Da don Oreste a don Giussani
Che “strano” pomeriggio quello di domani 27 settembre a Rimini! Strano nel senso che ci restituisce non tanto l’immagine di una città diversa (come se tutto dovesse essere ridotto a immagine!) ma che riporta in primo piano, in prima pagina verrebbe da dire, una storia che apparentemente sembra scorrere a lato della storia ufficiale. Quando invece è l’anima, il senso, l’orizzonte della storia.
La storia che emerge in primo piano è quella che l’avvenimento cristiano ha costruito e costruisce oggi fra gli uomini e le donne di questa città. Ed è una storia che incide, che lascia il segno, che costruisce il futuro.
La chiesa della Resurrezione diventa per un pomeriggio un’aula di tribunale del tutto originale e speciale. Non si giudicano omicidi, furti, rapine, truffe, corruzioni o quanto altro la miseria umana trasforma in cronaca di tutti i giorni, ma si indaga sulla vita di un uomo per verificare se quell’uomo vive nell’eternità a faccia a faccia con Dio perché nel tempo ha vissuto in maniera eroica (che espressione insolita!) le virtù della fede, della speranza e della carità. Domani alle 16 c’è l’udienza pubblica del processo di beatificazione di don Oreste Benzi. Nella chiesa della Resurrezione sarà ascoltato il primo di una lunga serie di testimoni (un centinaio) che nelle prossime settimane sfileranno uno dopo l’altro non per puntare il dito contro qualcuno ma per riconoscere che fra le strade di Rimini e fra le strade del mondo un uomo ha speso tutta la sua esistenza per Cristo e da questa decisione è nata una storia che ancora oggi continua e che partendo dalla riva dell’Adriatico si è estesa a tutte le periferie, geografiche ed esistenziali, così care a papa Francesco.
Chi non si ricorda di don Oreste, del prete con la tonaca lisa? Alla mente riaffiora il suo volto rotondo come un sole e come una luna, il suo sorriso disarmante e coinvolgente, il suo tono di voce, l’anglo-romagnolo con cui alle prostitute chiedeva “Do you love Jesus?”, le polemiche sui nomadi, sull’aborto, sulla droga in cui amava infilarsi come un pesce in pieno mare. Tutta la sua vita sarà passata al setaccio per verificare se in quel groviglio umano, in quell’intreccio di rapporti, di gesti, di parole, di iniziative che è stata la sua vita, il centro, il motore, la molla è stata Cristo e solo Cristo. Per il popolo, che dopo la sua morte ha gridato “santo subito” la risposta c’è già. Ma la Chiesa madre e maestra vuole giustamente verificare e, dopo il suo giudizio, avremo la conferma che la storia che si è dipanata sotto i nostri occhi, spesso distratti, era una storia di santità. E ciò costituisce un richiamo per noi oggi, a tenere gli occhi aperti per scorgere nei fatti e nelle circostanze il segno di una storia diversa.
Quasi contemporaneamente, alle 15,30, centinaia e centinaia di persone (forse duemila, come è accaduto in analoghe occasioni del passato) converranno al Palacongressi per la giornata di inizio d’anno di Comunione e Liberazione. In collegamento video con Milano, e insieme ad altre comunità sparse per l’Italia, ascolteranno l’intervento di don Julian Carron, successore di don Giussani alla guida di CL, sul tema “Non sono quando non ci sei”. La giornata di inizio d’anno segna la ripresa del cammino delle comunità di CL nelle diverse città in cui si trovano a vivere. A Rimini questo cammino prosegue da più di mezzo secolo ed è una storia che ha generato tracce, segni, opere nella vita delle persone coinvolte. E’ un cammino che per proseguire ha bisogno di riandare continuamente alla sorgente che l’ha generato. Proprio in questi giorni è stato rieditato un testo di don Luigi Giussani che si intitola “In cammino”. È un testo che sottolinea la centralità della categoria di avvenimento per capire la natura del cristianesimo. L’avvenimento, ricorda don Carron nell’introduzione, ha la forma di un incontro umano alla portata di ciascuno. L’incontro con qualcosa, con qualcuno che ridesta la persona umana dalla trascuratezza a cui spesso si lascia andare, anche sotto la pressione e l’influenza dell’ambiente, del potere nelle varie forme che esso assume. E la trascuratezza dell’io – avverte don Giussani – è il maggior ostacolo ad un cammino umano. Per uscirne occorre un incontro. “L’incontro risuscita la personalità, fa percepire o ripercepire, fa scoprire il senso della propria dignità. E siccome la personalità umana è composta da intelligenza e di affettività o di libertà, in quell’incontro l’intelligenza si desta in una curiosità nuova, in una volontà di verità nuova, in un desiderio di conoscere come è veramente la realtà, e l’io incomincia a fremere in un’affezione all’esistente, alla vita, a sé, agli altri, che prima non aveva”.
Le centinaia di persone che domani affluiranno alla sala Piazza del Palacongressi documentano che questa è una dinamica interessante per chi cerca una posizione umana capace di reggere all’urto di un contesto sociale e culturale, a Rimini come nel mondo, che sembra comprimere ogni speranza.
L’incontro di domani avrà un seguito ideale il 4 ottobre quando nello stesso luogo (Palacongressi) l’astrofisico Marco Bersanelli rievocherà la figura di un testimone di questa posizione umana, don Giancarlo Ugolini, a cinque anni dalla morte. “E come orizzonte, l’universo”.
Valerio Lessi