Arvura, l'impresa agricola under 17
Se da giugno vedrete un motorino con in sella un ragazzo che trasporta una cassetta di ortaggi non pensate che si tratti di un semplice fattorino. Se sulla cassetta vedrete il marchio Arvura, allora avrete incrociato uno dei tre giovani imprenditori che hanno dato vita ad un’originale ed inedita esperienza. Si tratta della rara (forse unica) impresa agricola under 17, sì perché i tre imprenditori sono tre ragazzi che frequentano il terzo anno del liceo scientifico. I tre ragazzi rispondono al nome di Matteo Cheodarci, Pietro Antonini e Matteo Arduini.
La loro esperienza nasce nell’estate del 2014. “Eravamo alla ricerca di un lavoro estivo – racconta Matteo Cheodarci – ma cercavamo qualcosa non tanto per guadagnare, ma un lavoro che ci piacesse, che ci facesse sperimentare un nostro interesse”.
L’interesse era quello per l’agricoltura (“Un settore sempre più abbandonato dalle giovani generazioni”), ma per fare i contadini occorre avere un campo da coltivare. Il nonno di Pietro Antonini li ha accolti nella sua azienda e ha loro affidato un pezzo di terreno che è diventato il loro orto. Dove i tre giovanotti hanno seminato e piantato una grande varietà di ortaggi:insalate, pomodori, cetrioli, zucchine, melanzane, peperoni, fagiolini e grande varietà di piante aromatiche. Poiché non era un gioco, ma un lavoro serio, i prodotti coltivati nell’orto sono stati destinati alla vendita.
Ogni azienda che si rispetti ha un marchio, e così è nata Arvura, una parola che nel dialetto riminese indica l’enorme quercia secolare che si può ammirare dalle parti di San Lorenzo. Non sono mancate le difficoltà burocratiche da affrontare e risolvere, ma a tutto questo ha pensato “l’ombrello” dell’azienda agricola Bruna Ciabatti nella quale si sono inseriti.
L’esperienza del primo anno è stata positiva e quindi i tre ragazzi hanno deciso di continuare nel 2015. Fino ad ora hanno dovuto conciliare la passione agricola con lo studio. “Ci siamo riusciti – spiega Matteo – Abbiamo anche integrato lavoro e studio con il professore di scienze che quest’anno ha spiegato la genetica. Abbiamo così capito qualcosa di più sugli incroci e come fare per ottenere prodotti migliori”. Nel loro orto c’è grande varietà: quest’anno hanno piantato anche i pomodori neri di Crimea e le melanzane bianche.
Hanno una loro pagina Facebook dove si può leggere: “I punti base del progetto sono freschezza, selezione e cura del prodotto, elementi fondamentali per raggiungere un livello di eccellenza; una valorizzazione delle numerosissime varietà di ortaggi esistenti, così come il minuzioso controllo giornaliero riservato a ogni piantina dell’orto ed infine l’uso estremamente limitato di insetticidi (arrivando quindi parlare di agricoltura integrata).Quest’attività offre al cliente nuove opportunità di interagire con la vita dell’orto, come la possibilità di raccogliere personalmente i prodotti agricoli o perfino adottare una piantina per l’intera durata della stagione”.
Da giovani imprenditori hanno capito anche l’importanza di essere in rete con altre imprese: quando a loro manca un prodotto che è richiesto si riforniscono da un’azienda agricola di Riccione, gestita dal nonno di uno di loro.
Sulla pagina Facebook è annunciata anche la grande novità dell’estate 2015: la consegna a domicilio dei prodotti. Un servizio che ovviamente ha un costo: hanno diviso la città in due zone e, a seconda della lontananza, si paga 1 euro o 1 euro e mezzo per la consegna. Per farsi conoscere hanno stampato anche qualche volantino pubblicitario, ma la forma più efficace – assicurano – è il vecchio passaparola.
Diventerà questo anche il lavoro per il futuro? “Certamente – risponde Matteo Cheodarci – sceglierò una università che mi possa servire. Poi vedremo”. Quel che non fa difetto è lo spirito imprenditoriale, che appartiene al Dna di famiglia. Matteo è il nipote di quel Giuseppe Gemmani che, appena laureato, progettò e mise in produzione una macchina per la lavorazione del legno che fece la fortuna della Scm.