In morte dei partiti. Qualche dato sui tesseramenti
Prima mettiamo in fila alcuni dati. Assemblea nazionale del PD. Ultimo atto, il cambio delle regole. Non se ne fa nulla perchè manca il numero legale. Negli stessi giorni l'allarme sul tesseramento 2013, meno 50% per ora, anche se c'è chi dice che i periodi in cui si raccoglie di più sono ottobre e novembre. Ultimo dato quello di Piacenza: 270 iscritti tra capoluogo e sedi provinciali, più dirigenti che iscritti è la battuta che circola in città.
Pensate che nel 2008 il Pd aveva 800mila iscritti. Nel 2013 per ora 250mila. Una caporetto.
E a Rimini? La situazione è analoga. Per il partito guidato da Emma Petiti ancora non sono disponibili i dati nel 2013, ma nel 2012 in provincia i tesserati erano circa 4000. Nel 2007, anno della fusione tra Ds e Margherita i tesserati erano 9.000. Da Andrea Gnassi, primo segretario provinciale, fino ad arrivare alla Petitti si sono persi 5000 iscritti. Un disastro e cosa fanno i circoli del Pd in vista del congresso locale? Chiedono al posto della classica segreteria “Un coordinamento dei coordinatori dei circoli, a loro volta coordinati da un coordinatore eletto secondo il regolamento vigente”.
Se questa è la situazione in casa Pd, in casa Forza Italia è tutto da vedere, dato che il partito proprio non c'è; è stato annunciato ma nessuno ne sa ancora niente. L'ultima campagna tesseramento come PdL risale al 2011-2012, fatta in vista del congresso di febbraio dove è stato eletto Fabrizio Miserocchi: in quell'occasione le tessere azzurre sono arrivate a circa 2400, mentre erano poco meno di 1000 nel 2010, e circa 1500 nel 2008, anno della fusione con An.
Questi sono i dati, ma basta che ognuno pensi alla sua esperienza personale: quando è stata l'ultima volta che vi hanno chiesto di entrare, coinvolgermi o magari iscrivervi a un partito?
Nel momento della caduta le cose svelano la loro natura. E come ha scritto il costituzionalista Andrea Simoncini nella postfazione a un volume con testi di Simone Weil raccolti sotto il titolo “Senza partito”: “Siamo davvero condannati alla morte dei partiti?”.
Sarebbe bello discuterne con i politici di casa nostra, ma ci immaginiamo le solite risposte retoriche, le giustificazioni tattiche per cui “questo non è il momento di volare alto, ma solo vedere cosa fa il capo a Roma”, le frasi fatte a cui ci hanno abituati in questi anni.
E ai riminesi interessa un partito legato a ideologie o ideali nazionali, una filiale di un'azienda più grande ma che risente di tutte le tempeste che colpiscono il quartiere generale oppure gente che sappia amministrare bene la loro città?
Queste pagine rimangono aperte. Ci piacerebbe essere felicemente smentiti.