Prima sgomberiamo il campo dall’accusa infamante che il Ceis si sia sviluppato sull’abusivismo edilizio. Poi ci mettiamo attorno a un tavolo a ridefinire i rapporti fra Comune e Ceis e in quell’ambito prenderemo in esame l’ipotesi del trasferimento.
È la posizione di Paolo Zaghini, 67 anni, presidente della struttura educativa realizzata nel 1946 sulle rovine dell’anfiteatro romano. A Zaghini, che è stato bibliotecario a Coriano, piace scrivere di libri e di cultura, e in uno dei suoi articoli, più di due anni fa, ha sostenuto che “nell’area dell’Anfiteatro va creato un grande parco archeologico, che consenta il recupero di questo importante monumento romano a Rimini”. E il Ceis? “La politica riminese sappia dunque mettere in fila i due problemi, costruire prima la soluzione per il Ceis e poi (o contemporaneamente) progettare l’area del parco archeologico dell’Anfiteatro”.
Nel luglio del 2020 l’autore di queste considerazioni di buon senso è diventato il presidente dell’istituzione educativa fondata da Margherita Zoebeli. “Da allora ad oggi – racconta – sono stati mesi complicati. All’inizio ho faticato a farmi accettare dalla struttura. È stato l’anno di inizio della pandemia, con tutte le note difficoltà per le scuole private. Abbiamo chiuso il bilancio con 1 milione mezzo di fatturato in meno e 45 mila euro di perdita. Abbiamo anche dovuto anticipare 400 mila euro di cassa integrazione per i docenti”.
Zaghini parte con questa lunga premessa per arrivare a dire che in tale situazione già sufficientemente critica è arrivata come un colpo al cuore l’accusa che buona parte delle baracche e di manufatti siano abusivi. “Non era accettabile un’accusa del genere – si riscalda Zaghini – Il Comune ci ha scritto che non trovava i documenti che giustificassero i cambiamenti edilizi. Mi sono messo al lavoro e ho ribaltato tutti gli archivi di Rimini. E per tutte le modifiche dopo il 1951 sono riuscito a trovare lettere, delibere, autorizzazioni. Per questa ragione abbiamo presentato il ricorso al Tar e l’istanza perché venga ritirata l’ordinanza che ci obbligava a demolire”. Ci saranno anche lettere, delibere e autorizzazioni, ma il Ministero nel 1914 ha posto un vincolo di assoluta inedificabilità dell’area. Come si spiegano le baracche e tutto il resto? “Lo so che c’è un vincolo e che può essere applicato come un capestro contro di noi, ma in 75 anni non è mai stato applicato. Ricordo che c’è anche una lettera della Soprintendenza secondo cui l’anfiteatro sta bene dove è, cioè sotto terra”.
Zaghini che fa, torna indietro rispetto all’idea del parco archeologico? “E’ovvio che prima o poi il Ceis si dovrà spostare, ma non è ragionevole pensare ad una ordinanza di sgombero entro 60 giorni come ha proposto il consigliere Spina. Bisogna conoscere la storia. Il peccato originale viene da lontano. Su quell’area era stato costruito il lazzaretto, poi una chiesa, poi insediamenti di varia natura. Solo nell’Ottocento, con le ricerche di Tonini, riemerge la memoria dell’anfiteatro. Durante la guerra i resti sono stati bombardati. I futuri scavi, più che trovare reperti, dovranno portare ad una perimetrazione dell’anfiteatro. Probabilmente si scoprirà che l’area è stata occupata non solo dal Ceis ma anche da altre strutture edilizie”.
Qualche giorno dopo la sua nomina a presidente Zaghini è stato convocato in commissione consigliare per rispondere al fuoco incrociato dei consiglieri di opposizione e di maggioranza. Ha spiazzato tutti quando ha dichiarato di non avere preclusioni al trasferimento del Ceis. Adesso mette le mani avanti, e non solo. “Non avevo tenuto conto della forte opposizione della struttura interna. È vero che il direttore Sapucci aveva dichiarato che era pronto al trasferimento, ma parlava senza avere alle spalle il consiglio d’amministrazione che, né allora né oggi, ha mai discusso dell’argomento. All’interno della Fondazione Zoebeli c’è anche ci sostiene che il Ceis ha senso solo se rimane lì dove è stato realizzato”.
Nel frattempo il Comune ha approvato norme urbanistiche che prevedono un polo scolastico nell’area vicino alla stazione. “Penso che con il Comune se ne discuterà dopo le prossime elezioni. Ma prima di ogni dialogo, va tolta la patente di abusivismo edilizio che ci è stata ingiustamente affibbiata. Le carte su ciò che è avvenuto dopo il 1951 sono state consegnate al Comune. Esiste un problema del periodo 1946-1951. Io ho ripetutamente invitato i tecnici comunali a cercare da qualche parte la cartella che contiene i documenti su quel periodo. Abbiamo il progetto del 1953 e la situazione del 1951, con alcune modifiche apportate alle 13 baracche. Qualcuno le avrà autorizzate, no? Ad agire sono stati tecnici comunali. Si tenga inoltre presente che solo nel 1973 il Ceis si è costituito in associazione, prima il presidente coincideva con l’assessore alla pubblica istruzione. Il terreno è di proprietà del Comune e le baracche gli svizzeri le hanno regata al Comune. La situazione è molto complessa e intricata. Non è colpa mia se nel 1946, fra tutte le aree disponibili, è stata scelta quella”.
Abusi edilizi a parte, è stato sollevato il nodo dei rapporti non trasparenti fra Ceis e Comune. Per esempio, non esiste una convenzione che ne regoli i rapporti, eppure tre su sette membri del consiglio d’amministrazione sono nominati dal sindaco. C’è un rapporto privilegiato, rispetto ad altre scuole private del territorio. “Noi – replica Zaghini - non riceviamo contributi economici dal Comune da almeno una decina d’anni. Li riceviamo dallo Stato, come tutte le altre scuole private. Noi abbiamo vinto l’appalto per la gestione di cinque asili comunali, ma le condizioni sono tutt’altro che vantaggiose. Sulla base della legge sul Terzo settore, dovremo procedere alla revisione dello statuto, e quindi scompariranno le nomine del Comune. Siamo noi per primi a chiedere che si stipuli una convenzione con l’amministrazione comunale. Nell’ambito di quell’accordo si chiuderà la questione degli abusi, si legittimerà la nostra presenza su quell’area e si stabiliranno tempi e modi del trasferimento. Alcuni genitori ci chiedono le scuole medie, per completare il ciclo dell’obbligo. È una novità che possiamo realizzare solo dopo l’eventuale trasferimento”.
Chi pagherà il nuovo Ceis? “Si parla che ci vorranno dai sei ai dieci milioni, per realizzare una struttura in legno, eco-compatibile. Quando le vacche erano grasse, il Ceis realizzava al massimo 100 mila euro di utile. Ma io penso che con i fondi del Recovery e con la ricerca di partner attorno a un progetto educativo didattico di valore si possano trovare i fondi necessari. Non è questo che mi preoccupa, mi preoccupano certe posizioni estremiste che non tengono conto della realtà”.
Valerio Lessi