La banca di comunità è un tema caro al professor Stefano Zamagni. Vi ha dedicato un libro che raccoglie saggi e interventi sull’argomento, ne ha parlato anche in un recente convegno organizzato dalla Banca di Rimini, che fa parte della galassia del credito cooperativo.
Ma cosa si intende? “C’è una banca di comunità – spiega il professore – quando un istituto ha come mission principale della propria attività lo sviluppo della comunità locale. Quindi è una banca che opera in un determinato territorio, in questo luogo vi compie tutte le operazioni tipiche della banca, ricavandone un valore che poi viene reinvestito nel territorio. Non va a investire da un’altra parte i soldi che ha ricavato dal territorio”.
Sono comunque banche che mirano a produrre utili? “La banca del territorio – questa la seconda caratteristica - non ha come obiettivo principale l’estrazione del profitto. Quindi è diversa dalle altre. Utilizza i guadagni della propria attività per finanziare opere di utilità sociale per il territorio di cui è espressione. C’è infine una terza caratteristica fondamentale che è una governance di tipo democratico. Negli organismi di governo i soggetti sono scelti con una procedura democratica, cercando di coinvolgere i vari portatori di interessi del territorio. Non cono soggetti nominati o cooptati dall’alto. Questa caratteristica è esaltata nelle banche di credito cooperativo dove un azionista vale un voto”.
Ma esistono ancora oggi banche con queste caratteristiche? “Certamente – risponde Zamagni - lo erano le Casse di Risparmio, che ormai non esistono più così come erano nate e pensate nell’Ottocento. Anche le Banche popolari sono nate come banche della comunità e in parte lo sono ancora. Senza la Popolare di Sondrio, la Valtellina sarebbe, per così dire, alla fame. E anche le banche di credito cooperativo rispondono a questo identikit”.
Fra le Casse di Risparmio che sono “sparite” c’è anche quella di Rimini. I nuovi proprietari si sono comunque dilungati a spiegare che la banca conserverà sempre un rapporto privilegiato con il territorio. “Non bisogna giocare con le parole. – osserva Zamagni – Dire che una banca conserverà un rapporto non significa che è un istituto di credito basato sul territorio. Se, per ipotesi teorica, il territorio di Rimini non dovesse più in futuro garantire business, la banca non ci penserebbe molto a lasciare. La banca del territorio, invece, è come il capitano della nave: se affonda, non la lascia mai e affonda con essa”.
Ma nell’attuale mondo globalizzato con i meccanismi che regolano il mondo della finanza, può sussistere una banca così come lei la disegna? “Il problema in realtà è un altro. I territori esistono, le comunità locali esistono. In Italia, poi, gran parte della popolazione non vive nelle grandi città, ma nei paesi, nelle campagne, in cittadine di piccole dimensioni. Chi sostiene che le banche della comunità non hanno futuro, pensa all’America. Ma da noi la situazione è diversa, chi vive in Valmarecchia, per fare un esempio, avrà sempre bisogno di una banca che sia espressione di quel territorio. La globalizzazione valorizza lo sviluppo locale, non lo delegittima. Dicevo che il problema è un altro e sa qual è?”
Lo dica.
“La verità è che nel futuro spariranno le banche tradizionali. Le nuove piattaforme tecnologiche saranno il luogo dove avvengono le transizioni finanziarie. Quindi le banche tradizionali ne soffriranno. Certo continueranno ad esistere le grandi banche che hanno obiettivi speculativi, ma quelle tradizionali avranno notevoli problemi. In questo contesto continueranno ad avere un senso le banche di comunità”.