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Rimini Calcio. La bidonville biancorossa

Venerdì, 01 Marzo 2013

7b

La bidonville biancorossa


Salvezza o fallimento, la Rimini Calcio è arrivata nei pressi del bivio e non c’è più molta strada da percorrere prima di imboccare la direzione definitiva. Siamo ormai all’epilogo del tentativo fatto dal presidente biancorosso Biagio Amati che, all’indomani dell’uscita di scena della Cocif, era ripartito caricandosi il peso della credibilità dell’imprenditoria riminese per riuscire a dare continuità alla maglia a scacchi che ha da poco festeggiato i cento anni di storia. Poca cosa forse sportivamente, perché nella sua lunga vita la maglia biancorossa, a parte qualche stagione di serie B, ha sempre calcato i polverosi campi di terza fascia, ma grande cosa simbolicamente. Sì perché l’idea del presidente Biagio Amati, era quella di coagulare attorno a sé i tanti imprenditori della nostra zona (voleva arrivare a una cinquantina e più o meno è arrivato a una trentina) per fare fronte alla gestione - del resto contenuta - di una squadra composta per la maggior parte da ragazzi del nostro territorio. Il volano sarebbe dovuto essere il settore giovanile biancorosso e quindi il senso di appartenenza che affondava la radice nell’aspetto sociale di tutto il progetto. E’ finita male invece, senza avere campioni costosi e senza follie particolari il pallone biancorosso è disastrato come nient’altro quasi. Siamo qui sul ciglio di un precipizio, con gli stipendi dei tesserati pagati qualche giorno fa all’ultimo secondo utile per evitare un corto circuito sul bilancio: la Lega avrebbe ritirato i contributi federali segnando di fatto la fine. Ci sono poi i fornitori che battono cassa, qualche settimana fa il rischio di non aprire lo stadio per i mancati pagamenti alla Best Union che gestisce gli steward. E’ tutto? No ovviamente, è solo la punta di un fenomeno di un’anomalia, di una degenerazione. Dovendo fissare la situazione in una fotografia, l’immagine che spiega è quella dei dipendenti che escono dalla sede con gli scatoloni in mano come quelli della Lehaman Brothers. Possibile? Possibile, nel disinteresse dei tanti imprenditori, senza il sostegno della politica e della gente stessa. Buchi su buchi, piccoli, considerate le cifre da ripianare se ognuno avesse fatto la sua parte ma che si sono allargati perché riempiti di nulla da parte dei più. Qualcuno ha provato a tamponare le perdite ma non è bastato e da capire c’è se si riuscirà ad arrivare a fine stagione. Il presidente Biagio Amati è stato sconfitto dalla sua stessa idea che non è mai decollata davvero, aveva torto d’altronde, perché in questa città l’imprenditoria è arida così come le varie associazioni, e l’aspetto sociale dello sport è roba da ridere considerati gli impianti sportivi in circolazione. La salvezza adesso è la cessione e da mesi si parla del Gruppo BSE, una holding romana che ha interesse a sviluppare il proprio piano industriale sul territorio. Si parla di business per adesso, di pallone meglio non parlarne più perché già la confusione creata è sufficiente. Si gioca lo stesso, ovvio ma ci si diverte di meno e i simboli di questo disastro che vestono la maglia biancorossa domenica affronteranno il Casale in una sfida per sopravvivere. La classifica racconta infatti di una squadra che deve alzare gli occhi verso l’alto se vuole trovare la salvezza sportiva distante tre punti. A guardare come andrà a finire c’è Rimini che forse osserverà distratta ma dovrebbe vergognarsi almeno un po’ di se stessa.
Francesco Pancari

Ultima modifica il Venerdì, 01 Marzo 2013 11:17

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