Dichiarazione di Filippo Sacchetti, segretario provinciale del Pd:

Il successo al primo turno di Jamil Sadegholvaad a Rimini e quello sfiorato al primo colpo anche a Cattolica, dove Franca Foronchi si presenta al ballottaggio con più del 49% del consenso contro il sindaco uscente, sono la dimostrazione di come il Partito Democratico sia il grande propulsore delle coalizioni di centro sinistra.

Sia nel Comune capoluogo che nella Regina, il Pd è infatti di gran lunga il primo partito della città, la forza di riferimento. Questo risultato, figlio del buon governo riminese e dell’attitudine a ben amministrare la cosa pubblica, ci consentirà di fornire alla amministrazioni del territorio grande sostegno in questa delicatissima fase della ripartenza post Covid.

Ma questa giornata si carica di tanti altri significati sia sul piano locale che su quello nazionale: è innanzitutto il segno tangibile di come la rigenerazione di Rimini nel segno della bellezza, del rispetto dell’ambiente, della cultura, del welfare e della qualità della vita dei cittadini sia stata colta da una città che vuole proseguire in questo slancio dal respiro europeo.

Jamil raccoglie un testimone importante ed è la persona giusta per farlo: lo abbiamo detto in tutti questi mesi, lo ribadiamo a gran voce ancora una volta. Ha saputo parlare al cuore della città, essere credibile nella sua proposta, dialogare con i riminesi che hanno ritrovato orgoglio e senso di appartenenza.

Siamo stati più forti di tutto, di colpi bassi e sovranismi alti, che oggi non solo a Rimini ma fortunatamente in tantissime altre grandi città si sono visti la porta sbarrata. E questo, unito ai risultati nelle due realtà romagnole in cui ci siamo presentati con il nostro simbolo, è l’altra vittoria di queste amministrative.

Ora avanti tutta con il sostegno pieno a Franca Foronchi per il ballottaggio e avanti tutta anche per recuperare ancor più il contatto diretto con la gente: l’altro dato incontrovertibile che emerge, in provincia di Rimini, come purtroppo nel resto d’Italia, è infatti quello di un astensionismo mai visto prima.

Bisogna riconquistare la fiducia delle comunità ed è quello che ci siamo posti come obiettivo immediato del post Covid: un ritorno fra la gente che ci ha caratterizzato in questi mesi e che i numeri di Jamil Sadegholvaad e Franca Foronchi ci confermano essere la strada maestra per il Pd di oggi e di domani.

Una nota del candidato del centrodestra, Enzo Ceccarelli

"I Riminesi hanno scelto e hanno scelto per ben due volte. La prima non andando a votare, con una percentuale di affluenza che è tra le più basse storicamente registrate in città. La seconda votando in maggioranza la coalizione di centrosinistra, anche se il risultato non è ancora definitivo. Naturalmente accettiamo il risultato delle urne, questa è la democrazia.

Certo, dispiace per la scarsa affluenza al voto, che è stata decisiva per il risultato finale. Si è trattato di un fenomeno nazionale che andrà analizzato in profondità per capire questa disaffezione per la democrazia dei cittadini, di cui la politica è responsabile.

Dispiace anche che la coalizione di centrodestra e le liste civiche non abbiano raggiunto il ballottaggio che era il nostro obiettivo. Su questo punto ritengo che sia stato decisivo il risultato ottenuto da Gloria Lisi, sotto le aspettative, e il fatto che una buona parte del Movimento 5 Stelle abbia deciso di votare direttamente Sadegholvaad, senza seguire le indicazioni dei parlamentari pentastellati. Sono stati quei pochi punti percentuali che hanno provocato la grande differenza tra un'elezione al primo turno o un ballottaggio.

Per quanto mi riguarda ho un grande rammarico: cioè che la scelta della mia candidatura sia arrivata tardi, a un mese dal voto. Sono convinto che più tempo a disposizione avrei avuto la possibilità di fare conoscere meglio le mie proposte. Peccato, ma anche in questo caso è inutile recriminare, sapevo che era un'impresa difficile e queste poche settimane hanno rappresentato una sfida bellissima. Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine e tutti i riminesi che mi hanno mostrato amicizia e condivisione per le nostre proposte politiche.

Ringrazio anche i partiti che mi hanno sostenuto. E devo dire che, nonostante le inevitabili polemiche che seguiranno, è stato raggiunto un buon risultato, soprattutto da parte delle strutture più organizzate. La battaglia continuerà in consiglio comunale e i nostri eletti con la loro opposizione contribuiranno a rendere Rimini sempre più bella e funzionale, se la compagine di centrosinistra saprà approfittare di questa opportunità.

Grazie a tutti, è stata una bellissima esperienza".

"Il risultato di Rimini non è in linea con le nostre ambizioni. Dobbiamo dialogare meglio con il territorio e grazie al lavoro fatto insieme a Gloria queste settimane, i segnali sono molto incoraggianti". I parlamentari % Stelle Marco Croatti e Giulia Sarti riconoscono la sconfitta: solo il 2,5 per cento.

Sottolineano anche che a Rimini ha vinto il campo progressista, al quale loro si sono volontariamente sottratti.

Ecco la nota integrale:

I parlamentari Sarti e Croatti dichiarano: "Amministrative che vedono il successo del campo progressista, anche qui a Rimini il trend viene confermato. Il dato dell'affluenza invece racconta che abbiamo perso un po' tutti.

Il progetto "civico", sviluppato insieme a Gloria Lisi e il MoVimento 5 Stelle a Rimini, ha permesso di eleggere nel prossimo Consiglio Comunale dei rappresentanti che sapranno stimolare la prossima amministrazione su temi importanti per la nostra città.

In 2 mesi si è costituito un gruppo di persone che ha gettato il cuore oltre l'ostacolo per il solo bene della comunità, insieme al MoVimento hanno avuto pochissimo tempo per spiegare il progetto alla città, a tutti loro va tanta ammirazione e un ringraziamento per quanto fatto.

Gli equilibri politici e l'organizzazione delle formazioni nazionali sono in un momento di fermento e cambiamento. A Rimini la politica dell'IO e i veti incrociati di alcune componenti del centro hanno di fatto spinto alla creazione di due formazioni progressiste. Quella guidata da Sadegholvaad ha raccolto la maggioranza dei voti, a cui facciamo i complimenti.

Il risultato di Rimini non è in linea con le nostre ambizioni. Dobbiamo dialogare meglio con il territorio e grazie al lavoro fatto insieme a Gloria queste settimane, i segnali sono molto incoraggianti.

Il nuovo corso del MoVimento 5 Stelle è iniziato da poche settimane ed ha una traiettoria che passa dal campo progressista.

Ci sono enormi potenzialità e aspettative della gente per il futuro. Noi abbiamo grandi responsabilità e vogliamo continuare al più presto a lavorare sui temi utili alla nostra città".

Jamil Sadegholvaad, l’assessore dal nome strano, l’erede designato del decennio di amministrazione Gnassi, è il nuovo sindaco di Rimini. Lo è diventato ieri sera con il 51,32 per cento dei voti. Non c’è stato bisogno di ballottaggio. Alle sue spalle, a quasi venti punti di distanza, ha lasciato Enzo Ceccarelli, il candidato del centrodestra, che è andato incontro ad una vera e propria debacle: si è fermato al 32,94 per cento. Gloria Lisi, l’ex vice sindaco che ha voluto correre da sola, non ha raggiunto lo sperato risultato a due cifre: solo l’8,93 per cento. Era sostenuta dal Movimento 5 Stelle, che ha conquistato un misero 2,45 per cento. È andata molto meglio a Matteo Angelini, candidato del movimento 3V, ovvero i no vax, che entra in consiglio comunale spinto da un clamoroso 4,1 per cento.

Questa la sintesi della giornata elettorale di Rimini. Volendo entrare nel dettaglio dell’analisi, non si può non rilevare la bassa affluenza (55,5): quasi un elettore su due ha preferito rimanere a casa. Su questa disaffezione al voto, che inaspettatamente colpisce anche le elezioni locali, ci sarà molto da riflettere per le forze politiche. A dispetto di una certa retorica (“non ci fanno votare”), al momento decisivo un cittadino su due ha rinunciato al proprio diritto. Più che il bene comune sembra abbia prevalso una mentalità individualistica. Del resto il successo dei no vax va in questa direzione: una scelta di vita particolare che diventa partito politico. Se gli elettori sono rimasti a casa, evidentemente l’offerta politica non era di qualità tale da indurli ad andare al seggio. È un’assenza che colpisce soprattutto l’area di centrodestra che più di altre doveva essere motivata per dare il proprio contributo. Gli elettori di centrosinistra, per tradizione, sono più fedeli al dovere elettorale. Sulla scarsa affluenza è lecito immaginare che possa avere influito anche lo spettacolo indecoroso offerto dal centrosinistra (lotta interna al Pd per il candidato) e dal centrodestra (incapacità a trovare un candidato degno di questo nome) nei sei mesi precedenti al voto.

Sul successo di Jadegholvaad c’è poco da dire. Evidentemente alla maggioranza degli elettori è piaciuta la città che ha lasciato il sindaco Andrea Gnassi ed ha voluto premiare il candidato che si è presentato come l’alfiere della continuità. È andato bene il candidato sindaco, ma sono andate benissimo anche le liste che lo sostenevano. Il Pd, nonostante abbia ceduto voti alle liste civiche di centrosinistra, resta oltre il 26 per cento. La Lista Jamil, quella fortemente sponsorizzata da Gnassi, raggiunge quasi il 17 per cento, andando oltre di quattro punti al Patto Civico del 2016.

Quando ha siglato l’accordo elettorale con il Movimento 5 Stelle, Gloria Lisi non immaginava certo che i grillini non avrebbero raggiunto nemmeno il 2,5. Un magro bottino a cui, per essere un po’ più sostanzioso, non sono bastati nemmeno i due bagni di folla di Giuseppe Conte. A Lisi è andata meglio con le sue liste civiche, specialmente con quella che portava il suo nome, che ha superato il 4 per cento. La vittoria al primo turno di Sadegholvaad ha impedito all’ex vice sindaco di far pesare i suoi voti al turno di ballottaggio.

Il risultato elettorale dovrà aprire una seria riflessione, si spera, nei partiti di centrodestra. Hanno perso, ed hanno perso male, come se non ci fosse stata partita. La delusione per la bruciante sconfitta deve cedere il passo ad un’iniziativa politica che restituisca la speranza del cambiamento ai propri elettori che in parte hanno preferito non andare a votare.

Sono molti gli errori commessi, talmente evidenti che solo ad elencarli dà l’impressione di sparare sulla Croce Rossa. Innanzitutto la scelta del candidato. Ci si è incaponiti sulla scelta del civico e, nell’impossibilità di trovarne uno all’altezza, si è ripiegato sull’ex sindaco di Bellaria. Una scelta maturata tardi, fuori tempo massimo, senza la piena convinzione degli alleati. Una fase che porta la firma del coordinatore regionale della Lega Jacopo Morrone, che, per lealtà verso gli elettori riminesi di centrodestra, dovrebbe assumersi la responsabilità della debacle e trarne le dovute conseguenze. È auspicabile che questo voto ponga fine a un centrodestra riminese eterodiretto (male) da Forlì. Fino all’ultimo momento i dirigenti locali del centrodestra si sono cullati nell’illusione che il 47 per cento ottenuto alle regionali del 2020 si potesse automaticamente replicare alle comunali, pur in assenza di un candidato valido e di una proposta per la città. Non funziona così. Ormai sono numerosi i casi, anche in Romagna, che mostrano come gli elettori alle amministrative votino in modo diverso, sono più attenti a nome, cognome e credibilità dei candidati. I dirigenti locali del centrodestra, inoltre, non hanno mai voluto prendere atto che la Rimini del sindaco Gnassi, con i suoi pregi, i suoi difetti, ed anche le sue evidenti lacune, piace alla maggioranza degli elettori. Invece che mettersi in sintonia con questo sentimento diffuso, e promettere un balzo in avanti, un salto di qualità per fare meglio di Gnassi, si sono attardati sulla retorica del cambiamento, che può funzionare quando si esce da un disastro evidente, ma non era il caso di Rimini.

Nel centrodestra, gli elettori non hanno premiato la battaglia “barricadera” di Lucio Paesani che pure ha cercato di condizionare toni e linguaggio della coalizione: la sua lista in campagna elettorale da quasi un anno si è fermata all’1,76 per cento. Se si pensa che l’adesione del civico Paesani alla candidatura di Ceccarelli è stato il grimaldello con cui Morrone è riuscito ad imporla alle altre forze… Paesani ha preso appena venti voti in più di Davide Frisoni, che ha confezionato la sua lista all’ultimo minuto. Restano senza rappresentanza i “moderati” che hanno preso appena il 2 per cento.

Gli elettori hanno mostrato di non essere molto appassionati al duello fra Lega e Fratelli d’Italia per il primato nella coalizione, e salomonicamente hanno loro dato pari forza, con uno scarto di poche decine di voti. Nei due gruppi consigliari sono stati eletti nuovi consiglieri e confermati alcuni uscenti che si presentano con le carte in regole per impostare un’opposizione costruttiva al sindaco Jamil e porre le basi per la nascita di un centrodestra di governo. In queste settimane si è molto insistito sul centrodestra unito: non basta l’unità, occorre che ci sia una cultura di governo e persone credibili che la sappiano interpretare. È questa la sfida, suffragata dal disastro elettorale, che attende gli uomini del centrodestra.

Con solo 30 sezioni scrutinate su 143 è presto per trarre qualsiasi conclusione. Però bisogna riconoscere che alcune tendenze sono molto pronunciate. Jamil Sadegholvaad è in testa con il 52,27 per cento dei voti. Enzo Ceccarelli lo insegue con quasi venti punti di distanza: è al 32,6.

Gloria Lisi al momento non riesce a raggiungere un risultato a due cifre, essendo ferma all’8,40 per cento.

Molte sorprese in quella che potremmo chiamare la zona bassa della classifica. Il movimento no vax viaggia intorno al 4 per cento e se mantiene questa andatura riesce ad eleggere il proprio candidato Matteo Angelini. Il movimento 5 Stelle, nella coalizione di Gloria Lisi, è al 2,38 per cento, un risultato davvero deludente.

(Rimini) Sabato 9 ottobre alle ore 12, alla presenza del vescovo e del sindaco, sarà ufficialmente inaugurato il piazzale don Giancarlo Ugolini (sacerdote ed educatore 1929 – 2009) .  E' una delle iniziativa in occasione del dodicsimo anniversario dalla morte del sacerdote. L'altra iniziativa è per domani lunedì 4 ottobre alle 19 nella chiesa di san Giuseppe al Porto: una santa Messa celebrata da don Pino de Bernardis, di Chiavari.

"Con “Io, poi sono un amante sviscerato della libertà” (titolo della mostra del 2019) - si legge in una nota di Marco Ferrini, del comitato promotore - abbiamo inteso utilizzare questa sua espressione che definisce a tutto tondo la grande personalità e lo spessore umano di un uomo che ha educato intere generazioni di giovani. In una Rimini uscita dal disastro della seconda guerra mondiale e sulla scia di un grande testimone cristiano quale Alberto Marvelli, don Ugolini è stato, con un timbro tutto suo e con peculiari caratteristiche, un protagonista, insieme a don Oreste Benzi, di una rinnovata presenza della Chiesa. È stato padre per aver riconosciuto di essere figlio, ed è proprio da questa posizione umana che ne è nata la sua paternità per migliaia di persone".

"La gratitudine al Signore per averci donato un uomo che si è reso il tramite per una vita piena di significato e che è stato così protagonista della storia della nostra città e non solo, ci ha spinto a proporre la dedicazione di un luogo significativo che ne ricordasse la memoria ed avesse tutta la forza di una attualità nel presente momento storico. Si è dovuto attendere il convenzionale decennio dalla morte per l’istanza all’Amministrazione Comunale. Non poteva essere un luogo qualunque e dopo alcuni anni di ricerca paziente abbiamo proposto di ridenominare Piazzale Gondar (Bellariva di Rimini) con il suo nome. Luogo significativo anche perché adiacente alla ex Colonia Comasca sede della Karis Foundation, importante e significativa realtà educativa, fortemente voluta da lui e dalla sorella Gabriella Ugolini Zanotti". 

 

Le elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre non coinvolgono solo il capoluogo Rimini ma altri quattro Comuni della provincia: Cattolica, Montescudo-Montecolombo, Novafeltria e Pennabilli.

RIMINI

A Rimini, come abbiamo ampiamente raccontato in queste settimane, la sfida è fra sei candidati sindaci: Jamil Sadegholvaad, centrosinistra, Enzo Ceccarelli, centrodestra; Gloria Lisi, liste civiche e Movimento 5 Stelle; Mario Erbetta, Rinascita civica; Sergio Valentini, Rimini in comune, Matteo Angelini, Movimento 3V.

Della campagna elettorale a Rimini abbiamo ampiamente parlato su BuongiornoRimini. A questa pagina trovate il link a tutte le liste in lizza con i nomi dei candidati. 

CATTOLICA

L’altra sfida interessante, visti i risultati del 2016, è quella di Cattolica. Cinque anni fa il candidato del Pd, Sergio Gambini, fu sconfitto al ballottaggio da Mariano Gennari, del Movimento 5 Stelle, con il candidato del centrodestra, Massimiliano Gessaroli, che invitava a votare per Gennari al fine di mandare la sinistra all’opposizione. Oggi la situazione è completamente cambiata. Gessaroli è tornato in campo con una propria lista civica, sostenuta da Lega e Fratelli d’Italia. Si è dichiarato pentito della scelta del 2016 e si batte per spodestare Gennari. Anche il centrosinistra, che ha candidato a sindaco Franca Foronchi, cerca la sua rivincita sui grillini e ha l’obiettivo di tornare ad amministrare la città. Al voto si presenta anche Francesco Vittori, della Lista Rossa, cioè sinistra estrema. È evidente che la battaglia per arrivare al ballottaggio è fra Gennari, Gessaroli e Foronchi. Un test molto interessante da seguire. A questo link potete trovare tutte le liste e l’elenco di candidati di ciascun partito.

Nei Comuni sopra i 15 mila abitanti, come Rimini e Cattolica, si vota nel seguente modo. L’elettore può scegliere un sindaco, barrando nome e cognome, e una lista di candidati per il consiglio comunale, scegliendola fra quelle collegate al candidato sindaco. In alternativa (voto disgiunto), può scegliere un candidato sindaco e una lista collegata ad un altro candidato. 

Nel voto di lista si possono esprimere fino a 2 preferenze. La seconda preferenza deve però essere attribuita ad un candidato di genere diverso. 

Se nel voto di domenica e lunedì nessun candidato raggiungerà il 50,01 per cento di consensi, fra due settimana si andrà al ballottaggio fra i due candidati con i migliori risultati.

MONTESCUDO-MONTECOLOMBO

A Montescudo-Monte Colombo si contenderanno la poltrona di sindaco tre candidati. Torna in campo Gian Marco Casadei, dirigente in pensione, già sindaco di Montescudo per due mandati, dal 1980 al 1990. Lo sostiene la lista Insieme. Il sindaco uscente, Elena Castellari, cerca di essere confermata con la sua lista Torri Unite. La terza candidata è Shelina Marsetti, già consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, si presenta con la lista Nuovi Orizzonti.

NOVAFELTRIA

Due candidati si confrontano a Novafeltria. Il primo è il sindaco uscente, Stefano Zanchini, appoggiato dalla lista Percorso Comune, di area centrodestra.  Con Zanchini si ripresentano la vice sindaca uscente Elena Vannoni, l’assessore ai lavori pubblici uscente, Fabio Pandolfi, quello al bilancio, Luca Rinaldi, e il presidente del consiglio comunale, Lorenzo Cantori. 

A sfidare Zanchini è Ottavia Borghesi con la lista Rin-Nova, di area centrosinistra. Borghesi è figlia dell’ex sindaco, scomparso pochi mesi fa, Gianfranco Borghesi, ed è stata segretaria del locale circolo Pd.

PENNABILLI

Due candidati a confronto anche a Pennabilli. Anche in questo caso il primo è il sindaco uscente Mauro Giannini, alla guida di una lista civica “lontana dai partiti e formata da cittadini che amano Pennabilli”. Con lui anche la vice sindaca uscente Giuliana Lucarini e l’assessore ai servizi sociali Ilaria Riccardi.  A sfidare Giannini c’è Cristina Ferri, 55 anni docente e consigliere comunale uscente. In passato è stata assessore e presidente del consiglio dell’Unione Comuni Valmarecchia. Al suo fianco per il ruolo di vicesindaco un giovane, Luca Sartini di 25 anni.

Nei Comuni con meno di 15 mila abitanti non c’è ballottaggio. Vince chi, fra i vari candidati, arriva primo con il maggior numero di voti. Quindi la sera di lunedì si conoscerà già il nome del nuovo sindaco di Montescudo-Montecolombo, Novafeltria, Pennabilli. 

A volte, in queste settimane di avvicinamento al voto, candidati e partiti hanno evocato la parola sogno. Senza offesa per nessuno, ma non ci pare che questa campagna elettorale ci abbia fatto sognare. Da nessuno abbiamo udito un’idea, una visione di città, un’analisi, un insieme di proposte per il futuro capaci di strappare un’emozione, di ravvivare un desiderio. Di farci sognare, appunto. 

Candidati e partiti sono stati assolutamente prevedibili, hanno recitato con più o meno diligenza e creatività, il copione che il ruolo, il partito o il marketing politico gli imponeva.

Jamil Sadegholvaad, centrosinistra, ha puntato fin dal giorno della sua discesa in campo sul fatto che non ci sarà più un uomo solo al comando ma un gioco di squadra e, allo stesso tempo, sul mantra della continuità con l’amministrazione Gnassi. Una sovrapposizione, anche di immagine, fra Jamil e il sindaco uscente, che negli ultimi giorni è apparsa talmente insistente (volantini, post, pubblicità, cene) da far pensare a qualche possibile effetto boomerang. 

Enzo Ceccarelli, centrodestra, si è proposto come la persona che può finalmente realizzare, sulla scorta dei numeri nazionali, il desiderio di cambiamento di quanti non sopportano settant’anni e più di amministrazione in mano alla sinistra. Aggiungendo che lui può affrontare questo ricambio, perché il sindaco l’ha già fatto (anche se in un Comune poco simile nelle preoccupazioni e nelle priorità a quello di Rimini). 

La terza incomoda, la sorpresa di queste elezioni, l’ex vice sindaco Gloria Lisi, si è comportata appunto da terza incomoda. Ha fatto di tutto con le sue cinque liste per sparigliare le carte, anche lanciando messaggi politicamente scorretti, come l’appello al voto disgiunto o la dichiarazione di essere vicina al ballottaggio, dichiarazioni che rivelano più l'astuzia della comunicazione che il carattere della candidata.

Candidati sindaci e candidati consiglieri comunali si sono prodigati con incontri, comunicati, stampa, post sui social, per far conoscere il loro pensiero su ogni aspetto della vita cittadina, dal turismo alla viabilità, dalla sanità alla sicurezza, dal parco del mare alle fogne, dallo sport alle aree di sgambamento per i cani. Da destra si insisteva sulla mancanza di parcheggi e di sicurezza, da sinistra si magnificavano i brillanti risultati finora ottenuti e la promessa di completare l’opera. Tutto bello, tutto giusto, tutto però già sentito, tutto assolutamente prevedibile. 

È come se nessuno dei contendenti avesse deciso di affrontare un rischio, oltre a quello iniziale di metterci la faccia e di candidarsi, che pur resta un’apprezzabile testimonianza di impegno al servizio della propria città.  È come se tutti gli spin doctor dei principali candidati avessero suggerito ai loro “clienti” di non esporsi troppo, di non uscire dai contorni del proprio personaggio, perché un’esposizione esplicita può far guadagnare consensi, sì, ma ne può far perdere altri. Meglio un profilo leggero, ecumenico. Sono insomma prevalsi calcoli da marketing elettorale, strategie di comunicazione, a danno di una compromissione più vera e leale con le domande e i bisogni della città, con i candidati disponibili a farsi interrogare sui contenuti e sul metodo della politica, disposti a uscire dalle ricette già pronte.

Detto questo, in ogni caso i riminesi domenica e lunedì dovranno andare a votare per eleggere il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale. Se non sarà un sogno o una proposta non scontata a muoverli, cosa potrà orientarli a scegliere fra le varie proposte in campo? 

Si può immaginare che una parte di elettorato (un tempo preponderante, adesso residuale) voterà in base ad un senso di appartenenza culturale e politica. Non importa il candidato, non importa il programma, io comunque voto a destra, io comunque mi oriento a sinistra.

C’è poi una vasta area che potremmo chiamare di voto d’opinione. Certamente ha le proprie inclinazioni politiche che vengono espresse soprattutto nel voto nazionale. Ma nel voto amministrativo guarda le persone in gioco, i loro programmi, soprattutto la loro credibilità e affidabilità. Scelgo quel candidato perché la sua storia, la sua esperienza, ciò che ha già realizzato nella vita o nell’amministrazione, lo qualificano come adeguato al compito. 

C’è infine un criterio più generale, che coinvolge trasversalmente tutti e che riveste un certo peso. Ciascuno di noi vive la propria esperienza di città. E matura il proprio giudizio sui servizi dell’amministrazione, sulle opere che vengono realizzate, in base alla corrispondenza che trova rispetto ai propri bisogni e ai propri desideri. E sarebbe auspicabile che, nel compiere questa valutazione, nel riflettere sulla propria esperienza di città, un elettore andasse anche oltre il proprio legittimo interesse particolare e si aprisse alla prospettiva del bene comune. 

Si diceva all’inizio dei messaggi di Jamil e Ceccarelli, ovvero continuità e cambiamento. È assai probabile che molti elettori alla fin fine scelgano sulla base di questi opposti messaggi. Chi ha avuto reazioni positive ai cambiamenti realizzati da Gnassi, voterà Sadegholvaad; chi per storia e cultura vuole che anche a Rimini si realizzi l’alternanza sceglierà Ceccarelli.  Sarà interessante verificare lunedì sera quale messaggio sarà prevalente nelle scelte degli elettori.  L’attrazione verso l’uno e l’altro dipenderà appunto dall’esperienza di città che ciascuno vive.  Rimini è tendenzialmente una città conservatrice. Lo si vede anche nelle scelte politiche nazionali. E questa tendenza conservatrice potrebbe insinuarsi anche nelle elezioni amministrative. L’esperienza locale degli ultimi anni dice che i cambiamenti di amministrazione si verificano in presenza di una crisi che faccia da detonatore. Se in un Comune è prevalente un sentimento positivo, se non c’è un problema acuto che scompagina gli equilibri, difficilmente il messaggio del cambiamento viene recepito. A Bellaria nel 2009 vinse per la prima volta il centrodestra perché si usciva da un fallimentare decennio del sindaco Scenna, a Riccione è iniziata l’era Tosi perché la vicenda del Trc ha disintegrato lo storico consenso maggioritario del Pci-Pd.  Nel 2019 l’assalto del centrodestra a Santarcangelo non è riuscito perché i cittadini di quel Comune non avevano un’esperienza negativa della loro città. 

In ogni caso dunque è importante che si vada a votare. Secondo l’esperienza di città che abbiamo vissuto in questi anni e secondo ciò che ci impegna nella vita, secondo la speranza che ci anima per il futuro dei figli, degli amici e della comunità tutta. Andiamo, non restiamo al balcone a guardare, la politica ci deve sentire. 

"Rimini ha bisogno di una Nuova Isola delle Rose, di aprirsi al mare, di riscoprire questo elemento troppo spesso trascurato, di aprirsi al mondo, di diventare un modello di riferimento per le nuove politiche del turismo, ferme a progetti di arredo urbano che dopo dieci anni sono ancora largamente incompleti. La Nuova Isola delle Rose diventerà il simbolo di questo nuovo slancio, della volontà di questa città di crescere a livello internazionale e non solo nel limitato spazio del centro storico".

Nell'ultima settimana di campagna elettorale il candidato del centrodestra Enzo Ceccarelli cerca di atturare l'attenzione proponendo di far rivivere il sogno dell'Isola delle Rose, la piatatforma realizzata al largo di Rimini nel 1968.

"La Nuova Isola delle Rose che abbiamo in mente - ha spiegato Ceccarelli - è una struttura completamente ecologica e autonoma dal punto di vista energetico, galleggiante o posizionata su pali per non creare problemi di correnti o erosione, situata a poche miglia dalla costa e che al suo interno ospiterà ristoranti, bar, esercizi commerciali ma, soprattutto, per riaffermare che i sogni nascono dalla cultura e dal rapporto con l'ambiente, una grande biblioteca e una cineteca. Un'Isola che riscrive il rapporto di Rimini con il mare, che può permettere l'approdo di navi di grandi dimensioni che portano turismo qualificato. Un'Isola che rappresenta di per sé una grande attrazione turistica di cui si parlerà sui media internazionali, anche in relazione alla storia che vuole evocare. La Nuova Isola delle Rose non sarà impattante, sul modello di isole che hanno avuto grande risonanza in questi ultimi anni, ma che sconvolgono interi ecosistemi. Il nostro sogno fa riferimento a progetti innovativi che si stanno diffondendo nel mondo, con isole che non hanno impatto sull'ambiente e creano nuovi mondi ecosostenibili. Dal punto di vista tecnico sono diversi gli aspetti da discutere con le autorità, a cui ci atterremo, ma c'è una forte volontà politica di dare a Rimini un nuovo sogno, di tornare ad essere il nuovo punto di riferimento nel mondo del turismo a cui non bastano pezzi di lungomare o la statua di un rinoceronte in una piazzetta o una piscinetta davanti al castello. E' prematuro discutere degli aspetti tecnici adesso, né dei particolari del progetto. Per ora lanciamo questo sogno, questa suggestione che poi avrà un suo percorso fatto di gare internazionali, di investimenti pubblici-privati in un rapporto virtuoso, che favorisca il reperimento delle risorse necessarie per il progetto che comunque ha costi meno onerosi di opere come il Metrocosta e che promette ritorni sull'investimento molto più importanti, sia per il pubblico che per il privato. I collegamenti saranno agevolati, sia per chi vuole recarsi con i propri mezzi, con possibilità di ormeggio, sia per i turisti, grazie a servizi di navetta che daranno anche nuovo slancio al nostro porto e opportunità di investimenti e occupazione".

Tutto lascia prevedere che il voto di domenica e lunedì manderà al ballottaggio Jamil Sadegholvaad ed Enzo Ceccarelli. Per conoscere il nome del nuovo sindaco di Rimini sarà quindi necessario attendere altre due settimane. Ma la sera del 4 ottobre sarà già possibile compiere alcune valutazioni politiche. Gli occhi degli osservatori, dei candidati, dei militanti, si concentreranno su alcuni dati.

Il primo è su chi avrà tratto vantaggio dal voto disgiunto, cioè dalla possibilità di votare un candidato sindaco e un partito che fa parte di un’altra coalizione. È una facoltà che gli elettori hanno sempre mostrato di usare. La novità di questa campagna elettorale è che una candidata, Gloria Lisi, ha lanciato un esplicito appello: votate pure il vostro partito preferito ma come sindaco scegliete me. Di solito il voto disgiunto si pratica e non si dichiara, è evidente che Lisi punta a intercettare quanti, soprattutto a destra, non sono convinti del candidato ufficiale. 

La sera del 4 ottobre quindi si osserverà quanti voti ha preso un candidato sindaco e quanti la sua coalizione. Se i voti delle liste di partito saranno superiori a quelli del candidato sindaco significa che quel candidato non solo non è stato capace di attrarre nuovi voti ma nemmeno di conservare quelli della propria area politica, e ciò potrebbe avere una qualche influenza anche nel ballottaggio. 

Il secondo dato saranno i voti dei partiti e le proiezioni sulla formazione del consiglio comunale nel caso vinca l’uno o l’altro dei due candidati giunti al ballottaggio. 

Per il voto ai partiti, nel centrodestra l’occhio andrà subito a chi fra Lega e Fratelli d’Italia avrà vinto la battaglia per essere il primo partito. Non è questione di poco conto: dovessero vincerla i meloniani, per la Lega, che ha espresso il candidato sindaco, sarebbe uno smacco bruciante.  Nel centrodestra certamente si guarderà anche a quanti voti racimolerà la lista di Lucio Paesani, che ha condizionato non poco sia il tono sia i contenuti della campagna elettorale di Ceccarelli. Nel centrosinistra sarà interessante vedere se il Pd conserverà una quota di consensi oltre il 30per cento e quale sarà il risultato della Lista Jamil, per la quale il sindaco Andrea Gnassi ha speso totalmente la propria immagine. 

Fra le liste che sostengono Gloria Lisi l’attenzione sarà puntata ai 5 Stelle che si ripresentano dopo essere stati fermi un giro: sarà una verifica su quanto vale in termini elettorali a Rimini il partito di Grillo. La legge prevede che una lista non in coalizione con altre possa esprimere un consigliere solo se supera il 3 per cento: è un traguardo al quale punta Rinascita civica di Mario Erbetta.

Il 3 e 4 ottobre si eleggono 20 consiglieri di maggioranza e 12 di opposizione. A molti sarà capitato di incrociare un candidato consigliere che chiede il voto perché “così sarò eletto”. Ma quanti voti di lista occorrono per eleggere un consigliere comunale? Beh, tutto dipende se la lista finirà in maggioranza o sarà relegata all’opposizione. Questo lo sapremo solo la sera in cui sarà proclamato il nuovo sindaco.  Per capire gli ordini di grandezza possiamo guardare ai risultati del 2016. Con l’avvertenza che l’affluenza alle urne era stata piuttosto bassa (57 per cento) perché si votava solo la domenica, mentre quest’anno si vota anche il lunedì mattina e quindi è lecito aspettarsi un incremento di partecipazione. A Rimini Futura, che faceva parte della vincente coalizione Gnassi, sono bastati 1.500 voti per eleggere il consigliere. A Uniti si vince, lista che raccoglieva la diaspora della destra, ne sono invece stati necessari 2.200, cioè il 46 per cento in più: sosteneva il candidato del centrodestra e quindi è finita all’opposizione.  

Dopo aver capito chi va al ballottaggio, dopo aver valutato le perfomance dei partiti, la sera del 4 ottobre si andrà a vedere chi sono i probabili eletti in consiglio comunale. Nei giorni di vigilia, la domanda che arrovella i candidati e i loro sostenitori riguarda quanti voti di preferenza siano necessari per avere al certezza di essere eletti. Difficile dirlo, anche perché guardando alle elezioni del 2016 si vede che la situazione cambia da partito a partito. Nella Lega, per esempio, l’ultimo degli eletti su quattro, era entrato con appena 94 voti. Situazione del tutto diversa nel Pd dove l’ultimo degli eletti, su tredici, è entrato con 279 voti. Nella Lega cinque anni fa il voto di preferenza è stato scarsamente praticato anche perché il partito aveva preso voti prevalentemente in forza del simbolo e non di una presenza sul territorio. Al contrario nel Pd c’era stato un ampio uso delle preferenze. 

Dal 5 ottobre si comincerà a pensare al ballottaggio. Le dichiarazioni solenni della vigilia escludono un apparentamento fra centrosinistra e coalizione Lisi. Quindi nessun candidato potrà contare su un appoggio aggiuntivo. Il ballottaggio si presenta come una nuova elezione che quasi nulla ha a che fare con il voto di due settimane prima. È sbagliato pensare che chi è arrivato in testa al primo turno, certamente parta favorito.  Non vale il discorso: Tizio ha ottenuto il 49 per cento, gli basta una manciata di voti per vincere. Sarà avvantaggiato chi riuscirà a convincere il maggior numero dei propri elettori a tornare alle urne per completare l’opera. A sinistra si dirà: tornate tutti a votare altrimenti vincono le destre. A destra si dirà: tornate tutti a votare altrimenti non si realizza il sogno del cambiamento. Vincerà chi, oltre a conservare il maggior numero di elettori fedeli, riuscirà anche ad attrarre il maggior numero di voti fra gli elettori che al primo turno hanno scelto un altro candidato. 

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