La chiesa medievale di Santa Maria in Porto Fuori a Ravenna fu distrutta da un bombardamento aereo alleato il 5 novembre 1944. La squadriglia americana aveva l’obiettivo di distruggere alcuni edifici collocati vicino alla chiesa e, forse, lo stesso campanile che con la sua altezza costituiva un punto di osservazione particolarmente efficace e molto vicino al fronte.
Probabilmente è ad essa che si riferiscono le parole di San Pier Damiani nel Paradiso di Dante riguardo alla casa di Nostra Donna in sul lito adriano (Paradiso XXI), dove la Nostra Donna è la Madonna greca, patrona di Ravenna, bassorilievo bizantino del V secolo che secondo la tradizione fu trovata sulla spiaggia nella prima domenica dopo Pasqua del 1100, portata dal mare dalla lontana Costantinopoli.
Secondo Alessandro Volpe, curatore della ricostruzione digitale della chiesa e di una mostra allestita nel 2016 proprio a Ravenna, “se la casa di Nostra Donna coincidesse in effetti con la chiesa di Santa Maria in Porto Fuori, ossia con il luogo che Pietro Peccatore aveva eretto per ospitare la miracolosa immagine della Vergine orante, che oggi si trova nella basilica di Santa Maria in Porto dentro le mura della città, il riferimento dantesco sarebbe da collegarsi al soggiorno ravennate del poeta, che si consumò tra gli anni in cui la chiesa fu riedificata (1314) e quelli, successivi alla morte del poeta, in cui essa fu decorata da un pittore di origine riminese (1329-1333).”
Purtroppo questi affreschi si sbriciolarono sotto le bombe e anche le parti che si salvarono, dopo il distacco dall’intonaco e il loro restauro, furono rubate nel 1996. Per quanto riguarda l’attribuzione del ciclo pittorico, sempre secondo il Volpe, “Pietro andrebbe considerato solo il responsabile nominale di una decorazione a cui egli non avrebbe messo mano, completamente affidata, quindi, alla sua bottega e a un pittore in particolare, che non potrebbe essere nominato in altro modo che come il Maestro di Santa Maria in Porto Fuori. (…) Il grande pittore deve considerarsi il mentore, il punto di riferimento del maestro di Porto Fuori, che si esprimeva piuttosto con una verve, un appassionato gusto per una narrazione spigliata e diretta, un prosaico e divertito senso della comunicazione di sagace inventiva, che Pietro, molto più sofisticato, non conosceva.”
Proprio la chiesa ravennate sarà al centro dell’incontro che lo storico dell’arte Fabio Massaccesi dell’Università di Bologna terrà Venerdì 19 alle 17,30 a Palazzo Buonadrata, terzo appuntamento della rassegna “I Maestri e il Tempo”, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, dal titolo “Spazi del Sacro. La Scuola Riminese del Trecento a Santa Maria in Porto Fuori”.
Oltre al ciclo pittorico, l’incontro indagherà i motivi e i riferimenti progettuali della struttura della chiesa, nella quale il rifacimento absidale d’età trecentesca potrebbe avere come modello quello della chiesa di Sant’Agostino di Rimini.
“Come doveva essere usufruito dai pellegrini, laici e devoti lo spazio interno della chiesa in età medievale? Chi poteva vedere gli affreschi di Pietro da Rimini dell’abside e delle due cappelle laterali, ancor prima dei rimaneggiamenti d’età moderna e della distruzione bellica? – anticipa il relatore, Fabio Massaccesi – Il mio studio di prossima pubblicazione è l’esito di un lungo lavoro d’intreccio di dati documentari editi e non, fonti e fotografie, dove la ‘regula portuense’ - scritta dal fondatore Pietro degli Onesti detto Peccatore quale norma per la vita comunitaria - ha confermato quanto da me ricostruito. Dalla ‘regula’ si evincono infatti in modo chiaro le indicazioni di come ci si doveva comportare all’interno della chiesa, con particolare riguardo al coro, che rivestiva un ruolo nodale nella vita comunitaria.
Migliorando la comprensione dell’assetto spaziale interno di Porto Fuori si è potuto avanzare l’ulteriore ipotesi che la parte absidale della chiesa possa dipendere da quella della chiesa riminese di Sant’Agostino. Quest’ultima potrebbe essere stata presa infatti a modello per l’addizione trecentesca della zona absidale di Porto Fuori, come alcuni indizi documentari fanno sospettare. Una ricostruzione architettonica che aiuta indefinitiva a comprendere maggiormente la funzione del ciclo pittorico e del suo ruolo “pubblico” e “privato”. Con l’esempio di Santa Maria in Porto Fuori, la città di Ravenna nel corso del Trecento sembra dipendere da Rimini, dimostrando di essere una città comunque vitale e ricca di occasioni per gli artisti forestieri”.