Salvate il soldato Marchioni
La parabola discendente dell’onorevole Elisa Marchioni, del Pd, induce a qualche riflessione su ciò che davvero rappresenta il nuovo in politica o, meglio ancora, su come questo nuovo si manifesta e viene propugnato.
Sessanta notabili, praticamente tutto il partito, hanno scritto una lettera per sostenere la candidatura di Emma Petitti e, di conseguenza, per mandare a casa la Marchioni. I notabili hanno intonato una sorta di peana per il loro segretario: «Riteniamo che la tua figura sia l'espressione autentica e genuina di questo percorso di innovazione e di radicamento, e che rappresenti la massima sintesi di unità che il partito e questo territorio possono esprimere. Una sintesi fra rinnovamento generazionale, innovazione programmatica, competenza, cultura politica, genere e rappresentanza territoriale». Quindi si arguisce che la Marchioni su tutti questi argomenti (rinnovamento, competenza, cultura, ecc.) non c’è. Un curioso e ingeneroso ben servito per chi, solo cinque anni fa, era stata scelta dal segretario Andrea Gnassi come simbolo del rinnovamento. Cinque anni sugli scranni di Montecitorio bastano a far “invecchiare” una promessa della politica locale? È pur vero che oggi i tempi della politica sono velocissimi e tutto si brucia e si consuma in un batter d’ali, ma a ben guardare si intravede anche una logica diversa. In quel momento Gnassi aveva bisogno di un simbolo del rinnovamento per frenare le ambizioni dei vecchi (Chicchi e Vichi). La Marchioni non aveva vita e autorevolezza proprie, serviva solo a lasciare a casa la vecchia classe dirigente. Assolto il compito, ora le viene dato il benservito senza troppi complimenti. Ringrazi il destino che le ha permesso di vivere questa esperienza e lasci fare agli esperti manovratori.
La sua penosa vicenda fa pensare. Cos’è un simbolo del rinnovamento in politica? È qualcosa che esiste nella realtà e che viene semplicemente rivenuto, riconosciuto, o è una “creazione” di chi sta abilmente dietro le quinte e quindi con consumata esperienza ad ogni stagione cambia tutto perché tutto resti uguale? Se è vera la seconda ipotesi, c’è da dubitare anche sul “nuovo” rappresentato dalla Petitti. A parte l’età, non si vedono nella sua biografia e nei suoi padrini politici elementi che possano proiettarla nei territori sconosciuti della politica nuova. Anzi, le consigliamo di guardarsi le spalle, perchè fra cinque anni non le tocchi il destino della Marchioni.
Queste primarie del Pd segnalano anche un altro aspetto. È l’occasione per liquidare quel ceto politico cattolico ex margheritino (Ravaioli, Marchioni) usato per consolidare il consenso nei settori dell’elettorato distanti dalla tradizione comunista e post-comunista. Ora il Pd della cura Bersani non sente più questa esigenza, ritiene di avere la forza per rendere vincenti anche persone marcatamente di sinistra. Pare che a cercare di tenere alta la bandiera rimanga l’ex assessore Arlotti ma con un apparato di partito teso a far vincere Petitti e Biagini il suo appare solo come un generoso canto del cigno.
Valerio Lessi