La bocciatura del concordato Aeradria: la bocciatura di un sistema
La notizia della decisione del Tribunale di Rimini, che ha respinto la proposta di concordato presentata da Aeradria spa, la società che gestisce l’aeroporto Federico Fellini, ha colpito il nostro territorio sia per le prospettive di continuità aziendale, che vengono rimesse in discussione, sia per lo schiaffo ricevuto da un ceto politico dimostratosi da tempo incapace di gestire l’aeroporto.
La questione, giuridica ma sostanziale, della continuità aziendale, messa in discussione dal diniego all’operazione formulato dal Tribunale, pone numerosi problemi, anche di ordine professionale e reputazionale, per chiunque se ne sia occupato: non si presentano piani che è prevedibile non siano approvati, quasi scommettendo al ribasso su ipotesi che si tenta di rendere le meno indolori possibile, ipotizzando che poi si potrà ritentare, dal momento che la società è partecipata da Enti Pubblici.
Si tratta di ragionamenti tanto più gravidi di conseguenze ove si rifletta sul fatto che la nuova normativa in materia di crisi aziendali privilegia o tenta di salvaguardare l’unitarietà dell’impresa e la sua continuità, a differenza della vecchia legislazione, che tutelava esclusivamente i creditori con il ben noto criterio della par condicio. Continuità che, tuttavia, non può essere assicurata a tutti costi ed in qualunque condizione, pena l’approvazione di mostruosità giuridiche che, in definitiva, appaiono poco più che furbi escamotage per non pagare dazio.
D’altra parte, e qui si innestano altre considerazioni, fare le nozze con i fichi secchi non è commendevole neppure in tema di salvataggi aziendali, soprattutto se l’azionista di maggioranza appare, come in effetti è, squattrinato e maldisposto ad investire. Premesso che Aeradria spa, come più in volte in passato è stato evidenziato, è stata affidata in eccesso dal sistema bancario e, quasi sicuramente, senza garanzie, a fronte di una manifesta e notoria incapacità di generare utili e cassa, è difficile immaginare che possa ripartire liberata dal fardello dei debiti come se niente fosse per due evidenti ragioni:
• i debiti finanziari sono come le scorie nucleari: puoi portarli lontano dagli occhi e sotterrarli azzerandoli, ma rimangono attivi (ovvero, sono da pagare) e i creditori principali –le banche- non sono in condizione di accettare, non in questo momento storico, stralci di questa portata;
• l’origine dei debiti finanziari è nella dimensione dell’aeroporto, il cui numero di passeggeri per anno non raggiunge il punto di pareggio, nonostante gli sforzi fatti finora: è facilmente comprensibile che il fatturato di pareggio non possa essere raggiunto se non a prezzo di grandi investimenti e mettendo nel conto, ancora per molti anni, ulteriori perdite, ovvero ulteriori motivi di nuovo debito. Nessuno si chiede, d’altra parte, perché si debba investire sull’aeroporto per attrarre turisti attraverso le tante “Pensione Iris (vista ferrovia)” che insistono sul nostro territorio.
L’aeroporto di Rimini e le sue difficoltà testimoniano la bocciatura di un sistema che, ad evidenza, non è tale oppure, molto probabilmente, funziona male. Con maggiori risorse, e questo va detto, vi sono esempi di infrastrutture (per esempio gli impianti di risalita in Trentino Alto Adige) la cui sostenibilità economica è assicurata dall’essere inserite all’interno di una logica -di sistema, appunto- che vede una cabina di regìa forte e competente, una pianificazione strategica, una logica di interesse generale. Così i sovraprofitti che alla Provincia Autonoma di Trento derivano dal possesso del capitale azionario di Autobrennero consentono alla stessa di fronteggiare i deficit derivanti dalla gestione degli impianti di risalita o di finanziare, in un’ottica di sistema, l’agricoltura di montagna.
Poiché il nostro territorio non ha queste risorse e, soprattutto, questa autonomia, non vi sono soluzioni che non passino, alternativamente o per una messa all’asta dell’aeroporto ed una sua immediata privatizzazione (sulla scorta di quanto fatto a Roma con ADR Spa) o per il suo rilancio attraverso strumenti che, pur mantenendo la presenza pubblica, coinvolgano i privati (per esempio attraverso la finanza di progetto). Se la prima soluzione appare, come certamente è, assai tranchant, la seconda tuttavia appare più realistica in rapporto alla situazione finanziaria nei nostri Enti pubblici territoriali, anche nell’ipotesi che venga coinvolta maggiormente la Repubblica di San Marino. Il problema, anche in quest’ultimo caso, rimarrebbe, come è attualmente, di natura economica, ovvero legato alla modestia del fatturato in rapporto ai costi fissi ed ai deficit economici e finanziari che tale situazione genera: tuttavia, in un’ottica, appunto, di sistema, è immaginabile pensare che sia possibile coinvolgere nuovi attori e nuovi protagonisti, rilanciando l’aeroporto Fellini quale infrastruttura indispensabile per l’industria turistica. La quale, peraltro, non può continuare a lanciare gridi di dolore sulla possibile perdita degli afflussi turistici dall’Est Europa senza rimettere in discussione un modello di offerta che, se da un lato consente ancora l’offerta di pacchetti di pensione completa a prezzi non credibili e de-qualificanti, dall’altro porta il Presidente della Fiera a lamentarsi per il fallimento del sistema di incentivi che avrebbe dovuto rendere attrattivo il polo convegnistico riminese.
Occorre senza dubbio un grande sforzo, prima di tutto di fantasia, per proporre a tutte le parti in causa (enti pubblici, banche, industria turistica) una soluzione che provi a costruire e non solo a salvare ciò che non è più salvabile, cioè sostenibile, magari a spese di qualcun altro: anche andando dietro alle affermazioni sull’edilizia del sindaco Gnassi, che personalmente condivido, smettendo di pensare a come costruire ex-novo dove non ci sono più spazi, per dirottare risorse sulla riqualificazione. Anche della pensione Iris, con vista ferrovia.
Alessandro Berti twitter@profBerti>