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Nomadi, Frisoni risponde alla Lega con l'insegnamento di don Oreste

Giovedì, 15 Febbraio 2018

(Rimini) Il consigliere comunale di Patto civico Rimini, Davide Frisoni, risponde alle dichiarazioni elettorali della Lega sulla chiusura del campo nomadi di via Islanda a Rimini, attraverso la creazione di microaree sparse in diversi quartieri. Lo fa, ad un certo punto, guandando alla sua storia di ragazzo e all’ esperienza della Grotta Rossa, il quartiere di don Oreste Benzi.

“Sul campo nomadi la Lega riprova ad alzare l'odiens in occasione delle elezioni che li sta vedendo praticamente assenti, spianati su posizioni nazionaliste (ma non erano federalisti?) che nulla hanno a che fare col territorio”, fa notare Frisoni. “Senza mai contribuire ad una soluzione, la Lega rispolvera all’occorrenza le solite frasi fatte, “prima i riminesi” che fa il verso a “prima gli italiani”, senza rendersi conto che molte di queste persone di cui si parla sono proprio riminesi e italiani. Non dicono mai: lavoriamo affinché si trovi una soluzione più condivisa possibile”, sottolinea Frisoni.
Dalla Lega, “sono contro a prescindere. Mai (e dico mai) una idea, una proposta. Questa è la politica che non serve a nessuno tanto meno a Rimini anzi, è quella politica pericolosa, populista ed estremista”.
Per Frisoni, “non si tratta di mettere prima o dopo le persone, i residenti, gli italiani, le etnie o gli immigrati. Il punto è che serve trovare soluzioni a tutto e per tutti. Sollevare polveroni inutili e dannosi per la civile convivenza, crea attriti la dove potrebbe esserci convivialità".

Entrando nel merito del piano dell’amministrazione, “è chiaro a chiunque che non è con la sola soluzione di casette monofamiliari che si crea l’integrazione, non siamo mica degli “ottusi” (come sottolinea Zoccarato che come tradizione offende). Ma sicuramente fomentare un clima di odio e sospetto attorno ad una famiglia che andrà ad abitare in un quartiere, esasperando gli animi e le paure delle persone, non aiuterà di certo una possibile integrazione”.
E’ l’esperienza che lo dice. “Guardate, sono cresciuto alla Grottarossa e ricordo bene i commenti e le (giuste) preoccupazioni dei residenti quando don Oreste accoglieva tossico dipendenti e prostitute. Ma il Don invitava tutti a condividere pezzi di strada con lui, ci portava a visitare gli anziani rimasti soli, disabili allettati, ci chiedeva di invitare a casa a pranzo gli immigrati e tante altre ‘buone azioni’ che hanno formato me ed una generazione di cittadini”.
Non era semplice. “Ammetto che era faticoso, difficile e molto lontano dalla mia sensibilità, ma molto formativo. Insegnava a non aver paura della realtà e ti educava a trovare una chiave di lettura che permetteva di cercare soluzioni ai problemi. Queste cose ti rimangono dentro e tornano fuori quando la vita diventa complicata. Non è una questione di fede ma di realismo. Fare politica (che vuol dire far crescere bene la città) ha a che fare con questo. Servono chiavi di lettura sempre diverse perché ogni problema è diverso. Fare confusione, cercare soluzioni facili, urlare e fomentare odio non portano a nulla anzi, portano all’oblio".

E, infine, un messaggio agli avversari. “Carissimi Zoccarato e Raffaelli (che parla di cose di cui ha solo sentito parlare), qui nessuno nasconde niente. Qui si tratta di trovare una soluzione ad un problema centenario che non si risolve con proclami, urli e annunci sul web. La vita reale è molto più complicata, così come le soluzioni. Ma noi ci stiamo lavorando seriamente, mentre altri continuano a urlare contro. Vorrei ricordare loro un antico proverbio millenario e sempre attuale: chi semina vento, raccoglie tempesta”.


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Rimini by @lisaram, foto vincitrice del 15 febbraio

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