Il presidente Vitali sulla "volontà di privatizzare"
Gentile Direttore,
concordo con il senso dell’articolo ‘Davanti a un nuovo periodo di guadagni, la volontà di privatizzare tentenna’, apparso venerdì scorso su InterVista: motivare l’ipotesi (certamente in campo, visto che per essa si sono già espressi alcune componenti sociali) di privatizzazione delle infrastrutture strategiche come ‘mera necessità economica’ piuttosto che ‘responsabile sterzata culturale’ significa rimpicciolire la portata del dibattito. E lo è ancora di più nel medesimo istante in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri, assieme al suo staff economico, sta mettendo a punto quella revisione delle partecipate che, ridotta all’osso, dovrebbe portare a una pressoché totale dimagrimento del ruolo degli Enti pubblici nelle diverse società di gestione. Nessun colpo di testa di Matteo Renzi, però. Basta prendere i programmi di mandato delle amministrazioni locali degli ultimi 15 anni per registrare come sul principio della cosiddetta sussidiarietà, con il pubblico semmai a ritagliarsi una funzione di controllo, si fosse praticamente tutti d’accordo. A dimostrazione che i padri fondatori del ‘sistema Rimini’, straordinario (nell’accezione di ‘fuori dall’ordinario’) programma di infrastrutturazione con deciso impegno del versante pubblico che dalla fine degli anni Novanta arriva immutato ad oggi, fossero già consapevoli di una successiva, obbligatoria fase di riequilibrio nei confronti del privato. La questione semmai si è rivelata un’altra, cioè l’eccessiva lentezza del passaggio a questa fase. Tanti i motivi, più o meno comprensibili, ma un unico sbocco, molto problematico e accentuato dalla crisi economica (delle istituzioni locali, delle imprese) e dalla messa in discussione in diverse forme del ruolo stesso della componente pubblica. E’ la situazione che tocca gestire adesso; delicata, delicatissima, perché va a scuotere equilibri consolidati, sin qui ritenuti inamovibili, ma che inamovibili non sono. Certo, occorre estrema prudenza nel maneggiare un ‘oggetto’ così fragile ma sarebbe un errore grave il volere far finta che nulla sia accaduto negli ultimi 10 anni, pensando di ridurre l’argomento privatizzazione alla solita rondine riminese ‘che non fa mai primavera e vola via in un istante’. O, peggio, confidare (ancora) nelle doti taumaturgiche della politica che- secondo alcuni nuovi o ex amministratori- tutto può, derubricando i passaggi, di legge, tecnici e finanziari, a questioni tutto sommato secondarie.
Per questo non mi iscrivo né al campionato ‘delle magnifiche sorti e progressive’ né a quello del ‘de profundis’. Non faccio il partigiano di alcuna fazione ma cerco di capire- e in questo senso, occorre che lo ribadisca, i tecnici e il loro lavoro non sono un’anonima quinta di scena ma attori protagonisti- e osservo come la discussione (Brasini, Lago, Temeroli) sulla privatizzazione delle infrastrutture strategiche comunque sia all’ordine del giorno che lo si voglia o no. Null’altro.
Stefano Vitali