Era stato annunciato come una full immersion multimediale nel mondo onirico, immaginifico, poetico, suggestivo del maestro riminese. Il Fellini Museum inaugurato oggi (almeno la parte realizzata a Castel Sismondo) non sembra rispondere pienamente a queste attese. L’esperienza che il visitatore vi compie è sospesa tra struttura tecnologica (in realtà molto light, nessuno stupore da effetti speciali) ed evocazione poetica, senza deviare decisamente verso uno e l’altro corno della forbice. Qualche esempio per capire. A Castel Sismondo sono state realizzate sedici sale tematiche. Quella dedicata a Giulietta Masina propone a destra e a sinistra due gallerie di video dove l’attrice e moglie del regista appare nelle sue diverse interpretazioni. In fondo, un moto-furgone che richiama il mezzo di Zampanò ne La strada. La stanza di Mastroianni? Video con scene dell’attore e un dolly, il carrello per le riprese cinematografiche in altezza. Nella stanza dedicata alla Ekberg, l’Anitona è proposta come una gigantesca bambolona addormentata, e a lato i soliti video che scorrono. Fellini e il mare: maxi schermi con le immagini dei film dove c’è il mare e a terra delle botole dove compaiono filmini amatoriali del passato legati al mare e alla città.
Tutte le sale rivelano certamente uno sforzo per creare un’ambientazione suggestiva, ma il risultato non è tale da impressionare, da emozionare nel profondo. Viene in mente ciò che aveva dichiarato a BuongiornoRimini il professor Paolo Fabbri, che peraltro aveva partecipato alla progettazione iniziale del Museo. Un museo deve avere una base scientifica, deve essere un luogo dove esperti e studiosi approfondiscono la conoscenza dell’artista a cui è dedicato. “Poi capisco – aggiungeva - che siamo a Rimini e il museo deve portare anche turisti…” . Insomma, doveva pur esserci una parte popolare e spettacolare del museo, che facesse uso delle più moderne tecnologie di lavorazione dell’immagine, che portasse anche i profani a scoprire o riscoprire Fellini. A questo obiettivo si è risposto senza fare uso di effetti speciali, puntando unicamente sul potere evocativo delle immagini. Il risultato che si vede a Castel Sismondo è un allestimento che non sembra avere la forza per durare nel tempo. Probabilmente ottimo per un’esposizione temporanea, non per resistere ai decenni. Ma quale sarà la risposta del pubblico, lo vi vedrà dalla prossima settimana quando, finiti i festeggiamenti e gli ingressi gratuiti, si comincerà a pagare il biglietto. Peraltro l’enfasi posta sull’allestimento di Castel Sismondo e sulla nuova piazza Malatesta, hanno posto completamente in ombra ciò che si potrà fare e vedere al Fulgor, di cui non c’è traccia nella comunicazione istituzionale di questi giorni. In verità l’allestimento non è ancora completo, il pubblico potrà accedervi nei prossimi tre giorni, poi sarà richiuso per terminare i lavori. Nel palazzo settecentesco dovrebbe essere sviluppata la parte culturale e scientifica, ma il come lo scopriremo più avanti. Per il momento si sa che ci saranno spazi con moviole per studi e ricerche, armadi tematici e tre grandi installazioni: la stanza delle parole, il cinemino e la casa del mago.
Per completare il quadro, va pure detto che al castello alcune sale sono di maggior impatto di altre. Nella stanza sul libro dei sogni, soffiando su una piuma, si attiva uno schermo dove scorrono alcune pagine coi disegni che riproducono sogni e incubi del regista. La biblioteca di Fellini: da uno scaffale si estrae una lastra, la si applica a un lettore, ed ecco Rosita Copioli che legge qualche brano. La stessa tecnologia è riproposta nella sala della documentazione fotografica: dall’archivio si estrae una lastra, la si infila nel lettore-macchina fotografica, e sullo schermo scorrono le immagini dei vari set cinematografici. Sono gli unici tre casi dove al visitatore è chiesto di interagire. Un’altra interessante soluzione tecnologica, ma non interattiva, è stata adottata nella sala dove si propone il confronto fra l’attualità del tempo e i film di Fellini, per suggerire che il regista non era solo sogno e immaginazione ma un osservatore che prendeva spunto anche dalla realtà. Su quattro maxi schermi che pendono dall’alto e oscillano come altalene (citazione dallo Sceicco bianco) scorrono le immagini di firmati Luce e opere del regista. Più che soluzione tecnologica appare invece una chiave di lettura la scelta dei confessionali, aprendo le cui grate, si ha la possibilità di vedere e ascoltare personaggi che parlano di Fellini.
L’anteprima guidata per i giornalisti è stata preceduta dall’intervento del sindaco Andrea Gnassi che, probabilmente spinto dalle contestazioni (stasera manifestazione all’Arco contro l’inaugurazione della piazza) ha premuto sui tasti dell’enfasi e dell’iperbole. Secondo Gnassi Castel Sismondo era un luogo abbandonato, al pari del teatro distrutto dalla guerra. Era un luogo per mostre di abiti da sposa. Sembra ignorare volutamente la stagione di gestione della Fondazione Carim e le grandi mostre (del Meeting e Marco Goldin) che vi sono state realizzate.
La sua amministrazione ha restituito ai riminesi, - afferma - il diritto alla bellezza. Anche lui nei suoi dieci anni a Palazzo Garampi ha compiuto un viaggio immaginifico. E ai critici assicura che c’è stata cura e profondità nella realizzazione del progetto. “Vadano a leggersi tutta la documentazione e vedranno che sotto terra dell’antico fossato non c’è nulla, sono lacerti e laterizi”. Si spinge anche a dire che in questi giorni “decine di migliaia di persone” sono accorse a vedere la nuova piazza con l’acqua e, conclude, quel che più conta è che alla fine “hanno vinto i bambini” (quelli che sguazzano felici nel simil-fossato).