5 Stelle a Rimini: i "puri e duri" e le convenienze elettorali
Da quando le vicende di Quarto sono balzate in primo piano, non c’è osservatore della vita politica nazionale che non abbia messo in rilievo la fine della presunta diversità del Movimento 5 Stelle.
Per un giudizio definitivo bisogna dare tempo al tempo, però anche a livello riminese si vedono alcuni fenomeni che lasciano pensare.
Il primo è il modo scelto dai grillini per individuare il loro candidato sindaco. Fino a ieri uno degli elementi della cosiddetta diversità era costituito dalla partecipazione della base, degli iscritti, dei militanti, alle decisioni che contano e soprattutto alla selezione della classe dirigente, cioè di coloro che si candidano a fare i portavoce dei cittadini nelle istituzioni. Il metodo finora praticato – attraverso la Rete – suscita più di un dubbio sulla reale democraticità e sulla capacità di garantire un esito soddisfacente. Era un metodo comunque in linea con il Dna originario del Movimento.
Per scegliere il candidato a sindaco di Rimini, il Movimento 5 Stelle invece ha pensato bene di mandare in archivio la mitologia della Rete ed ha indetto elezioni primarie alle quali non parteciperà la tanto celebrata base dei cittadini, quanto un comitato ristretto di quelli che sono stati definiti gli attivisti più partecipi. Non è dato sapere chi sia il soggetto che concede questa patente di militanza attiva ed assidua. Così come non sono stati neppure comunicati i nomi dei quattro candidati fra cui scegliere, tre uomini e una donna.
Ancora più interessanti, per capire se non la metamorfosi senz’altro il travaglio interno dei grillini fra nostalgie movimentiste e approdi istituzionali, sono le motivazioni che il consigliere comunale Gianluca Tamburini ha addotto in una intervista al Carlino. I 5 stelle avrebbero scelto la strada dei cinquanta attivisti puri, duri e fedeli per non correre il rischio di veder candidata una persona che si dimostri subito inadeguata. Tamburini questo non lo dice apertamente, ma lo fa capire quando spiega che “Fare il sindaco di Rimini non è uno scherzo, dovendo rimediare a 70 anni di monocolore, ai debiti accumulati. Amministrarla è compito da fare tremare i polsi, e farlo al modo del M5s è appassionante ma ancora più duro”. Ed ancora: “Abbiamo una forte responsabilità verso chi ci vota, la scelta del candidato sindaco è delicata e importante. Noi chiediamo ai cittadini di muoversi, uscire di casa, partecipare, diventare attivi. Iniziare insieme un percorso di lavoro e condivisione, che poi porta anche a esprimere, all’interno del gruppo che ha lavorato, la scelta del candidato sindaco”. In qualche modo Tamburini ha dato ragione a Massimo Gramellini che, sulla Stampa, commentando la notizia del sindaco grillino di Civitavecchia che vuole commissariare l’opposizione, ha scritto: “Bisogna avere il coraggio di riconoscere che il governo dell’uomo qualunque è una boiata pazzesca. Che «uno vale uno» è una boiata pazzesca. Che eleggere il primo cazzone che ha cento amici su Facebook è una boiata pazzesca”.
L’altra notizia che ha provocato il classico sobbalzo dalla sedia, vista la fonte da cui proviene, è il comunicato con cui lo stato maggiore a 5 Stelle, dal parlamentare europeo ai consiglieri comunali, ha risposto al Pd che chiedeva solidarietà per i consiglieri comunali indagati dopo la querela a loro carico da parte di Forza Nuova. Candidamente spiegano di non aver espresso solidarietà perché loro non conoscono gli atti giudiziari. “Aspetteremo di conoscere gli atti e i fatti prima di esprimerci nel merito e decidere a cosa essere eventualmente solidali”, hanno scritto. Non risulta che in numerosi altri casi, locali e nazionali, i grillini abbiano atteso le sentenze definitive della magistratura per esprimere i loro giudizi spesso e volentieri improntati ad una logica aspramente giustizialista. Di solito basta qualche notizia sui giornali e subito si scatena il can can. Per carità, il Movimento 5 Stelle ha tutto il diritto politico di non esprimere solidarietà, ma spieghi appunto che si tratta di una scelta politica. Non ci si trinceri dietro una sorta di garantismo che da quelle parti non si è mai visto. È un classico caso in cui le convinzioni morali e politiche si piegano alle convenienze del momento.
E le convenienze del momento sono elettorali, come documenta d’altra parte il comunicato del Pd accompagnato da un fotomontaggio in cui Grillo sembra fare il saluto romano e le cinque stelle sono diventare le bandierine di Forza Nuova. Nei confronti dei grillini, il Pd riminese sembra aver rispolverato l’antica consuetudine della demonizzazione dell’avversario, condita con l’antifascismo che è un po’ il prezzemolo che non può mancare mai quando si tratta di stabilire il confine tra i buoni e i cattivi.
È evidente che, di fronte al dissolvimento del centrodestra che non da segni di risveglio e di compattezza, il Pd vede nel Movimento 5 Stelle un avversario temibile e pericoloso. Che una campagna elettorale sia tale, cioè aspra e dura, fa parte delle regole del gioco. Che i colpi bassi e i toni sopra e fuori le righe vengano praticati all’inizio, è un segnale che preoccupa.