In consiglio provinciale unanimità per la privatizzazione di Rimini Fiera
Votate all'unanimità dai consiglieri provinciali le modifiche agli statuti di Rimini Congressi S.r.l., Rimini Fiera S.p.a. e Società del Palazzo dei Congressi S.p.a., nonché la delibera che apre formalmente il processo di privatizzazione del settore fieristico-congressuale riminese. E' l'ultimo atto del consiglio provinciale, che decadrà naturalmente il 25 giugno assieme all'approvazione (astenuto il Pdl) delle ricognizioni in merito al permanere dell’interesse pubblico nelle società e nelle associazioni partecipate dalla Provincia di Rimini.
Fra i documenti richiamati nelle delibere in approvazione ieri pomeriggio in consiglio provinciale sulla privatizzazione della Fiera ve n’è uno che nel giro di poche ore è diventato carta straccia. Si tratta dell’Aggiornamento del piano finanziario per la realizzazione del nuovo Centro Congressi di Rimini maggio 2014, nel quale i tre soci pubblici (Provincia, Comune e Camera di Commercio) impegnati nell’opera avevano riformulato i loro impegni. Ma da Roma è arrivata la notizia che nei provvedimenti sulla pubblica amministrazione del governo Renzi c’è anche il dimezzamento delle quote che le imprese pagano ogni anno alla Camera di Commercio. A Rimini pensavano addirittura di aumentarle del 20 per cento, il governo le ha ridotte del 50. Senza quelle entrate, la Camera di Commercio non ha più la possibilità di far fronte ai debiti contratti per il Palacongressi. Già si sapeva come era messa la Provincia (che dal 25 giugno non esiste più, almeno come capacità di spesa) e quindi l’unica strada che resta da percorrere, sperando che conduca presto alla meta e con successo, è quella della privatizzazione.
Ed è ciò che di cui si occupa, per la sua parte, il consiglio provinciale. Dovrà poi essere il consiglio comunale di Rimini a prendere un analogo provvedimento, così come il consiglio della Camera di Commercio.
Il consiglio provinciale è stato chiamato a votare due delibere: una di modifica degli statuti delle società partecipate del sistema fieristico-congressuale, un’altra di indirizzo, che dà mandato al presidente Vitali di votare a favore della privatizzazione nelle assemblee a cui parteciperà.
La più importanza modifica statutaria è quella che elimina il vincolo della maggioranza pubblica delle azioni, premessa necessaria ad ogni volontà di vendere ai privati. C’è poi l’affidamento di Rimini Congressi ad un amministratore unico anziché ad un consiglio d’amministrazione; si riducono i compensi dei consiglieri che, a meno che non siano titolari di deleghe, riceveranno solo un gettone di presenza; la garanzia di un maggior flusso di informazioni dagli amministratori delle tre società verso i soci pubblici; viene ridotta dal 10 al 5 per cento la quota di utili che obbligatoriamente deve essere reinvestita nelle società.
La delibera di indirizzo sulla privatizzazione fa il punto sulla situazione debitoria. Il sistema fieristico congressuale riminese al 31 dicembre scorso aveva circa 87 milioni di debiti. La situazione debitoria è così distribuita: circa 42 milioni a carico di Rimini Congressi (società partecipata in quote paritarie da Comune, Provincia e Camera di Commercio) per il mutuo ventennale concesso nel 2010 da Unicredit, finalizzato alla realizzazione del nuovo centro congressi di Rimini e garantito da un pegno sulle azioni di Rimini Fiera (pari al 52,556% dell’intero capitale sociale) di proprietà di Rimini Congressi e garantito anche dalla famosa lettera di patronage del giugno 2010 dei soci pubblici; circa 27 milioni a carico della Società del Palazzo dei Congressi (la società concretamente incaricata di realizzare la struttura) per il mutuo ventennale concesso dalla banca Monte dei Paschi di Siena nel 2009, garantito da ipoteca sul Palacongressi medesimo; circa 18 milioni a carico di Rimini Fiera per il mutuo concesso dalle banche Intesa San Paolo e Unicredit (scadente nel 2015 e nel 2017) per la realizzazione del nuovo quartiere fieristico.
Nel 2013 Rimini Fiera è riuscita a pagare le rate dei propri debiti, mentre le altre due società hanno chiesto ed ottenuto la cosiddetta “moratoria ABI”: per il 2014 si paga solo la quota interessi senza rimborso del capitale, con conseguente allungamento di un anno della durata del mutuo. La decisione di Unicredit, data per scontata in questi mesi, è arrivata ufficialmente solo il 29 maggio scorso.
La Società del Palazzo dei Congressi e Rimini Fiera saranno in grado, nel triennio 2014-2016, di pagare le proprie rate, non altrettanto riuscirà a fare Rimini Congressi che a questo punto non dispone di entrate proprie, se non degli utili di Rimini Fiera che però saranno disponibili solo nel 2017.
A questo punto non resta che la strada della privatizzazione. Rimini Congressi ha già avviato le procedure per l’individuazione dell’advisor, cioè del soggetto che dirà alla società se ci sono investitori interessati all’operazione e a quali condizioni. Nel frattempo Rimini Congressi non pagherà più alcuna rata ad Unicredit. La moratoria concessa dalla banca scade il 31 dicembre prossimo, probabilmente non ci sarà un atteggiamento fiscale a fronte di atti che dovranno portare a tempi brevi all’ingresso dei soci privati e quindi a denaro fresco. Certo è che i tempi si sono fatti stretti e dovendo passare tutte le decisioni attraverso gli organi politici è ben difficile che seguano la velocità di cui avrebbero bisogno.
Ma quel che conta più di ogni altro discorso è la volontà politica reale di privatizzare. E su questo nessuno oggi metterebbe la mano sul fuoco.