Crisi edilizia a Rimini, gli architetti: primi segnali positivi
“Sì, quello di Reggio Emilia è davvero un bell’esempio. È una risposta concreta all’esigenza di rimettere in moto il settore dell’edilizia attraverso la rigenerazione dei centri storici. Ricordo anzi che quando è stato presentato il Psc di Rimini abbiamo avuto un incontro con l’Amministrazione nella palazzina Roma, al mare, e qualcuno di noi ha portato proprio il caso di Reggio Emilia come esempio da seguire”.
Chi parla è Roberto Ricci, presidente dell’ordine degli architetti della provincia di Rimini. Il suo è un punto di osservazione privilegiato sulla crisi del settore edile e sugli interventi necessari per rilanciarlo.
A Rimini, fino a questo momento, non è stato fatto come a Reggio Emilia, dove per rimettere in moto il settore sono stati introdotti sconti sugli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, e numerose altre facilitazioni fiscali e normative. “C’è la soddisfazione di constatare che comunque avevamo ragione. Ma vedo che altri Comuni ci stanno venendo dietro, come Riccione. Ci sono momenti storici in cui certe cose non si capiscono e altri in cui invece si riesce ad affermarle. Speriamo che questo sia uno di quei momenti”.
Il presidente degli architetti confida molto sul fatto che a marzo, come annunciato dal Comune di Rimini, si arrivi al varo definitivo di Psc e Rue. “Finalmente avremo quegli strumenti di semplificazione urbanistica che da anni invochiamo. Se le pratiche diventano più semplici e veloci, ne avrà beneficio tutto il settore. Anche il recepimento da parte della Regione Emilia Romagna delle norme previste dal decreto Sblocca Italia potrà favorire i processi di rigenerazione urbana. Mi auguro che questi segnali positivi possano aiutarci a superare una situazione che si è incancrenita”.
Sul tavolo ci sono anche le tre delibere grilline che sono state approvate in prima lettura e che aspettano l’approvazione definitiva. Riguardano il frazionamento dei grandi edifici, la possibilità di ricavare stanze dai terrazzi di almeno 30 metri quadri, gli interventi di ricucitura del tessuto urbano fuori dai centri storici. “Non mi pronuncio sulla singola proposta. – commenta l’architetto Ricci – Sottolineo solo che a Rimini, come in tutta Italia, abbiamo un enorme patrimonio edilizio da rigenerare. Il 70 per cento della popolazione vive nelle città e l’80 per cento del Pil viene prodotto nelle città. Però in questi centri urbani abbiamo edifici molto precari dal punto di vista della sicurezza. Vanno adeguati alle norme sismiche e per farlo dobbiamo essere liberati dai mille lacci e lacciuoli che finora ci hanno impedito di agire. L’altro grande tema è quello della certificazione energetica. In questo caso però bisogna intendersi su cosa significhi sostenibilità. Non è possibile che per contenere i costi energetici, dissemino di pannelli i tetti del centro storico o nell’entroterra faccio impianti fotovoltaici che deturpano il paesaggio. Ci sono certi valori, come la tutela del paesaggio che vanno salvaguardati. Non a caso noi ci chiamiamo architetti pianificatori paesaggisti. A volte nei dibattiti con i rappresentanti delle categorie economiche mi accorgo che non è facile intenderci su questo”.
L’architetto Ricci offre comunque un quadro allarmante sulle conseguenze che la crisi ha avuto sul mondo della sua professione. “A parte gli architetti che lavoravano per le imprese edilizie e che sono rimasti senza lavoro per il blocco del mercato, c’erano anche numerosi piccoli professionisti che lavoravano in casa, per piccoli pratiche, e che sono stati costretti a chiudere. Si deve sapere che solo di spese per tasse, previdenza, iscrizione all’ordine, bollette, se ne possono andare fra i cinque e i seimila euro all’anno. E senza lavoro queste spese non si sostengono. Conosco giovani che devono farsi aiutare dai genitori. Nell’ultima comunicazione che ho fatto all’ordine, in dicembre, ho rilevato 17 cancellazioni. Fra l’altro sono disoccupati non censiti dalle statistiche perché un professionista con partita IVA che non lavora più non risulta disoccupato”.
E come ordine come cercate di risolvere la situazione? “Non siamo un’associazione, ma un ordine professionale, soggetto a numerosi limiti. Il massimo che possiamo fare è sensibilizzare le Amministrazioni su questi temi. Ma anche i sindaci spesso hanno le mani legate. Parlavo in questi giorni con il sindaco di un comune vicino a Rimini che mi faceva notare che deve rispettare norme sovraordinate che spesso gli impediscono di agire, di creare condizioni per chi vuole investire”.