Maggioli (Confindustria): credito e burocrazia congelano 64 milioni di investimenti
Niente di male se Mec3 è passata ad un gruppo di investimento americano e se Italia in Miniatura è finita nell’orbita del gruppo Costa. Significa che le imprese del nostro territorio attirano capitali dall’esterno. Anche per l’aeroporto di Rimini vale lo stesso discorso: è bene che finisca in mano a investitori che siano capaci di gestirlo, non importa da dove arrivano. È il ragionamento di Paolo Maggioli, presidente dell’Associazione industriali di Rimini, nel corso della conferenza stampa per illustrare i dati congiunturali delle imprese locali.
Maggioli invece non crede ad una privatizzazione imminente del polo fieristico-congressuale. Osserva che in crisi sono tutte le fiere del mondo e non ritiene che da qualche parte ci sia qualcuno interessato a comprare quella di Rimini. Il discorso vale in prospettiva futura, dovranno quindi essere i riminesi a risolvere i problemi attuali rimboccandosi ulteriormente le maniche.
Un messaggio preciso Maggioli lo ha indirizzato a due interlocutori. Il primo destinatario è il sistema bancario invitato ad abbandonare l’attuale linea di eccessiva prudenza per aprire maggiormente i rubinetti finanziari alle imprese che se lo meritano e che vogliono investire. Non si chiede di tenere in vita le imprese decotte, ma di sostenere quelle sane che vogliono investire per crescere. La situazione attuale vede un calo degli impieghi da parte delle banche, pur in presenza di un aumento della raccolta.
Il secondo destinatario è il sindaco Andrea Gnassi. Gli industriali non ne possono più di aspettare le indicazioni del Piano strategico o del Masterplan o del Psc di cui si sono perse le tracce. Maggioli usa il linguaggio della sottile ironia: siamo certe che quando questi strumenti saranno operativi Rimini diventerà una città più bella, ma intanto non possiamo stare fermi per anni in attesa di chissà quale evento salvifico.
Edilizia k.o.
Anche perché l’edilizia, che è il settore trainante di ogni economia, rimane in coma profondo anche a livello locale. Se a livello nazionale sono stati persi dal 2008 ad oggi 600 mila posti di lavoro, anche a Rimini è tutto con un pesante segno meno: -33% di aziende, -36% di lavoratori occupati, -42,83% di ore di lavoro. Confindustria ha calcolato che sono venuti meno in questo anni 12 milioni di stipendi netti.
L’ultimo semestre 2013
Il fatturato totale delle imprese riminesi è diminuito dello 0,60%, ma con una importante differenza. Il fatturato estero è cresciuto del 3,3% mentre quello interno è calato dello 0,70. Si conferma quel che già si sapeva: le imprese che crescono sono quelle che hanno trovato sbocchi sui mercati esteri, mentre languono quelle che dipendono esclusivamente dalla domanda interna. Per questo gli sforzi dell’Associazione industriale sono rivolti ad incrementare il livello di internazionalizzazione delle aziende. Le imprese che lavorano con l’estero sono soprattutto le più grandi (61,5% del fatturato) mentre le piccole si fermano ancora al 19,2%.
La produzione è cresciuta dello 0,3%, un incremento che è più cospicuo per le grandi imprese (+2,3%) mentre le piccole sono ancora in recessione (-1%).
La situazione è inversa per l’occupazione: cala nelle grandi imprese (-0,8%9 mentre cresce nelle piccole (+1,7%).
Per ordini il 30,67% delle imprese ha registrato un aumento, mentre per il 26,67% sono in calo, il resto è stazionario. Più consistente l’incremento degli ordini dall’estero (+38,46%).
Previsioni primo semestre 2014
Sono all’insegna della prudenza, c’è qualche buon segnale ma non tale da invertire decisamente la tendenza. Il 52% delle imprese prevede una situazione stazionaria mentre il 33,3 ritiene che si vada verso la crescita e un 15% vede ancora la recessione. Più o meno le stesse percentuali per quanto riguarda gli ordini. Il 68,42% prevede un’occupazione stazionaria, per la crescita è solo il 14,47%. Per il 42,47% è da escludersi un ricorso alla cassa integrazione, il 15% lo considera invece probabile e consistente, il 27,4 % probabile ma limitato.
64 milioni in frigorifero
Nel 2013 le imprese hanno investito il 4,9% del fatturato. L’Associazione ha sondato le imprese anche sul tema della disponibilità a investire nel prossimo futuro. È risultato che se ci fossero le condizioni (maggiore credito, minori intralci burocratici) sarebbero disposte ad investire fino a 64 milioni. Si tratta di investimenti per l’internazionalizzazione, per ampliare la capacità produttiva, per l’innovazione di prodotto e di processo. Investimenti che porterebbero ad un aumento di occupazione per il 75% delle imprese.
Valerio Lessi