La possibilità di un accordo programmatico ed elettorale fra Pd - 5 Stelle è una novità di rilievo del panorama politico. Non sorprende che Emma Petitti, presidente dell’assemblea legislativa regionale e leader locale dell’area Pd Orlando-Zingaretti, sostenga con convinzione questa linea. Fa parte della maggioranza interna che ha eletto Zingaretti alla segreteria nazionale e pertanto ne condivide le scelte politiche. Colpisce invece una frase contenuta nel lungo post su Facebook in cui ha voluto tracciare la linea per il Pd locale. Dopo aver spiegato che la nuova alleanza in sede locale non deve ridursi ad un fatto tecnico, ad un escamotage per battere la destra, osserva: “È una realtà complessa, che va sperimentata, territorio per territorio, comune per comune, mettendo anche in discussione scelte politiche e amministrative figlie delle azioni di governo di questi anni”.
Petitti afferma quindi che sull’altare dell’alleanza con i grillini può essere sacrificata anche l’esperienza amministrativa del sindaco Andrea Gnassi. Il messaggio lanciato sembra essere questo: se per raggiungere un accordo per il Comune di Rimini serve mettere in discussione qualche scelta della giunta uscente, siamo pronti ad aprire il confronto. È noto come i grillini, per quanto assenti dal consiglio comunale in questo mandato perché nel 2016 le divisioni interne impedirono loro di presentare una lista e un candidato sindaco, siano sempre stati critici con la gestione Gnassi. Certamente nel periodo 2011-2016 in cui erano all’opposizione, ma anche negli ultimi anni con le prese di posizione pubblicate sui loro social.
In un accordo fra chi fino a ieri si è combattuto occorre che qualcuno rinunci a qualche propria bandiera per dare soddisfazione all’ex avversario, oggi alleato. Petitti con generosità fa il primo passo e offre su un piatto d’argento la discontinuità con l’attuale amministrazione.
La proposta di Petitti è una spia molto luminosa dello stato dei rapporti interni nel Partito democratico. La prospettiva dell’alleanza con i 5 Stelle viene colta come la provvidenziale opportunità per spingere sull’acceleratore di una scelta che è preventiva, come del resto era anche emerso nell’ultima direzione provinciale dove più di qualcuno aveva pigiato il tasto della discontinuità.
Ma la posizione espressa dall’autorevole esponente coincide con quella ufficiale del partito? Quando al segretario provinciale Filippo Sacchetti gli si legge la frase prima citata, scatta una risposta diplomatica: “Non so cosa voglia dire, non sono un translator. Bisognerebbe chiedere a lei cosa intende. Da quel che ho letto sui giornali mi pare che anche lei inviti ad un confronto programmatico che dovrà essere declinato nei territori. Una cosa è Rimini, dove noi governiamo, un’altra Cattolica dove noi siamo all’apposizione di una giunta 5 Stelle”.
La presidente dell’Assemblea legislativa nel suo intervento ha aggiunto un altro elemento di significativa discontinuità. Petitti sostiene che il campo largo del centrosinistra va costruito anche con le “vere forze civiche che nascono sui territori e con i movimenti che in Emilia-Romagna ci hanno aiutato a creare il clima per vincere le elezioni regionali, come il movimento delle Sardine e i ragazzi di Friday for Future per la transizione ecologica”. Nemmeno troppo fra le righe si legge una definitiva liquidazione di esperienze come quella di Patto Civico. Non solo come impossibile riproposizione del passato (del resto adesso il gruppo in consiglio comunale si chiama Patto Civico - Italia Viva), ma anche come eventuale futura formazione di liste di natura centrista. Petitti privilegia le Sardine (di cui è lecito domandarsi quale radicamento territoriale abbiano a Rimini) e i giovanissimi di Friday for Future (dei quali ci si può chiedere di quanti voti dispongano). Del resto va considerato che la distanza non di una parte con l’altra: come possono elettori e forze moderate inserirsi in un’alleanza a forte caratterizzazione populista? Se si chiede a Sacchetti di commentare anche questo passaggio, ripete che “Non sono un translator che commenta le posizioni di un autorevole esponente”.
Resta sempre l’interrogativo su quanto le posizioni di Petitti siano condivise fino in fondo nel partito. In queste ultime settimane si è notato molto attivismo dell’area di cui sono massimi esponenti lei e l’ex assessore regionale Maurizio Melucci. Viceversa, non si intravede nessuna corrente organizzata gnassiana (usiamo l’espressione per capirci) e nessun esponente che pubblicamente, a nome del partito, sostenga le iniziative e le proposte del sindaco. L’aver sistematicamente ignorato, quando non sfidato, il proprio partito ha reso forte il sindaco nell’opinione pubblica ma debole in ciò che resta delle liturgie interne di costruzione del consenso. Per completezza, va registrata anche l’ipotesi che in realtà l’agitarsi di Petitti sia solo finalizzato a costruire una rete di protezione per il proprio gruppo e non a voler forzare la mano con una candidatura discontinua rispetto a Gnassi.
Sull’alleanza Pd – grillini molti altri interrogativi restano aperti. Innanzitutto non si capisce chi siano gli interlocutori del messaggio lanciato dalla consigliera regionale. Chi a Rimini può parlare e impegnarsi a nome dei 5 Stelle? Non esiste una rappresentanza in consiglio comunale. Non esiste un presidente di meet-up che possa essere la voce ufficiale. Ci sono i parlamentari: una, Giulia Sarti, è da tempo sparita dai radar; l’altro, Marco Croatti non ha alcun mandato, è semplicemente, come dicono loro, un portavoce in Senato.
L’alleanza è pensata per poter battere la destra. Ma sono sicuri i democratici che presentandosi organicamente insieme ai pentastellati si amplierà automaticamente l’area del consenso? Molti elettori democratici sono già indignati perché nell’esperienza di governo il Pd di Zingaretti è apparso remissivo oltre ogni limite alle pretese grilline e non ha saputo tenere il punto su alcun tema programmatico. Se l’alleanza per il governo centrale poteva essere tollerata per tenere fuori Salvini e la sua pretesa di pieni poteri, sono sicuri che gli elettori lo seguiranno in questo definitivo abbraccio al populismo statalista? E sull’altra sponda, si è sicuri che tutti gli elettori grillini condivideranno la scelta di andare con cui è sempre stato presentato come il nemico da sconfiggere?