A Rimini sabato 24 novembre 2018, alle ore 17.30, al Museo della Città, Alessandro Rivali parlerà con Davide Brullo del libro, edito da Mondadori, Ho cercato di scrivere Paradiso.
Il libro, una lunga intervista a Mary de Rachewiltz, la figlia di Pound, è una ricognizione dentro l’opera del grande poeta americano, ricca di materiali inediti.
Per Ezra Pound si tratta di una sorta di ritorno ideale a Rimini. A Rimini infatti il poeta fa tappa nel 1922 e nel 1923 per alcuni studi archivistici alla Biblioteca Gambalunghiana e per visitare il Tempio Malatestiano. Il poeta scriverà poi i ‘Malatesta Cantos’ (VIII-XI) e un ‘lamento’ sulla città dopo i bombardamenti della Seconda guerra.
A Rimini poi Ezra Pound farà ritorno l’11 settembre del 1963, insieme a Olga Rudge, talentuosa violinista, ad assistere a un concerto della Sagra Malatestiana, “bianco di chiome e di barba breve, alto, un po’ curvo, raccolto in sè, gli occhi azzurri d'acquamarina lampeggianti di pagliuzze d’oro”, come lo descrive Luigi Pasquini.
Per gentile concessione dell’editore riportiamo qui di seguito uno stralcio dell’introduzione di Alessandro Rivali al libro.
Ezra Pound, pianeta misterioso
Questo libro è una lunga conversazione con Mary: il frutto di alcune settimane d’estate passate insieme al Castello, di molte cartoline e lettere (prima lettere e poi mail), dello scambio di libri. Tutto nacque una quindicina di anni fa. Allora, Pound era per me un pianeta misterioso. Ricordo che per un Natale, doveva essere il 1996, un amico mi regalò il «Meridiano» dei Cantos. Fino a quel momento, di Pound cono- scevo solo la poesia L’albero – icona dell’Imagismo –, che avevo letto in un’antologia del liceo. Mi colpì la foto del cofanetto dei «Meridiani». Da lontano, Pound sembrava un palombaro pronto all’immersione o un vecchio lupo di mare. Del resto, Giorgio Caproni amava accostare la figura del poeta al palombaro che scende negli abissi e Ungaretti era sempre in cerca del Porto sepolto... Chissà, forse quella prima impressione di uomo con lunga confidenza con il mare non era troppo azzardata. Nella sua poesia il viaggio e il mito hanno una cifra essenziale. Ma questo lo scoprii molto più tardi.
Il primo impatto con i Cantos fu una parete difficile da scalare. Oppure, una torre di Babele, costruita con i materiali più disparati: storia, economia, lette- ratura, ideogrammi, spartiti musicali, lingue diverse... e, sempre, come un basso continuo, la sua vita. Uno scriptor che toccava tutti i registri, dai canti infernali dedicati alla Prima guerra mondiale («I saccarinosi, stesi in glucosio, / i pomposi in ovatta / in un puzzo di grassi a Grasse, / il grand’ano scabroso scacazza mosche, / tuona imperialismo, / latrina, cesso, pisciatoio, senza cloaca»), fino alle visioni di estrema dolcezza: «Il mare oltre i tetti, ma sempre mare e promontorio. / E in ogni donna, pur fra l’a- credine c’è una tenerezza, / Una luce azzurra sotto le stelle». Per anni Pound fu irraggiungibile.
Tre incontri mi avvicinarono alla montagna. Il primo fu con Cesare Cavalleri, storico direttore delle Edizioni Ares. Un giorno, nel suo ufficio, tra gli autografi di Buzzati e Quasimodo e trattati di estetica e astrologia, mi illustrò gli scaffali poundiani. E mi raccontò della notte in cui aveva pedinato di nascosto per le calli di Venezia il vecchio poeta mentre questi rincasava con Olga. Era il 21 marzo 1971 [...]. Il secondo incontro fu quello con Giampiero Neri, maestro silenzioso della nostra poesia. A lui debbo la conoscenza di diversi autori fuori dal canone «grande»: Villon, Campana e, soprattutto, Fenoglio. Ma a lui debbo anche due forti suggestioni poundiane: mi regalò, infatti, i Cantos appartenuti a Vittorio Sereni (l’elegante e rossa «Edizioni Lerici»), che a sua volta lui aveva ricevuto dalla vedova dell’autore di Stella variabile. E sempre Neri mi volle donare una busta con una foglia raccolta a Rapallo sulla tomba di Homer Pound, il padre di Ezra. Nuovi richiami a stringere il cerchio. Il terzo decisivo incontro fu proprio quello con Mary, a Brunnenburg, circondati da una costellazione di libri: la parete con la biblioteca paterna protetta da una tenda, quella con la saggistica, i numeri della rivista «Paideuma», i carteggi usciti negli Stati Uniti e mai tradotti in Italia. Naturalmente ci fu il tè con i biscotti, nel salotto colorato dai libri Scheiwiller e con i ricordi egiziani di Boris de Rachewiltz. Ebbi la fortuna di assistere ad alcune lezioni di Mary ai suoi studenti americani. Per anni ragazzi appassionati di poesia si sono immersi in Pound attingendo alla fonte più diretta. Il loro programma prevedeva, oltre allo studio dei Cantos, sessioni di lavoro nei campi e nelle vigne: chi ama Pound, ama la natura e il lavoro manuale. Mary illustrava l’affresco dei Cantos, chiarendo dettagli e fornendo suggestioni per ulteriori ricerche. Qualche volta vide lei stessa in diretta le «occasioni» dei Cantos. Sono le migliori lezioni che abbia mai ascoltato. Da quegli incontri nasce l’idea di questo libro. Mettere a frutto una miniera di memorie per comprendere uno dei più grandi poeti del Novecento, farlo conoscere alle nuove generazioni, che, anche se può non sembrare, sono ancora assetate di poesia.
L’incontro è parte della rassegna “Frontespizio”, curata dal Comune di Rimini, ed è in collaborazione con il quotidiano culturale Pangea (pangea.news).