A Rimini ci sono in prima linea due Hotel, il Lungomare e l’Artis, dove nello stesso immobile convivono alcuni piani di appartamenti e un albergo. Ma non si chiamano Condhotel. Perché? Ride alla domanda Aureliano Bonini, di Trademark Italia, esperto di turismo decisamente contrario allo “stravolgimento” dell’idea di condhotel così come è stata recepita dalla legge italiana. “Immagino – risponde - che non si chiamino Condhotel perché non lo sono. Sono appartamenti residenziali dei quali i titolari hanno la piena proprietà. Hanno usufruito di una vecchia legge che era stata usata anche da alcune strutture di viale Trieste e viale Cormons, che poi mi risulta abbiano chiuso l’attività alberghiera. I Condhotel sono un’altra cosa ed è bene fare chiarezza. Con la legge che è stata approvata avremo strutture, metà albergo e metà condominio, dove quando il cliente arriva in camera potrà scoprire che il suo vicino sta cuocendo la verza con la porta aperta per fare girare l’aria e che nel corridoio del piano di sotto si organizzano barbecue party e spaghettate”. A Bonini piace usare immagine colorite per spiegare come l’idea di condhotel che si è fatta strada non sia quella giusta.
Proviamo allora a spiegare cosa dovrebbe essere un autentico condhotel. “L’idea – afferma Bonini – nasce in Riviera per rispondere a problemi come quelli del Savioli di Riccione per il quale una ristrutturazione a albergo di qualità ha costi enormi, con l’esigenza di finanziamenti altrettanto consistenti. Allora una via di uscita può essere il Condhotel, una parte dell’immobile viene destinata a appartamenti di lusso, da vendere a 12 mila euro al metro quadro a clienti ricchi, russi ed arabi. La consistenza della struttura è tale che rimane un congruo numero di camere per l’Hotel, che può organizzarsi con servizi di qualità, quali ad esempio due ristoranti diversi fra loro. Perché il cliente tipico del condhotel non è quello che cucina in appartamento ma va al ristornate tutti i giorni. Ci saranno in Italia trenta, quaranta strutture alberghiere che possono aspirare a diventare condhotel perché sono a cinque stelle, in posizione di prestigio. Arrivata a Roma questa idea di condhotel è stata stravolta dalla politica e dalle pressioni delle associazioni degli albergatori che hanno voluto che questa possibilità fosse per tutti”.
In effetti, a parte le riserve del Comune di Rimini che teme speculazioni immobiliare e impoverimento della rete ricettiva, c’è molto entusiasmo per questa legge, la Regione Emilia Romagna ha annunciata entro l’estate varerà il proprio regolamento. “La legge prevede che possa essere destinata ad appartamenti il 40 per cento della superficie delle camere. La maggior parte delle strutture ricettive della Riviera ha un numero limitato di camere, se si toglie il 40 per cento cosa resta? Può funzionare un albergo con dieci, venti camere? Dopo qualche tempo, anche prima del limite dei dieci anni, sarà inevitabilmente chiuso. Inoltre saranno hotel che per forza di cose fanno solo bed and breakfast, l’albergatore nel mese invernale diventa il semplice custode della struttura. Se gli alberghi vengono trasformati in squallidi condomini, nei quali i proprietari vanno ad abitare, dove giustamente lavano e stendono i panni sul balcone, o se piove, nel corridoio... dell’hotel, l’albergo a cosa serve ancora? Può anche chiudere. In queste condizioni, ai condomini non servono i servizi alberghieri, non serve il ristorante, non serve neanche la pulizia. Aggiungo una cosa: i nostri alberghi sono nella stragrande maggioranza stagionali, mentre l’idea di condhotel presuppone una struttura alberghiera aperta tutto l’anno”.
Eppure l’idea di poter vendere il 40 per cento delle proprie camere come appartamenti affascina e tenta molto gli albergatori. “Ma i condhotel – insiste Bonini – sono un’altra cosa. Hanno senso per hotel di lusso, dove si realizzano appartamenti che hanno quattro letti in due camere distinte, dove chi li compra esige servizi di qualità, vuole andare al ristorante in hotel potendo scegliere fra un gourmet e un altro comunque caratterizzato. Il condhotel non può essere ridotto al “buco” al mare dove andare a trascorrere le vacanze”.
Se c’è entusiasmo, è perché viene vista come una possibilità di riqualificare strutture alberghiere che altrimenti non riescono a stare più sul mercato. Si guarda alla possibilità di reinvestire nell’hotel ciò che entra vendendo gli appartamenti. “Se gli albergatori continuano a gestire le loro strutture, significa che al di là delle loro dichiarazioni dei redditi da 8.700 euro all’anno, ci guadagnano. L’anno scorso hanno avuto una stagione splendida. Se con 59 giorni di lavoro all’anno riescono a mantenersi, possono continuare a farlo”.