Dal momento in cui il segretario provinciale del Pd, Filippo Sacchetti, ha annunciato l’intenzione del suo partito di promuovere una lista civica aperta a tutte “le forze del centro sinistra, il civismo, gli imprenditori, i partiti e i movimenti e tutti coloro che hanno l'ambizione di proiettare Riccione in un futuro nuovamente luminoso”, in città si è cominciato a discutere su quali siano le reali intenzioni del Partito Democratico; se si tratti di vera apertura e vera disponibilità a cedere potere alle forze civiche della coalizione (e dunque decisioni, come la scelta del candidato sindaco) o invece solo di una ‘carota’ tattica per invogliare tutti gli antagonisti di Renata Tosi a riunirsi.
La domanda è legittima, e l’abitudine egemonica del Pd la giustifica ampiamente, ma rischia di sminuire l’impatto politico dell’annuncio.
È evidente infatti che quella del Pd è una narrazione della città che vuole prima di tutto creare uno spazio politico aperto a tutti gli scontenti della gestione di Renata Tosi; che mira cioè a raccogliere e trasformare il livore dei tanti che si sentono traditi, la delusione di quelli che nutrivano aspettative diverse per la propria dedizione, la stessa antipatia e rabbia che molti provano per i suoi atteggiamenti, lo sdegno per le sue intromissioni e anche il timore di chi si è visto finire nella lunga lista dei ‘cattivi’, in un fatto non più solo personale, ma in un qualcosa che ha valore politico.
Non solo; da questo punto di vista il tipo di coalizione prefigurato dal Pd col suo annuncio serve a tutti quanti si sono già organizzati in una lista o in una associazione perché offre un valore e certo una ‘ricompensa’ al contributo anche dell’aggregazione più piccola che pur porti pochi voti.
Se dunque l’invito del Pd mira a dare un valore civile e a rendere politica qualsiasi motivazione abbia un cittadino, un’associazione di categoria o sportiva, un condominio o un quartiere per ‘dar contro’ la Tosi, è evidente che non si tratta di una rinucia a fare politica, di un farsi da parte unilaterale, ma di mettere a disposizione un campo da gioco che nessun altro tra gli oppositori potrebbe offrire.
In buona sostanza, anche se questo può far storcere il naso nelle discussioni sulla sincerità di cui sopra, la trattativa è aperta, e anche le ultime mosse di alcuni dei potenziali partecipanti alla grossa coalizione sembrano dimostrarlo.
Ad esempio, difficile pensare che il tentativo di Tirincanti di una trattativa diretta col Pd fosse qualcosa di più di un ‘farsi notare’; e infatti, già dimenticate le reazioni indispettite al suo gesto, con la coppia Baleani e Tirincanti si è subito ripristinato un dialogo e i due sono pronti a formalizzare il loro rientro in coalizione per la loro ‘riconosciuta importanza’, certamente più simbolica (uno spostamento della coalizione verso il centro) che per il numero di voti.
Invece, all’ultima riunione, e pur in modo diverso, è stata Italia Viva a fare la preziosa, chiedendo tempo per una riflessione interna (e, di nuovo, un riconoscimento della propria importanza).
Il fatto è che il Pd ha il proprio candidato, ce l’ha il movimento 5stelle, ce l’ha Azione e ce ne sono sul piatto almeno altri due e quindi questo è il momento – prima cioè che si decida chi sarà tra questi a sfidare il centro destra – in cui tutti sono importanti e possono ambire a qualcosa.
Forse allora la domanda non è se il Pd sia sincero, ma chi abbia la capacità di gestire e garantire il traffico delle trattative. Dalle bizze, dalle porte sbattute, dalle riunioni abbandonate, dallo sdegno che monta, dalla frustrazione che aumenta, sembra effettivamente che le buone intenzioni e la cortesia servano a poco. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che è impossibile gestire in modo assembleare la formazione della coalizione: tutti i promotori al ‘tavolo’, piccoli e piccolissimi, gli indecisi, i boriosi, i furbi, gli inesperti, quelli che sono già stufi, … La verità è che al momento manca un regista.
In fondo è lo stesso schema di Rimini, ma a Rimini il regista c’era.
(rg)