San Gaudenzo. Dal teatrino all’incontro, magari in corteo
Un teatrino, come qualcuno si è finalmente permesso di dire. Con autorità e politici in fila ad ascoltare le parole del Vescovo, gli stessi che escono dicendo che sono d'accordo, che le commentano per un paio di giorni sui giornali (il tutto a vantaggio della propria immagine e del proprio vocabolario politico) e poi se ne dimenticano fino all’anno successivo.
Non che sia obbligatorio per un amministratore o un politico condividere o fare quello che viene suggerito da un vescovo, certo. Ma in un momento del genere soprattutto, in cui c'è bisogno urgente di gesti e di fatti concreti da parte di tutti, nessuno sente il bisogno di minuetti e smancerie.
E se pure Mons. Lambiasi è sceso nei particolari con espressioni forti e anche non usuali, “il turismo non tira più” per esempio, nessuno ha gridato all'ingerenza di Santa Romana Chiesa negli affari di questo mondo: indice di quanto tutto il teatrino venga considerato irrilevante. Pensano che si debba procedere secondo una specie di cortesia istituzionale, molto rituale, e che le cose dette in fondo non servano a portare cambiamenti alla situazione reale o all'agenda delle priorità delle città; qualche buon suggerimento morale o poco più.
E invece com’è evidente il bisogno, l’urgenza, di vedere fatti concreti e azioni concrete che documentino che il cambiamento è possibile, che una speranza, anche nelle situazioni più difficili (e la nostra città è in un periodo molto difficile e il problema non sono solo i tagli della spending review o la Carim) è possibile.
Così, molto umilmente, ci permettiamo di suggerire un cambiamento in questo dialogo.
Se infatti amministratori e politici hanno dimostrato di saper digerire alquanto bene parole e discorsi, si potrebbe mostrare loro la realtà dei fatti e il contributo che essi possono ritrovare in città al loro compito pubblico. Se riescono così bene a parlare di sussidiarietà, si potrebbe far loro incontrare le opere di carità e di assistenza agli anziani, gli asili e le scuole, i centri per i giovani e quelli che si occupano di cultura, le aziende no profit e tutte le altre “buone azioni” che i cristiani di questa città ogni giorno mettono in campo per aiutare e risolvere situazioni di crisi. Se parlano di sviluppo e di ripresa si potrebbe portare ad esempio quanti, nel loro lavoro di ogni giorno, non hanno paura della contingenza economica, non si accontentano delle rendite raggiunte, insegnano a lavorare e sono un primo piccolo inizio di novità.
Fino ad arrivare, esemplificando quella valorizzazione che dovrebbe essere tratto distintivo della politica (oltre che dinamica propria della sussidiarietà), a portare come esempio quanto di umanamente interessante nasce anche fuori dalla comunità cristiana, originato da altre identità religiose e culturali.
Si immagini dunque la scena, metaforica o reale, di un corteo altolocato in giro per la città a scoprire cosa c'è fuori dal Palazzo. Il successore di San Gaudenzo a far da guida sui luoghi di lavoro e di vita che ritiene più significativi, che di più possono raccontare la chiesa riminese (e gli uomini di “buona volontà”) in azione.
Anche perché (San Gaudenzo a parte) tra le idee originali di tanti fantasiosi amministratori e la semplice e banale realtà di ciò che già esiste, a volte, almeno a volte, si potrebbe scegliere di valorizzare ciò che già c’è.