Rimini Elezioni 2016 / Il civismo all'angolo
I modi della Lega sono quelli cui ci ha abituato Salvini, ruvidi e bruschi, e vale poco la pena parlarne. Nella sostanza, già dall’intervista al nostro giornale, il suo segretario romagnolo, Jacopo Morrone, ha voluto dichiarare la fine dei giochi. Come a dire, se ci sono fatti nuovi, bene, possiamo parlarne, altrimenti comandano i voti della Lega.
Morrone sa che loro, unici tra tutti gli altri soggetti del centrodestra, almeno quelli, i voti, ce li hanno. E per non rischiare di restare invischiato nelle chiacchiere e nei rimandi ha deciso di dichiarare il tempo scaduto.
Certo, Marzio Pecci è comunque un candidato sacrificabile di fronte a una personalità che s’imponga per credibilità e capacità di raccogliere le forze e i voti del centrodestra, ma solo in quel caso. Non ci sarebbe infatti nessuna convenienza altrimenti per la Lega ad accettare il candidato di altri.
Questa presa di posizione della Lega sembra così aver sancito il fallimento del tentativo avviato dalle diverse liste civiche di costruire una aggregazione autorevole e unitaria alle prossime elezioni comunali di Rimini.
I tentativi sono quelli raggruppabili intorno a Dreamini, da una parte, e Progetto Rimini dall’altra. In entrambi i casi, il loro obiettivo obbligato era quello di portare in dote alla coalizione qualcosa che li accreditasse come riferimento dell’operazione politica per il 2016.
Dreamini, fin dalla sua scelta iniziale, ha deciso che la sua peculiarità saebbero stati i contenuti, le idee, una vision della città da opporre a quella portata avanti fin qui dal sindaco Gnassi. Ma non ha voti, non ha candidati che aggiungano voti a quelli dei partiti (come sarebbe nel caso di Franco Fregni) ed evidentemente la Lega pensa di non aver bisogno di altri per l’elaborazione della propria proposta politica. Per questo probabilmente, al di là delle intenzioni e della stessa bontà dei contenuti espressi da Dreamini, il tavolo cui tutti i partiti erano seduti, secondo le dichiarazioni di questi mesi, non è riuscito a diventare un tavolo politicamente vincolante o rilevante. Prima i partiti hanno dichiarato di essere loro il centro della politica cittadina (ha incominciato Palmizio per Forza Italia), poi si è arrivato allo scontro sulle candidature, ma ormai solo come una questione tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.
Progetto Rimini, invece, sulla scorta dell’esperienza riccionese, avrebbe voluto imporsi come un fenomeno reale di civismo, superando lo schema consueto del candidato dei partiti appoggiato dalle civiche. A Riccione, a coagulare questo movimento ‘popolare’ fu la questione TRC; a Rimini, non s’è trovato un innesco altrettanto efficace e, a parte qualche volantinaggio e qualche convegno, non si è visto molto altro. Vedremo cosa rivelerà il grande polverone di questi giorni intorno al nome di Linda Gemmani.
Così, non portando le civiche voti in proprio o ‘in forma di” candidato, la palla sembra essere passata, dopo un protagonismo ‘laico’ lungo un anno e più, di nuovo ai partiti; partiti che, come era prevedibile, hanno iniziato il loro solito balletto.
Tra le poche certezze c’è che Gioenzo Renzi è disponibile a candidarsi. Sai che pacchia per il Pd. Soprattutto perché, se il centrodestra sbaglia candidato, questa volta una bella fetta di elettorato moderato, la tentazione, diciamo così, di votare Gnassi come prossimo sindaco potrebbe averla veramente.