Alberto Marvelli, dieci anni dalla beatificazione
Alberto Marvelli è un uomo che con il linguaggio giovanile di oggi potremmo definire un tipo tosto. Dove la parola “tosto” indica un’umanità piena e realizzata, un carattere forte e non incline ai compromessi, una presenza incidente nella vita sociale e politica della Rimini dell’epoca, una fede profonda testimoniata in ogni dimensione dell’esistenza.
Alberto Marvelli è stato proclamato beato il 5 settembre 2004 da Giovanni Paolo II a Loreto, in una celebrazione svoltasi sulla spianata di Montorso, alla quale parteciparono molti riminesi con decine di pullman. Quest’anno dunque ricorrono dieci anni da quella cerimonia di beatificazione e giustamente la diocesi di Rimini ha deciso di ricordare l’evento con un denso programma teso a sottolineare l’attualità della testimonianza del giovane ingegnere morto prematuramente a causa di un incidente stradale all’età di 28 anni.
Nell’omelia tenuta a Loreto Giovanni Paolo II lo dipinse con queste parole: «Giovane forte e libero, generoso figlio della Chiesa di Rimini e dell’Azione Cattolica, ha concepito tutta la sua breve vita di appena 28 anni come un dono d’amore a Gesù per il bene dei fratelli. "Gesù mi ha avvolto con la sua grazia", scriveva nel suo diario; "non vedo più che Lui, non penso che a Lui". Alberto aveva fatto dell’Eucaristia quotidiana il centro della sua vita. Nella preghiera cercava ispirazione anche per l’impegno politico, convinto della necessità di vivere pienamente da figli di Dio nella storia, per fare di questa una storia di salvezza».
Sono molti gli aspetti della sua personalità che meriterebbero di essere approfonditi, ma certo c’è un aspetto che nell’Italia di oggi – dove la politica è spesso quanto mai lontana dalla definizione di Paolo VI di “più alta forma di carità – colpisce la nostra attenzione. Alberto Marvelli è il primo amministratore comunale ad essere giunto alla gloria degli altari. Egli infatti è stato assessore alla ricostruzione, con la delicata competenza della commissione alloggi, nelle prime due giunte di CLN costituitesi dopo la liberazione della città il 23 settembre 1944 (nel 2014 cade anche il settantesimo anniversario dalla liberazione). Marvelli è giunto a quell’incarico per essere stato un protagonista dell’assistenza agli sfollati nei momenti bui e drammatici del passaggio del fronte. Per lui l’impegno amministrativo diventa davvero la prosecuzione della carità con altri mezzi, con i mezzi di una politica che aveva orizzonte primario la risposta ai bisogni della gente e la ricostruzione della città dalle macerie della guerra.
Ripensare ad Alberto Marvelli significa ripensare alla storia della nostra rinascita nel dopoguerra, significa riandare a quelle energie positive che hanno reso possibile un cammino positivo di sviluppo per la città.
In queste occasioni è sempre presente il rischio di cadere nelle commemorazioni che nulla hanno da dire e da provocare sul nostro presente. Sarebbe quanto mai sbagliato fare di Marvelli un “santino” sdolcinato o, peggio ancora, piegato alle mode culturali del momento.
C’è da augurarsi che l’intenso programma di eventi messo in campo dalla diocesi (il vescovo ha posto il beato anche a protezione della missione al popolo del popolo che sarà realizzata nel prossimo anno pastorale) non cada in questi rischi e sia piuttosto l’occasione per riproporre, specialmente a chi non lo conosce bene, la sua testimonianza che chiede di essere capita e seguita.
Valgono sempre le parole di Giorgio La Pira, per il quale pure è in corso un processo di beatificazione: «La Chiesa di Rimini potrà dire alle generazioni nuove: ecco io vi mostro com’è l’autentica vita cristiana».