Sarà l’Europa a spingere Carim Rimini verso la fusione con Cesena?
Si va verso una fusione fra le Casse di Risparmio di Rimini e di Cesena? «E’ una prospettiva che esiste non da oggi – risponde il presidente di Carim, Siro Bonfatti – ed è da considerare con il massimo interesse. Purchè non venga presentata come una modalità per risolvere un supposto e inesistente problema Carim, come se la nostra banca avesse ancora bisogno di completare il proprio risanamento». Bonfatti ha un diavolo per capello per un articolo di Milano Finanza che presenta la supposta fusione in questi termini.
Nel merito, osserva che la fusione è un’opportunità che va valutata sulla base dei vantaggi che possono derivare ai soci proprietari (cioè la Fondazione che detiene la maggioranza delle azioni) e alle banche stesse. E non è detto che il conto dei vantaggi e degli svantaggi coincida per le due realtà. Bonfatti lascia intendere che un’aggregazione fra le due banche potrebbe tradursi in una maggiore efficienza: la rete degli sportelli non coincide e quindi non ci sarebbe sovrapposizione, Carim ha personale più giovane mentre la Cassa di Cesena ha un ceto impiegatizio più maturo. Sono tutti aspetti da valutare qualora la fusione dovesse arrivare all’ordine del giorno. Al momento attuale non lo è. «A noi non è arrivata alcuna proposta e nemmeno è vero che abbiamo dato un incarico ad un advisor», assicura Bonfatti. Oltretutto, aggiunge, in questo momento a Cesena manca un interlocutore definito: è stato appena rinnovato il consiglio d’amministrazione e deve essere nominato un nuovo presidente.
Il presidente non si sbilancia a confermare o a negare se alla Fondazione è arrivata una proposta da parte di Cesena. Si limita a chiosare che è normale che la Fondazione si chieda come valorizzare al meglio la propria partecipazione in Carim, esaminando tutte le prospettive che si aprono.
Un tassello al mosaico lo ha aggiunto il direttore generale Alberto Mocchi, spiegando che i grandi gruppi bancari negli ultimi tempi hanno proceduto alla svalutazione dei crediti e ai conseguenti aumenti di capitale per intervento dell’Unione europea. Quando anche le piccole banche saranno sottoposte al setaccio della Ue, si porrà il problema di come accedere al mercato. Tutte le Fondazioni, quindi anche quella di Rimini, stanno ragionando su questo scenario.