Il nuovo ponte di via Coletti simbolo della sconfitta estetica riminese
Non sappiamo quanto le immagini diffuse del nuovo ponte di via Coletti corrispondano al vero, a come il ponte risulterà una volta finito. Ma, esatto o meno nei dettagli, la logica costruttiva è chiara.
Apprezzabile, e in un certo senso scontata, la presenza di corsie protette e specializzate per pedoni e ciclisti. Più difficile da capire, per chiunque percorra quella strada, l’ipotesi di una sola corsia per senso di percorrenza. Ma qualcuno avrà ben fatto – speriamo – dei calcoli o un piano del traffico.
Ma quello che ci interessa osservare qui è il valore simbolico del progetto.
Chiunque abbia incrociato maggiorenti o maître à penser della nostra città anche solo qualche anno fa, prima che la crisi si rivelasse tanto grave, ricorderà come il loro assunto architettonico di base non fosse la sola funzionalità di ciò che doveva essere progettato ma anche la sua capacità di stupire, la sua attrattività, la sua dote di innovazione estetica. Il pensiero, in sintesi, di ogni archistar del pianeta (e di ogni relativo committente).
Tra l’altro, a giustificazione del contrappasso estetico odierno, si può ritrovare negli annali riminesi la discussione sul ponte che avrebbe dovuto collegare la destra e la sinistra del porto (al posto del barchino che da anni traghetta turisti da una parte all’altra). Un ponte immaginato come una sorta di ennesima meraviglia moderna, luminosissimo perché Rimini vive di notte, porta del mare, porta aperta alle altre sponde adriatiche, faro che avrebbe indicato la città di Rimini tutta nuova. Insomma, una specie di Guggenheim Museum di Bilbao senza opere d’arte, opera in se stessa solamente.
Ed eccoci invece qui, al progetto di un ponte, proprio lì vicino, che – a parte la tecnica costruttiva – sembra già vecchio di decenni e quanto di più prosaico si possa immaginare; di certo una sconfitta per chi immaginava sorti estetiche ben diverse per questa nostra città. Il sindaco Gnassi nel frattempo si è riparato dietro gli eventi, sorta di temporary shop dell’immagine cittadina; immaginiamo invece il capo del piano strategico che, sopra quel ponte, ci dovrà passare tutti i giorni.