dell’altro, prima o poi l’altro si imporrà con la forza per essere riconosciuto nella sua differenza. Eppure l’altro ci è necessario, non posiamo vivere da soli, l’altro nella sua differenza è la condizione per rimanere vivi, perché non appena ci rinchiudiamo in noi stessi e con chi ci è simile, la morte ci aspetta. È l’altro nella sua differenza che ci tirerà fuori da noi stessi per farci vivere. È il rischio e il dramma delle minoranze”. Ma l’altro – ha insistito il monaco, - nella sua differenza, mi dice qualcosa sulla mia fede”. È davvero spiazzante e provocante la sfida che viene dai martiri algerini.

Nella libertà religiosa, aveva puntualizzato Prades all’inizio dell’incontro, presentando il documento sulla libertà religiosa, la posta in gioco è cosa è l’uomo, meglio ancora quell’ “Ed io chi sono?” di leopardiana memoria. Don Giussani aveva indicato nel rapporto con il Mistero la sorgente della libertà, ciò che permette all’uomo di non essere in balìa del potere. Non ci sarebbe la fisionomia del mio volto, non ci sarebbe il mio nome, senza questo rapporto con il Mistero. Tutti possono in qualche modo riconoscerlo, ma ancora più grave è la responsabilità dei cristiani che attraverso la grazia di un incontro sono arrivati ad averne consapevolezza. Ecco perché la prima battaglia per la libertà religiosa è vivere pienamente la statura dell’umano.

La seconda questione affronatata da Prades è la dimensione comunitaria dell’esperienza religiosa e il ruolo pubblico della fede. Nell’epoca post moderna è rimasta attuale la domanda sul ruolo pubblico della verità. E rimane da risolvere il nodo della falsa neutralità dello Stato di matrice liberale. La neutralità rispetto alla verità è spesso intesa come separazione dello Stato da ogni verità sostanziale, riducendo la funzione dello Stato solo a regole formali e di garanzia per tutti. Non si tratta di mettere in discussione le acquisizioni dello Stato di diritto, ma le nuove sfide di oggi (vedi per esempio il multiculturalismo e la presenza degli immigrati) pongono una domanda: è sufficiente che lo stato sia ridotto solo a regole formali e procedurali?

Per l’approfondimento, Prades ha rimandato alla lettura del testo. Senza però dimenticare un compito per ciascuno: se non si vuole essere parte del problema, piuttosto che la soluzione, il primo passo è vivere l’esperienza delle fede come esperienza di libertà.

Venerdì, 23 Agosto 2019 11:51

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Mercoledì, 21 Agosto 2019 09:42

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Lunedì, 19 Agosto 2019 09:24

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Meeting, la giornata inaugurale | Rubata cassaforte con gioielli | Ridateci la spiaggia libera

“Quarant'anni fa c'erano due Europe da conciliare e un muro da abbattere. Oggi c'è un'Europa da riguadagnare e tanti nuovi muri che si stanno costruendo”. Con una felice sintesi, il presidente della Fondazione Meeting Emilia Guarnieri, ieri, nel discorso inaugurale, ha ripercorso il cambiamento d'epoca che c'è stato dalla prima edizione del 1980 (su “La pace e i diritti dell'uomo”) a quella attuale, del quarantesimo, che si sta celebrando sul tema “Il tuo nome nacque da ciò che fissavi”. Dopo quarant'anni il Meeting c'è ancora: ha seguito un percorso a volte travagliato, ha probabilmente commesso errori, ma c'è.

Perché c'è ancora? Emilia Guarnieri lo ha spiegato ricordando come è nato. Il Meeting nasce 40 anni fa da un impeto di presenza e di testimonianza, su un'intuizione embrionale: che l'esperienza cristiana sia capace di illuminare, di valorizzare e di incontrare ogni aspetto e fattore della vicenda umana. Giussani pochi mesi dopo la prima edizione precisava che il Meeting era nato da un gruppo di adulti, appassionati alla vita e all'esperienza di fede incontrata, che hanno creato un luogo dove si incontra un soggetto, una persona, una umanità che ha qualcosa da dire.

Il fondatore di Cl aggiungeva che «Se non è espressione di questo, allora siamo finiti, anche se facciamo tante cose! Se facciamo tante cose, produciamo tutt’al più una resistenza, facciamo un vallo di resistenza all’onda di piena, una resistenza che viene inevitabilmente travolta».

Guarnieri ha sostenuto che “se il Meeting non è finito è perché non è venuta meno l'appartenenza al luogo dal quale siamo stati generati”. È andata al nocciolo, al punto, pur nell'ufficialità dell'incontro con il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, guadagnandosi un convinto applauso della platea.

Guarnieri ha quindi ricordato come l'amicizia a cui il nome della manifestazione richiama non è stato in questi anni un tema da convegno ma un'esperienza reale, una storia fra persone. Oggi non è più la storia e l'esperienza di chi lo ha iniziato ma di persone e popoli che sono diventati amici. “In questa settima questa esperienza e questa storia continueranno e nessuno sa cosa genereranno. Ogni Meeting è l'esito di una storia che c'è stata nei Meeting precedenti. Insomma ciò che è accaduto in questi anni non è stato l'espressione di un progetto ma è nato assecondando la realtà che ci veniva incontro”. Papa Francesco nel suo messaggio ha auspicato che il Meeting possa essere sempre un luogo ospitale, dove le persone possano fissare dei volti, facendo esperienza della propria inconfondibile identità. “Un luogo aperto e un luogo libero – ha concluso – è quello che vogliamo continuare a costruire e lo offriamo come luogo di incontro e dialogo a tuti gli uomini”.

È toccato quindi a Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione della Sussidiarietà, tracciare l'agenda dei temi al presidente Casellati. Vittadini è partito da alcune considerazioni amare: non è un gran momento per l'Italia, è come se il panorama un tempo ricco di una natura rigogliosa si stia desertificando. Gli italiani, che si distinguevano per essere un popolo pieno del gusto della vita, sono diventati, stando alle ricerche del Censis, un popolo di rancorosi e livorosi. Se un tempo c'era l'Italia di don Camillo e Peppone, che pur nelle diversità sapevano alla fin trovare un punto comune, adesso il diverso è diventato il male assoluto, nella vita personale e sociale.

Da dove ripartire? Serve un nuovo modo di conoscere, che non si riduca all’analisi, ma sappia guardare più a fondo la realtà, usare lo sguardo, stupirsi. Quello che le analisi economiche non possono cogliere, perché non è prevedibile, è la scintilla di fronte a situazioni concrete che genera la voglia e la capacità di andare avanti, di rischiare.

Rimane quindi centrale, secondo Vittadini, la questione educativa. Si tratta di tornare ad educare lo sguardo e questo non lo si fa da soli. Centrali sono i corpi intermedi: “Il cuore di questo Meeting sono fatti di vita nuova, è la documentazione della vita che rinasce dal basso”. Quindi ha elencato alcuni punti sui quali il Meeting attende risposte dalla politica: la libertà educativa, il lavoro (che si genera non con politiche assistenziali o stataliste e nemmeno con teorie come quella della decrescita felice), un welfare sussidiario, che valori l'apporto delle realtà non profit (che aspettano i decreti attuativi della legge approvata), la politica che deve essere capace di collaborare perchè in un Paese così slabbrato se non ci si mette insieme non ce la si fa.

Il presidente Casellati ha fornito alcune risposte: «Ciascuna persona – ha detto – è destinata a calarsi in una formazione sociale che lo educhi all’ascolto, al confronto e alla partecipazione attiva alla vita democratica. Formazioni sociali che oggi, purtroppo, sono attraversati da evidenti segnali di crisi: a maggior ragione, dunque, è importante rilanciarle». Famiglia e scuola le priorità: «L’inverno demografico che stiamo attraversando – ha precisato – è indice di una società incollata a un presente, incapace di esporsi a un futuro di crescita e di prosperità». Per questo, è importante investire sulla genitorialità con misure economiche, fiscali e organizzative «che favoriscano un equilibrio moderno e virtuoso tra vita familiare e lavorativa delle donne. Secondo alcuni studi, se la loro presenza nel mondo del lavoro raggiungesse almeno il 60 per cento si garantirebbe un aumento del pil pari a sette punti». In secondo luogo, un sistema scolastico che non funziona rappresenta l’altro fattore critico da affrontare: «Non c’è vera libertà – ha detto suscitando l’applauso della sala – senza la libertà di educazione: scuola pubblica e scuola paritaria devono esprimere finalmente un unico sistema teso allo sviluppo della persona. Il pluralismo scolastico è una vera ricchezza». Non è mancato un accenno al ruolo del terzo settore: «Il non profit rappresenta una risposta vivace e creativa a numerosi bisogni, oltre che prezioso bacino per nuove idee. Per questo è mia intenzione istituire un premio per valorizzare le realtà più innovative». Infine, un cenno su uno dei temi di questo Meeting: lo sviluppo sostenibile, inteso alla stregua della Laudato si’ di papa Francesco, citata più volte dalla Alberti Casellati. In definitiva: «Famiglia, istruzione, formazione, impresa lavoro, sviluppo sostenibile: bisogna ripartire da qui. La dimensione spontanea del dialogo da quarant’anni» ha concluso «permette al Meeting di costruire ponti, laddove prevarrebbero contrapposizioni ideologiche».

«Fu guardato e allora vide, se non fosse stato guardato, non avrebbe visto». Con queste parole di sant’Agostino papa Francesco nel suo messaggio legge il titolo del quarantesimo Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si inaugura domenica 18 agosto nella Fiera di Rimini con il titolo «Nacque il tuo nome da ciò che fissavi».

Uno sguardo che fa la differenza. «Come l’uomo può ritrovare sé stesso e la speranza?», scrive Francesco. «Non può farlo solo attraverso un ragionamento o una strategia. Ecco allora il segreto della vita, quello che ci fa uscire dall’anonimato: fissare lo sguardo sul volto di Gesù e acquistare familiarità con Lui. Guardare Gesù purifica la vista e ci prepara a guardare tutto con occhi nuovi».

Nel suo messaggio il Papa cita l’Innominato di Manzoni e gli episodi evangelici di Zaccheo e della Veronica, da cui la poesia di Karol Wojtyla che ha ispirato il titolo di questa edizione. «In un’epoca dove le persone sono spesso senza volto, figure anonime perché non hanno nessuno su cui posare gli occhi, la poesia di San Giovanni Paolo II ci ricorda che noi esistiamo in quanto siamo in relazione», scrive papa Francesco, auspicando infine che il Meeting «sia sempre un luogo ospitale, in cui le persone possano “fissare dei volti”, facendo esperienza della propria inconfondibile identità. È il modo più bello per festeggiare questo anniversario».

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio sottolinea che il Meeting è «una preziosa occasione di incontro, di scambio di esperienze e di crescita culturale» e legge il titolo di questa edizione come «una riflessione sull’umanità dell’uomo, sulla relazione necessaria con l’altro, sul formarsi della comunità, sul dialogo incessante tra la fede personale e la storia». Secondo il presidente Mattarella «è necessario affrontare il nuovo con coraggio, senza nostalgie paralizzanti, conservando sempre spirito critico e apertura a chi ci è prossimo. Ripartire dalla persona è un percorso di crescita e di liberazione a cui siamo continuamente richiamati».

Il Meeting per l’amicizia fra i popoli è il più grande festival culturale estivo europeo e si svolge da 40 anni a Rimini. Vanta 800mila presenze agli eventi e quest’anno proporrà 179 incontri, con 625 relatori, 25 spettacoli, 20 mostre, 35 manifestazioni sportive e ampi spazi per bambini e ragazzi. Ogni anno al Meeting lavorano come volontari oltre tremila persone.

Passando al programma, domenica 18 agosto l’incontro inaugurale della XL edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli vedrà la presenza della seconda carica dello Stato: il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il giorno seguente l’approfondimento sul tema del Meeting “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi” sarà svolto da Guadalupe Arbona Abascal, docente di Letteratura spagnola e di Letteratura comparata e scrittura creativa all’Università Complutense di Madrid. Domenica 18 e lunedì 19 saranno anche i giorni in cui andrà in scena “Midnight Barabba”, spettacolo inaugurale del Meeting, nel Teatro Galli di Rimini, riportato di recente al suo antico splendore.

Dopo l’esordio dell’anno scorso, anche quest’anno torneranno le grandi aree tematiche, dedicate a sussidiarietà e lavoro, ai temi della polis e alla salute, più una nuova area internazionale in cui si presenteranno esperienze di cooperazione e sviluppo da tutto il mondo.

Rilevantissimo il filone del dialogo tra esperienze e culture. Tornerà al Meeting il segretario della Lega Musulmana mondiale Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, che si confronterà con il politologo Oliver Roy. A Rimini ci saranno anche le massime autorità religiose – cristiane e musulmane – di Aleppo. Una grande mostra avrà a tema l’incontro, di cui si celebra l’ottavo centenario, tra san Francesco e il sultano al-Malik al-Kamil: a questo tema saranno dedicati anche un incontro, a cui interverrà il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, e uno spettacolo con Mirna Kassis e Valeria Collina. Sarà presente anche la Scuola fiorentina di alta formazione per il dialogo interreligioso e interculturale, diretta da rav Joseph Levi, con un incontro sul tema “Dalla tolleranza alla stima”.

Grazie alla collaborazione del nuovo partner Master Group Sport, sono attesi grandi nomi e grandi dibattiti (oltre a tanta attività fisica su 13mila mq di spazio) sul tema dello sport. Il nome di punta è quello di Javier Zanetti, ma i protagonisti dello sport praticato e raccontato saranno moltissimi, da Valentina Vezzali a Moreno Torricelli, da Alex Schwazer a Mauro Bergamasco, da Gianni Maddaloni a Beppe Bergomi e Arrigo Sacchi, fino al presidente del Milan Paolo Scaroni.

Rilevante anche la presenza delle istituzioni. Oltre alla già citata presidente del Senato Alberti Casellati, il tradizionale incontro dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Giancarlo Giorgetti, Graziano Delrio, Mariastella Gelmini, Massimiliano Romeo, Roberto Speranza, Gabriele Toccafondi e Maurizio Lupi, mentre in altri contesti interverranno Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle Finanze, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, il viceministro agli Esteri Emanuela Claudia Del Re così come il presidente Consob Paolo Savona.

Sul versante ecclesiale poi, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, dialogherà con i giovani sul tema “Non fatevi rubare i sogni, sono il futuro”, mentre Arturo Sosa Abascal, preposito generale della Compagnia di Gesù, ci dirà cosa significa “Guardare il mondo con gli occhi di Francesco”.

Di scienza si tratterà nello spazio Cdo Innovation dedicato all’Intelligenza artificiale, con personaggi quali Paolo Benanti, Mark O’Connell, autore di “Essere una macchina”, Oscar Di Montigny e il presidente IBM Italia Enrico Cereda, ma anche, a cura di Euresis e Camplus, proporranno lo Spazio Brain, dedicato al tema del cervello, mentre con Roberto Battiston e l’astronauta Paolo Nespoli ricorderemo i 50 anni del primo uomo sulla luna.

Infine, come un fiume carsico che attraversa la Fiera, le testimonianze: dal Venezuela, dal carcere (anche quello minorile di Nisida), dalle ong impegnate in Africa, dai Centri di Aiuto alla Vita. Particolarmente drammatiche e toccanti si annunciano quelle dell’incontro “Il mistero del dolore innocente: non una spiegazione, ma una presenza”, con cui vogliamo dare il nostro contributo al dibattito sui temi della dignità della vita anche più fragile.

 

Districarsi nel programma del Meeting (apre domenica in Fiera sul tema “Nacque il tuo none da ciò che fissavi”) è diventato sempre di più un'impresa. Basta un dato per capirlo: 180 incontri in sette giorni. Ed anche con le mostre non si scherza: una ventina. Come orientarsi in questa vastità? Giriamo la domanda ad Emanuele Forlani, 45 anni, dal dicembre scorso direttore del Meeting.

“Il criterio per orientarsi è semplice. Seguendo i propri interessi e i propri gusti. D'altra parte il programma del Meeting nasce proprio così: alcune persone che propongono incontri e temi partendo dai loro interessi e dal loro rapporto con la realtà. Ci sono comunque alcune parole chiave attorno cui è costruito il programma: intelligenza artificiale e cervello umano, lavoro e sussidiarietà. vita nelle città, cooperazione internazionale, salute, dialogo con l'Islam, sport, arte. Ci sono poi tre grandi temi attorno a cui sono costruiti molti incontri: libertà, diritti, democrazia”.

Le parole chiave citate corrispondono in larga parte con le aree Meeting allestite nei padiglioni della Fiera. Cosa succede in queste aree?

“A molte delle parole chiave prima citate abbiamo dedicato un intero padiglione. All'interno si possono trovare mostre che documentano il tema, si svolgono incontri, si allestiscono spettacoli. Per esempio nell'area salute, oltre a convegni di approfondimento, ci saranno alcune mostre: su un medico giapponese a Nagasaki prima e dopo la bomba atomica, Takashi Paolo Nagai, sull'Istituto degli Innocenti di Firenze nei 600 anni dalla fondazione, sullo Ior, l'Istituto oncologico romagnolo che celebra i propri 40 anni, ed anche la mostra fotografica di su Tony Vaccaro. Nell'area Internazionale, come vuole il nome, lo sguardo è rivolto al mondo. Qui trova posto la mostra Francesco e il Sultano che ricorda lo straordinario incontro di 800 anni fa fra il santo e Malek el-Kamel, la mostra su Vaclav Havel, leader del dissenso e poi presidente della Repubblica Ceca, la mostra dello IORWD, una sorta di Ong musulmana che si occupa di aiuti umanitari e che illustra i progetti su cui sta lavorando. Il dialogo con il mondo musulmano continua in questo Meeting con la presenza di Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, Segretario Generale della Lega Musulmana Mondiale, che ritorna per la seconda volta. Il Meeting si inserisce nella scia di dialogo avviata dal cardinal Tauran, recentemente scomparso, e dallo stesso papa Francesco, che pure hanno incontrato Al-Issa”.

I grandi temi della libertà, dei diritti e della democrazia come saranno trattati?

“Ci sarà almeno un incontro al giorno con personaggi sia delle istituzioni che studiosi come Luciano Violante, Marta Cartabia, Joseph Weiler. Mi piace ricordare l'incontro con Pavel Fischer, Presidente della Commissione Esteri del Senato della Repubblica Ceca, che è stato uno stretto collaboratore di Havel, che interverrà insieme allo scrittore di Civiltà Cattolica, Francesco Occhetta. In questo ciclo saranno affrontati tutti i temi di estrema attualità, compreso quello delle autonomia regionali, con la partecipazione di numerosi presidenti di regione”.

Se dovessimo invece fare un percorso per nomi, quai sono le persone che vale la pena venire ad ascoltare al Meeting?

“Innanzitutto una figura straordinaria, poco conosciuta in Italia, ovvero il critico letterario spagnolo Guadalupe Arbona Abascal, che il 19 agosto alle 15 proporrà un importante approfondimento sul tema del Meeting. Ci sono inoltre importanti personalità della Chiesa: dal cardinale Bassetti, presidente della Cei, a monsignor Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, dal nunzio apostolico in Giordania e Iraq al vicario apostolico di Aleppo. Sono persone che porteranno al Meeting il loro sguardo sulle situazioni in cui sono immersi e nello stesso tempo daranno un contributo al tema, cioè come si costruisce l'identità. In generale possono suggerire di tenere d'occhio gli incontri delle ore 15 che sono quelli che più direttamente svolgono il tema del Meeting. Il 20 agosto insieme ad Al.Issa, ci sarà un importante studioso come Olivier Roy. Mercoledì 21 agosto ci sarà il già citato monsignor Gallagher a parlare di Europa insieme all'ex presidente del Consiglio Enrico Letta. Venerdì è previsto l'incontro con George Abou Khazen, Vicario Apostolico di Aleppo. Venerdì l'incontro su “liberi di credere” con Thomas Georgeon, Postulatore dei martiri d’Algeria, e Javier Prades Lopez, Rettore Università San Damaso di Madrid. Ed infine sabato l'incontro con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Chi è appassionato di sport potrà incontrare molti volti dello sport, fra cui Zanetti e Sacchi, ed anche personaggi come l'astronauta italiano Paolo Nespoli, nell'incontro che ricorda i 50 anni dallo sbarco sulla Luna.”

E fra le mostre cosa scegliere?

“Qui esprimo le mie personali preferenze. Certamente quella su Francesco e il Sultano. Non perderei quella su Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese morta ad Auschwitz, dove si documenta il suo straordinario itinerario alla scoperta di Dio. Ed infine la mostra “Bolle, pionieri e la ragazza di Hong Kong”, proposta da alcuni americani che racconta il rischio di fuggire dalla realtà rifugiandosi in una bolla sicura”.

Anche quest'anno al Meeting non manca la politica, ma forse è la prima volta che la manifestazione si svolge jn presenza di crisi di governo, anche se ancora non ufficializzata.

“In Italia si è votato in autunno solo nel 1919, quindi è escluso che ci sia stata un'edizione del Meeting in presenza di una crisi di governo. Come tutti, aspettiamo di capire, anche perché la situazione evolve di ora in ora. Noi non abbiamo mai avuto problemi di schieramenti, abbiamo invitato i rappresentati istituzionali in carica nel momento in cui si fa il Meeting. Poiché giudizio e schieramento non sono la stessa cosa, ciò non ci ha mai impedito di esprimere un giudizio sulle cose che accadono. Credo comunque che le persone invitate possano dare il loro valido contributo, a prescindere se in quel momento siano esponenti di un governo in carica o di un governo dimissionario. Abbiamo invitato Moavero e Tria, che sono persone esperte e competenti a prescindere dal fatto che facciano o meno parte del governo pro-tempore”.

 

Buon ferragosto, Rimini! Anche se quasi tutti sono intenti a dichiarare che non c'è più il ferragosto di una volta, godiamocela questa giornata che appartiene al nostro Dna di terra ospitale, che rappresenta lo spartiacque dell'estate (prima e dopo), che rappresenta una sorta di cartina tornasole di ogni fenomeno (c'è più gente che a ferragosto..), che rappresenta l'obiettivo verso cui per mesi marcia compatta la macchina turistica.

Godiamocela questa giornata perché in questo 2019 rappresenta la fotografia di chi siamo, cioè riflette come uno specchio tutte le nostre contraddizioni, immersi come siamo fra la nostalgia di una grandeur ormai archiviata ed il desiderio di sopravvivere e adeguarsi ai tempi che cambiano.

Basta leggere i giornali di oggi. Le cronache ci informano che mille uomini in divisa sono pronti a vigilare perché il supremo rito dell'estate si svolga nella massima sicurezza. Manco fosse annunciato a Rimini un raduno dei black bloc. Non ci avevano spiegato, nei giorni scorsi, che le spiagge sono vuote, che un po' di camere resteranno libere, che commercianti e ristoratori sono in rosso, che il meteo (e le subdole e complottiste previsioni) hanno rovinato l'estate? Ancora oggi gli albergatori confermano che ci sono camere invendute. Poca roba, per la vestale del turisticamente corretto, Patrizia Rinaldis, presidente degli albergatori di Rimini. Mentre il suo collega di Riccione, Bruno Bianchini, taglia corto: “L'anno scorso avevamo un pienone che quest'anno non c'è”. Anche sul ferragosto che non è più quello di una volta si consuma l'eterna diversità di vedute fra Rimini e Riccione. Evviva, ora siamo più sereni. Un altro riccionese, Cesare Ciavatta, di Promhotels, si pone una domanda: “Mi chiedo come faccia a venire al mare quel 30 per cento di giovani senza lavoro. Un altro segmento che manca, e che riempiva questo contenitore, era il divertimentificio, giusto o sbagliato che fosse, portava molta gioventù che ora per tanti motivi resta a casa”. Per una spiegazione citofonare contemporaneamente agli ex locali del Marano e in Municipio, siamo certi che Ciavatta avrà una risposta.

Per Riccione verrebbe da dire: meno male che non c'è il pienone. Altrimenti chissà quanti turisti fuggirebbero puzzolenti di sudore dalla Perla verde perché impossibilitati a fare una doccia. Le cronache informano che la scarsa pressione degli impianti rende difficile l'arrivo dell'acqua nei piani alti degli hotel. Se va avanti così, fra un po' ascolteremo telefonate di questo tenore: “Voglio una camera per la settimana ferragosto, ma al primo piano, mi raccomando!”. Bella la Riviera: a Riccione sanno parlarsi addosso come nessun altro, e non riescono a garantire l'acqua corrente al quinto piano.

Spiagge vuote, avevano sentenziato qualche giorno fa i bagnini. Eppure, ci informa il Carlino, alcuni bagnini sono stati multati perché hanno piantato più ombrelloni del consentito. La chiamano la guerra delle ombre. Come tutte le guerre, rileva un aspetto alquanto irrazionale: se le spiagge sono vuote, che senso ha piantare più ombrelloni destinati a rimanere chiusi? È la Riviera delle contraddizioni, bellezza!

In questo Ferragosto 2019, con spiagge vuote, hotel mezzi pieni e uomini in divisa dappertutto, scopriamo, si fa per dire, che ancora troppa economia turistica si regge sull'evasione fiscale. Il Corriere Romagna informa di alcuni controlli della Guardia di Finanza nella prima parte dell'estate: 34 su 41 stabilimenti balneari non emettevano scontrini fiscali, 71 su 96 strutture ricettive multate per lo stesso problema. Per i bagnini si intuisce il motivo: alcuni erano troppo impegnati a piantare ombrelloni, altri a contarli e a fare gli esposti alla polizia municipale.

Ma questa Riviera, così piena di contraddizioni, non ha eguali in Italia e nel mondo. Chi, visitando località amene ma turisticamente poco sviluppate, non si è sentito dire: “Ci vorrebbero dei riminesi qui!”.

La Riviera oggi ha però trovato la sua paladina che lancia in resta è partita contro chi ha osato diffamare la categoria degli albergatori sui social. È sempre lei, la signora Rinaldis, che ha deciso di denunciare il commentatore su Facebook che ha definito “porci, arraffoni e fannulloni” chi vuole lavorare tre mesi per vivere bene tutto l'anno.

In attesa che la giustizia faccia il suo corso e restituisca l'onore ai nostri albergatori, godiamoci questo ferragosto 2019 che mette a nudo difetti e virtù della nostra Riviera. Ciò che eravamo e ciò che siamo. Ciò che saremo, è difficile prevederlo con certezza. Buon ferragosto!

Nel turismo il mese di luglio è andato male. A confermare le percezioni degli operatori arrivano oggi le prime stime dell'Osservatorio turistico regionale, promosso da Regione e Unioncamere. Secondo questi primi dati, che non sono quelli ufficiai Istat, nel mese di luglio c'è stato un calo del 3,9% di arrivi, e del 2,8% di presenze. Questa stima si riferisce a tutta la Riviera, dai lidi ferraresi a Cattolica. Per sapere, dati alla mano, come è andata nella provincia di Rimini bisogna attendere i dati Iast che verosimilmente saranno pronti a fine mese.

Se si fa un bilancio del periodo maggio-luglio, risulta un calo del -2,5% negli arrivi e del -2,1% nelle presenze, maggiore per il turismo nazionale (arrivi -3,4%, presenze -2,7%), molto più contenuto per quello estero (arrivi +0,7%, presenze -0,4%). 

Cosa ha influito su questa stagione critica? La nota della Regione cita due fattori. Il primo è la ripresa di alcuni mercati – come quello turco e greco – che grazie a politiche di prezzo eccessivamente aggressive possono risultare più appetibili. Si potrebbe aggiungere che oltre al prezzo, ha influito anche il calo dell'allarme terrorismo, che ha rilanciato molte destinazioni del Mediterraneo.

L'altro fattore è il meteo, particolarmente inclemente nel mese di maggio tanto da provocare una diminuzione del 6,2% di arrivi e del 12,3% di presenze. Anche in luglio, secondo la Regione, il meteo, o meglio le previsioni, hanno avuto un influsso negativo. Si parla di un andamento meteo altalenante con previsioni spesso troppo anticipate, in particolare per i week-end di luglio, corrette spesso sotto data e che hanno però compromesso il movimento - e il giro d’affari - in numerosi fine settimana.

Ma la Regione ha fatto anche il confronto fra giornate di sole e pioggia nel 2018 e nel 2019. Facendo i conti, si scopre che rispetto all'anno scorso nel periodo maggio-luglio abbiamo avuto due giornate in più di cielo nuvoloso e tre giornate in più di pioggia. Sufficienti per provocare un consistente calo di presenze? Il dibattito è aperto e le opinioni sono diverse.

Anche i dati sul traffico nei caselli autostradali conferma un'estate in sofferenza. Nel trimestre maggio-luglio si è avuta una evidente flessione: maggio -2,7, giugno -0,2% e luglio -1,6%. Si distingue il casello di Riccione che è in controtendenza: +1,7%.

Volendo fare un bilancio complessivo dei primi sette mesi dell'anno la Regione informa che in Riviera il bilancio è di +0,5% di arrivi e di -0,1% di presenze. Una sorta di pari e patta rispetto al 2018, che però nasconde l'andamento negativo dell'estate. Probabilmente sono alla pari gli esercizi annuali (che contano anche sul fieristico e sul congressuale) mentre sono maggiormente in crisi gli stagionali.

Vedremo come andrà agosto. La prima parte del mese non molto bene, sulla seconda, secondo la Regione, c'è da essere ottimisti.

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