Non è certo una novità sapere che l’emergenza Coivd ha allargato la fascia delle persone che vivono in condizioni di disagio economico. Ma ciò che impressiona del tradizionale rapporto annuale della Caritas sulla povertà (questa volta dedicato esclusivamente a ciò che è successo dal gennaio all’agosto 2020) è la notizia che il 20 per cento delle 1.170 persone che si sono rivolte ai servizi non tornava alla Caritas da più di cinque anni. Ciò significa che per molte persone che faticosamente, grazie anche all’aiuto del volontariato, avevano raggiunto equilibrio e autonomia, il Covid è intervenuto a farle di nuovo arretrare in una situazione di estremo bisogno. Compogono questo 20 per cento alcune categorie di persone: le donne, le persone tra i 45 e i 64 anni, un maggior numero di stranieri (in particolar modo rumeni, ucraine, senegalesi e russi).

Accanto a chi dopo anni si è trovato costretto a ricorrere ai servizi della Caritas, ci sono quanti (3 su 10) che per la prima volta hanno bussato alle porte dell’ente. Tra le “persone nuove” sono state riscontrate alcune tendenze.

È stato rilevato un aumento di uomini (addirittura l’85% nel periodo giugno-agosto), un incremento di giovani tra i 25-34 anni (pari al 26,2% tra giugno e agosto) ed anche una presenza maggiore di persone nella fascia di età 45-54 anni (pari al 25,5% tra giugno e agosto).

Ad ampliare la fascia delle persone nuove contribuiscono parecchio gli italiani: tra gennaio e febbraio erano il 29,6%, tra marzo e maggio addirittura il 39,6% e tra giugno e agosto il 34,5%. 

Rispetto agli stranieri si è riscontrato un aumento di peruviani (soprattutto tra gennaio e maggio dove hanno raggiunto il 13% di tutte le persone incontrate per la prima volta); un aumento di ucraine nel periodo tra marzo e maggio, pari al 9,4% (per la maggior parte badanti che avevano perso il posto di lavoro e faticavano a trovarne uno nuovo, alcune da poco rientrate in Italia dopo aver trascorso il lockdown in patria); un aumento di marocchini e tunisini nel periodo estivo, pari rispettivamente al 22,3% e al 5% delle persone “nuove” (tra i quali diversi giovani sprovvisti di documenti).

Il lockdown da Covid ha spinto a rivolgersi agli sportelli della Caritas categorie di persone che negli anni precedenti erano o del tutto assenti o assai rare. La crisi nel settore  turistico (stagione più ridotta o del tutto annullata) ha lasciato a terra persone che contavano sul lavoro stagionale per avere una fonte di reddito. Nel corso della presentazione del Rapporto si è fatto l’esempio di Marco, un giovane parmense di 20 anni che da due anni viveva a Rimini  perché aveva trovato lavoro in un hotel. Il suo albergo non ha riaperto e lui si è visto costretto a rivolgersi alla Caritas. Inoltre non era mai capitato di incontrare agli sportelli Caritas figure professionali appartenenti al mondo della notte e del divertimento. È stato fatto l’esempio di Carlos, un latino-americano che organizzava feste di ogni tipo e che le norme sul distanziamento sociale hanno lasciato senza lavoro. Impressionante anche il caso del Dj che si è rivolto alla Caritas per fare ascoltare la sua musica e per non restare da solo, lui abituato a vivere sempre in mezzo a tanta gente.

Cosa offre la Caritas a tutti costoro? La mensa, così come funzionava in precedenza (seduti a tavola) non è più aperta, ma vengono consegnati pasti caldi da asporto. Da gennaio ad agosto ne sono stati distribuiti 4.054 contro i 2.932 serviti a tavola nello stesso periodo dell’anno precedente. Un altro servizio della Caritas è il cosiddetto “giro nonni”, ovvero la consegna di pasti a domicilio ad anziani che non possono muoversi da casa. A gennaio in media venivano servite 43 persone, mentre a partire da marzo il numero è iniziato a crescere, fino a toccare il picco di 105 persone il 18 maggio. Ha superato le 140 tra il 25 luglio e il 4 agosto, in quanto, su richiesta del Comune, sono stati serviti i pasti a dei senegalesi senza dimora che vivevano in un albergo abbandonato ed erano in quarantena perché alcuni di loro erano risultati positivi al virus.

Dalla tarda primavera, in condizioni di igiene e sicurezza, la Caritas è riuscita a garantire anche il servizio docce e la distribuzione di vestiti puliti. Questi sono i servizi centrali, ma non va trascurato il contributo offerto dalla diffusa rete delle Caritas parrocchiali. 

Ciò che non si è potuto più fare è il dormitorio per i senza fissa dimora perché lo stare insieme  in stanze con più persone può incrementare la diffusione del virus. Il fenomeno delle persone costrette a vivere in  strada è più ampio di quel che si possa pensare: gli operatori della Caritas ne hanno incontrate 630 nei primi otto mesi dell’anno, anche se non tutte residenti a Rimini, ma solo di passaggio. L’assessore Gloria Lisi, intervenuta  alla presentazione del Rapporto, ha parlato della presenza in città di 120 senza fissa dimora ai quali il Comune intende dare risposta con l’apertura di un hotel a essi dedicato, contando sulla collaborazione del volontariato. 

Condividere le ragioni di una speranza capace di affrontare le sfide che ci aspettano e costruire il futuro avendo a cuore le attese delle giovani generazioni. Questi sono i tratti distintivi del Meeting 2020 Special Edition, che ha voluto dare un contributo alla ricostruzione dopo la fase acuta della pandemia.

Il titolo, “Privi di meraviglia restiamo sordi al sublime”, si è rivelato particolarmente prezioso per riflettere sui motivi di un rinnovato impegno personale e sociale. Il messaggio di papa Francesco è stato un grande incoraggiamento a comprendere che è proprio «lo stupore che mette e rimette in moto la vita, consentendole di ripartire in qualunque circostanza» e che dà «la forza per affrontare disagi e fatiche». Il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, ha ringraziato gli organizzatori per aver realizzato il Meeting anche quest’anno e ha invitato i partecipanti ad essere «profeti della meraviglia e della speranza». Nel suo intervento sul titolo della manifestazione il costituzionalista Joseph Weiler ha ricordato che l’umano stesso è fonte strabiliante di meraviglia, anche quando è sfidato da eventi drammatici o disumani. Una parola-chiave del Meeting di fronte alla situazione drammatica che stiamo attraversando è stata «speranza»: il contributo di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL, è andato al cuore di questa esperienza, indagandone origine e ragioni.

L’attenzione ai giovani ha caratterizzato non solo gli incontri sulla scuola e sull’educazione, ma anche quelli sull’economia e il welfare. Dal discorso inaugurale di Mario Draghi (già presidente della Bce) all’intervento del Nobel Muhammad Yunus, tanti ospiti hanno sottolineato l’importanza di una responsabilità condivisa per creare un futuro diverso con un assetto politico competente e coraggioso. In un ciclo dedicato al nesso fra sostenibilità e sussidiarietà si è discusso di tematiche decisive legate all’economia, alla mobilità e allo sviluppo delle città.

Il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato in modo incisivo la necessità di una ricostruzione con «profonda idealità, ampia visione e grande concretezza», una necessità che si è evidenziata in discussioni di ampio respiro sul futuro della democrazia, sul senso del Parlamento, sul rapporto Stato-Regioni e, al contempo, in incontri più mirati sulle riforme dei sistemi sanitari e del welfare. La sottolineatura del presidente Mattarella sul cambiamento dell’Unione Europea come «premessa di un rilancio dell’Italia» è stata raccolta anche nei dibattiti sull’utilizzo del Recovery fund – Next Generation UE, soprattutto dagli interventi del presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e del commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni.

Intellettuali, scrittori e scienziati di fama mondiale hanno documentato che lo stupore e la gratitudine per la bellezza della realtà ci permettono di cogliere i significati più profondi della nostra esistenza e di arricchire la ricerca del bene.

E se le regole anti-Covid hanno consentito solo a un numero limitato di persone di partecipare ad alcuni incontri, i contenuti resi accessibili sulle piattaforme digitali del Meeting e dei media partner hanno registrato ad oggi più di un milione di accessi con visualizzazioni on demand in continua crescita e sempre a disposizione di tutti.

Ampie parti del programma sono state rilanciate su 130 piazze in Italia e in altri 25 Paesi, dove gli “ambassador” del Meeting hanno organizzato serate ed eventi. Un ringraziamento particolare va ai volontari a Rimini e tutti quelli che hanno organizzato le piazze, ai relatori, ai tecnici, ai partner e ai sostenitori. Tutti si sono impegnati con passione, responsabilità e creatività. Questo Meeting ha dimostrato che ognuno di noi, l’Italia stessa, può ripartire positivamente, pur nel rispetto integrale delle regole che la circostanza Covid ci impone.

La Special Edition 2020 si è conclusa con le testimonianze di quattro donne che, in altrettanti angoli del mondo, affrontano situazioni spesso disumane con «una speranza che non delude», un ponte gettato verso la prossima edizione (la 42ma) che si svolgerà dal 20 al 25 agosto 2021 a Rimini; il titolo sarà Il coraggio di dire “io”

In un dibattito in cui i rappresentanti dei vari partiti (ed erano tutti big) hanno ripetuto le posizioni più o meno note, senza andare sopra le righe ma senza nemmeno scaldare il cuore, il compito di esprimere giudizi tranchant è toccato al presidente della Fondazione per la sussidiarietà, Giorgio Vittadini. Dopo il primo giro di interventi sulla retorica e provocatoria domanda “Il Parlamento serve ancora?”, Vittadini ha provato a dettare la sua linea: basta con gli uomini soli al comando, li abbiamo avuti negli ultimi 30 anni ed hanno tutti fallito; basta con le piattaforme che si propongono di sostituire la democrazia rappresentativa; basta con un parlamento di nominati, si torni alle preferenze o si facciano le primarie; basta con una magistratura che pretende di risolvere i conflitti; si facciano le leggi in un clima di collaborazione fra maggioranza e opposizione; si faccia una vera riforma costituzionale, senza procedere a spizzichi e bocconi.

Quest’anno all’incontro politico promosso dall’intergruppo della sussidiarietà, coordinato da Maurizio Lupi, c’era un panel di big, alcuni al loro esordio di fronte al Meeting: accanto ai frequentatori abituali come Antonio Tajani, Maria Elena Boschi, Graziano Delrio, spiccavano le new entry Roberto Speranza, Luigi di Maio, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Di Maio e Meloni in collegamento, tutti gli altri in presenza, con Speranza, a parte il pubblico, unico a indossare la mascherina, tolta solo quando è stato il suo turno a parlare.

Parlando del futuro del Parlamento, ognuno ha detto la propria sul referendum sul taglio dei parlamentari su cui si andrà votare il 20 settembre. Tutti, tranne Lupi, hanno approvato la legge, e quindi sono per il sì, pur sottolineando che così si tratta di una riforma incompleta, bisognosa di altri interventi. Ma chi ha voluto il taglio non ha nemmeno presentato un disegno di legge complessivo.

Breve e senza acuti l’intervento del ministro Di Maio: il taglio dei parlamentari dovrà essere completato dalla riforma dei regolamenti e da una nuova legge elettorale. Il ministro Speranza, poiché all’inizio Vittadini aveva ricordato il ruolo dei partiti in una democrazia rappresentativa come veicolo delle istanze della società, ha convenuto con questa impostazione. Ha sostenuto che durante la pandemia la democrazia ha retto, se sono stati presi alcuni provvedimenti limitativi è perché corrispondevano al comune sentire dei cittadini. Ha detto che la ripartenza deve cominciare con un robusto investimento sulla sanità. Bisogna ricorrere al Mes? Sembrava la logica conclusione del discorso, ma non l’ha detto.

Maria Elena Boschi ha riproposto un argomento topico del renzismo di governo: la democrazia per essere tale deve essere decidente, ma non alla Orban che con la scusa dell’emergenza ha chiuso il Parlamento. Il Parlamento deve decidere anche quando i provvedimenti sono impopolari, meglio una scelta difficile che una diretta su Facebook.

Secondo Delrio non c’è democrazia senza Parlamento, la sovranità popolare si esprime in quella sede, non è interpretata da un capo o da un leader. Quindi no al presidenzialismo perché non c’è bisogno di un uomo forte ma di una società forte.

Tajani ha polemizzato fortemente con la democrazia in salsa grillina (piattaforma Rousseau e dintorni) e ha rispolverato un argomento tradizionale del berlusconismo, cioè l’invadenza della magistratura in campo politico.

Salvini ha rilanciato una riforma dello Stato in senso presidenzialista e federalista e, in polemica con Boschi, ha difeso Orban perché ha fatto crescere la natalità del 10 per cento. Nel secondo intervento ha toccato gli argomenti che potevano strappare un applauso: le irruzioni dei carabinieri in chiesa durante il lockdown, l’ingiusta discriminazione nei confronti delle partite IVA che devono pagare le tasse, le scuole paritarie non finanziate, la proposta di legalizzare le droghe leggere, la legge Zan contro l’omofobia. Curiosamente non ha parlato di immigrati.

Giorgia Meloni ha sferrato un duro attacco al governo per aver usato il lockdown per decidere senza passare dal Parlamento. Ha attaccato anche la maggioranza perché vuole una legge elettorale proporzionale mentre lei è per il maggioritario .

Le conclusioni di Vittadini sono state sulla linea del primo intervento. Abbiamo problemi gravi, scuola, sanità, lavoro, che non possono essere affrontati a colpi di maggioranze del 51 per cento. Serve un salto di qualità, la ricerca del bene comune fra forze che sono diverse. Abbiamo bisogno di un Parlamento che, pur nelle differenze, riesca a concordare sulle priorità da affrontare. Altrimenti non riusciremo a fare quanto indicato da Draghi, e senza questo saremo morti.

In Emilia Romagna il bollettino sull'andamento dell'infezione da Coronavirus registra 82 casi in più rispetto a ieri, di cui 44 asintomatici individuati nell’ambito delle attività di contact tracing e screening regionali. Il numero di tamponi anche oggi supera i 10mila, mentre l’indice di trasmissione (Rt) a 14 giorni è di 0,45, sotto la media nazionale, fissata a 0,83. A Rimini i nuovi casi sono 7. Si tratta di 4 pazienti di sesso maschile e 3 di sesso femminile, 2 dei quali con sintomi. Cinque pazienti sono stati diagnosticati tramite contact tracing di casi già noti, 1 a seguito di test positivo effettuato volontariamente ed 1 a seguito di ricovero in pronto soccorso per altra patologia: quest’ultimo paziente resta ricoverato per la sua specifica patologia, in isolamento, pur essendo asintomatico rispetto al covid, mentre gli altri 5 sono in isolamento domiciliare. Oggi si sono inoltre registrate 7 guarigioni di residenti.

Degli 82 nuovi casi, 52 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone e 31 sono stati individuati nell’ambito di focolai già noti. Sono 32 i nuovi contagi collegati a vacanze o rientri dall’estero, per i quali la Regione ha previsto due tamponi naso faringei durante l’isolamento fiduciario se in arrivo da Paesi extra Schengen e un tampone se di rientro da Grecia, Spagna, Croazia e Malta. L’attività di prevenzione e controllo sul territorio da parte del Servizio sanitario regionale prosegue dunque con efficacia.

Per quanto riguarda la situazione sul territorio, le province che presentano il maggior numero di casi sono Reggio Emilia con 19, Piacenza e Ravenna con 12 casi ciascuna.

In provincia di Reggio Emilia, su 19 nuovi positivi, 10 erano già in isolamento al momento della diagnosi e 12 sono sintomatici. Nel dettaglio: 6 i casi di ragazzi che avevano frequentato locali da ballo in Riviera, 6 rientri dall’estero (Albania, Turchia, Corfù e Malta), 2 da focolaio familiare. Due sono contatti di caso noto e 1 è stato individuato nell’ambito dell’attività di screening in un’azienda del territorio. Due, infine, i casi di positività al momento considerati isolati.

Tutti i 12 nuovi casi individuati nel Piacentino sono connessi a rientri dall’estero: 6 da Romania, 2 da Albania, 1 da Grecia, 1 da Spagna, 1 da Austria, mentre 1 è un contatto di persona rientrata dalla Spagna. Quattro i sintomatici e 10 le persone che erano già in isolamento.

In provincia di Ravenna (12 nuovi positivi), 2 casi fanno riferimento a persone rientrate dall'Albania; 4 a persone rientrate da Spagna e Malta; 3 sono frutto dell’attività di contact tracing su casi già noti. Infine, sono 3 i nuovi positivi che fanno riferimento a tamponi richiesti dai medici di medicina generale per sintomi. Sei i sintomatici e 5 i pazienti già in isolamento al momento del tampone.

Questi i dati - accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali - relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

I tamponi effettuati ieri sono 10.062, per un totale di 811.229. A questi si aggiungono anche 1.375 test sierologici.

I casi attivi, cioè il numero di malati effettivi, a oggi sono 1.861 (45 in più di quelli registrati ieri). Non si registra alcun decesso in tutto il territorio dell’Emilia-Romagna. Il numero rimane dunque invariato: 4.455

Le persone in isolamento a casa, ovvero quelle con sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 1.776 (+45 rispetto a ieri), il 95% dei casi attivi. Restano 8 i pazienti in terapia intensiva. Invariato anche il numero di quelli ricoverati negli altri reparti Covid: 77.

Le persone complessivamente guarite sono 24.392 (+37 rispetto a ieri): 29 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 24.363 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.

Questi i nuovi casi di positività sul territorio, che si riferiscono non alla provincia di residenza, ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 4.723 a Piacenza (+12, di cui 4 sintomatici), 3.864 a Parma (+9, di cui 4 sintomatici), 5.267 a Reggio Emilia (+19, di cui 12 sintomatici), 4.268 a Modena (+7 , di cui 2 sintomatici), 5.493 a Bologna (+9, di cui 6 sintomatici), 447 casi a Imola (invariato), 1.147  a Ferrara (+5, di cui 1 sintomatico), 1.251 a Ravenna (+12, di cui 6 sintomatici), 1.011 a Forlì (+2, di cui 1 sintomatico), 869 a Cesena (invariato) e 2.368 a Rimini (+7, di cui 2 sintomatici).

Sono in pieno svolgimento gli interventi previsti a Misano World Circuit per modificare la distribuzione delle sedute nelle 17 tribune che ospiteranno il pubblico della MotoGP.

L’Ordinanza della Regione Emilia-Romagna consente, qualora tutti i biglietti fossero venduti, un potenziale pubblico di 10.000 persone al giorno, con l’esclusione dei prati. Scenderà quindi al 10% la capienza complessiva dell’impianto.

“Avremo su di noi lo sguardo dello sport mondiale – commenta il managing director Andrea Albani – ed intendiamo dare un segnale di sicurezza, efficienza e fiducia. Tutti siamo ormai consci che in attesa di un vaccino efficace e disponibile, il mondo dovrà convivere con i rischi di contagio da Covid-19. Nel frattempo tocca ad ognuno, con senso di responsabilità, trovare il giusto equilibrio nei comportamenti personali e nelle attività economiche. Dimostreremo, ne sono certo, che con tutte le precauzioni è possibile ricominciare un percorso verso la normalità. E’ questo il segnale che vogliamo arrivi dalla Riders’ Land”.

I lavori in corso riguardano le sedute in tribuna, dove gli addetti in questi giorni stanno smontando le 40.000 sedute per riposizionarle a distanze che sono sempre sopra al metro e in taluni casi raddoppiano anche la distanza fisica minima. Al termine dei lavori, la capienza delle tribune sarà ridotta a poco più del 25%.

La tribuna meno capiente sarà la Tribuna A (alla curva Misano, l’ultima prima del rettilineo), che passerà da 2.100 a 400 posti (19%); le più capienti saranno le tre Brutapela (fra variante del Parco e curve Rio) che da 3.750 ognuna passeranno a 920 posti (25%). Per queste tre tribune, dove numericamente si concentrerà un po’ di più il pubblico, sono stati previsti doppi ingressi per ognuna e l’utilizzo di ampie aree di parcheggio.

Altri interventi in corso riguardano l’organizzazione dei 17 varchi di ingresso 17. Ogni tribuna avrà un proprio parcheggio dedicato, proprio per evitare ogni genere di assembramento intorno al circuito. Sulla disciplina di ingresso, permanenza ed uscita dall’impianto vigileranno almeno 700 steward.

Al 30 giugno 2020 in provincia di Rimini si contano 2.323 imprese giovanili attive che costituiscono il 6,8% del totale delle imprese attive (6,8% anche in Emilia-Romagna e 8,8% in Italia). Lo rilevano i dati Infocamere-Movimprese riferiti al 1° semestre 2020.

Nel confronto con il 30 giugno 2019, si riscontra un calo delle imprese giovanili del 5,3%, superiore alla variazione negativa regionale (-3,4%) e nazionale (-3,6%).

I principali settori economici risultano: Commercio (28,4% delle imprese giovanili), Costruzioni (16,9%), Alloggio e ristorazione (16,6%), Altre attività di servizi (prevalentemente servizi alle persone) (6,2%), Ind. Manifatturiera (4,8%), Noleggio, ag. viaggio e servizi alle imprese (4,7%) e Agricoltura (4,5%).

Rispetto al 30 giugno 2019 calano le imprese giovanili nel Commercio (-4,9%), nelle Costruzioni (-6,4%), nell'Alloggio e ristorazione (-9,4%), nelle Altre attività di servizi (-6,5%) e nel Manifatturiero (-12,5%); aumentano, invece, quelle operanti nell'Agricoltura (+2,9%) mentre rimane stabile il settore Noleggio, agenzie viaggio e servizi alle imprese.

I settori con la più alta incidenza percentuale delle imprese giovanili sul totale delle imprese attive sono, nell'ordine: Attività finanziarie e assicurative (11,8%), Altre attività di servizi (9,7%), Noleggio, agenzie viaggio e servizi alle imprese (9,6%), Servizi di informazione e comunicazione (8,4%), Alloggio e ristorazione (8,2%) e Costruzioni (8,1%).  

Riguardo alla natura giuridica delle imprese giovanili, prevalgono nettamente le imprese individuali (73,1% del totale), seguite dalle società di capitale (17,1%) e società di persone (9,2%). Nel confronto con l'anno precedente si assiste alla diminuzione sia delle imprese individuali (-5,5%) sia, in forma lieve, delle società di capitale (-0,5%), che delle società di persone (-7,8%).

In un contesto di analisi territoriale, poi, si evidenzia come la maggioranza delle imprese giovanili provinciali si trova nel comune di Rimini (46,4%), classificato come "Grande centro urbano"; buona anche la presenza nei comuni di Riccione (10,3%), Bellaria Igea Marina (6,8%), Santarcangelo di Romagna (5,6%) e Coriano (2,7%), ossia nei cosiddetti "Comuni di cintura" (totale 25,5%), e di Cattolica (6,2%), Misano Adriatico (4,3%) e San Giovanni in Marignano (2,1%) ("area del Basso Conca", totale 12,6%). Ad essi vanno aggiunti i comuni di Morciano di Romagna (2,2%) e Montescudo-Monte Colombo (1,5%) (entrambi della Valconca), Verucchio (2,7%) e Novafeltria (1,7%) (ambedue della Valmarecchia).

In ultimo, i comuni con la più alta incidenza percentuale delle imprese giovanili sul totale delle imprese attive risultano Verucchio (8,4%), Montescudo-Monte Colombo (7,5%), Morciano di Romagna (7,4%), Rimini (7,2%) e Bellaria Igea Marina (7,1%).

 

Rimini e il suo territorio provinciale potrebbero mobilitare investimenti fino a 105 milioni di euro fino al 2026 grazie ai benefici del Super ecbonus al 110% per gli investimenti in efficientamento energetico degli edifici o riduzione del rischio sismico.

E' quanto emerge dalle stime sulla mole di investimenti che saranno attivati dal Super ecobonus arrivano dall'ufficio studi di Confartigianato, che ha stilato due classifiche di attrazione dell'agevolazione su base territoriale oggi pubblicate sulle pagine di ItaliaOggi.

"Cifre che, seppur stimate – è il commento dell'Amministrazione comunale di Rimini – danno la percezione della portata di questo provvedimento sia in termini ecosostenibili, andando ad abbattere le dispersioni energetiche, ma soprattutto d'impulso agli investimenti in un settore come quello edilizio in forte crisi."

Come si ricorderà il Super ecobonus del 110 per cento, previsto dal Decreto rilancio, è diventato pienamente operativo con la firma dei decreti attuativi da parte del ministro del ministro dello Sviluppo economico e, in sintesi,         prevede la detrazione, ripartita in 5 anni, cedibile anche a banche e assicurazioni o all'impresa che effettua i lavori sotto forma di sconto in fattura, per tutti quegli interventi che riducono l'impatto ambientale degli edifici, producono un risparmio energetico e proteggono dai rischi sismici, concorrendo a realizzare gli obiettivi su energia e clima fissati dal governo.

"Ora la scommessa è quella di mettere in condizione cittadini e imprese di cogliere questa straordinaria occasione di sviluppo e ripresa dell'economia messa in campo dal governo, indirizzando e facilitando tutti i passaggi a cui un ente come il nostro è preposto. Un percorso che dovremo essere in grado di rafforzare per raccogliere e rilanciare la sfida, che al nostro territorio è posta da questa opportunità, con un'adeguata risposta organizzativa. Per questo, mentre l'Amministrazione sta investendo nella digitalizzazione degli archivi edilizi, con un investimento che strutturalmente renderà più agevole il reperimento dei diversi precedenti edilizi, a livello organizzativo stiamo lavorando per accompagnare questa fase con un potenziamento dell'accesso telematico all'archivio edilizio con l'obiettivo di velocizzare i tempi di trasmissione dei fascicoli elettronici degli edifici a chi ne fa richiesta, nella consapevolezza che la ricognizione dello stato di fatto è la prima attività che serve ai tecnici per procedere ad istruire le pratiche.

Gli interventi congiunti di riqualificazione energetica e sismica possono poi beneficiare delle innovazioni portate anche nella DGR 967/2015 e, come chiarito anche nella variante al RUE adottata, in particolare delle soluzioni in merito alla deroga alle distanze per la realizzazione di coimbentazioni all'involucro che perseguano entrambi gli obiettivi. Si tratta di una straordinaria occasione per rinnovare un patrimonio edilizio alla luce delle esigenze ecocompatibili dei nostri anni."

È possibile che nel contesto storico attuale, fra Covid, crisi economica e incertezze sul futuro, la parola speranza non sia una parola vuota? Che differenza c’è fra la speranza e un generico ottimismo? Come si può trasmettere speranza e non paura ai propri figli? E il cristianesimo che contributo originale può portare? A Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, il presidente del Meeting Bernard Scholz snocciola una dopo l’altra le domande che la parola speranza suscita nel cuore degli uomini.

Il contributo di Carrón, che già si era espresso durante il lockdown con un e-book su Il risveglio della’umano, aggiunge nuovi contenuti alla riflessione di questo Meeting 2020.

“Sperare – osserva Carrón citando Pavese (“Qualcuno ci ha promesso qualcosa?) – è costitutivo dell’essere umano. Quando però la realtà diventa implacabile e lancia una sfida, è messa alla prova la consistenza della speranza”. L’ottimismo è diverso, è una predisposizione psicologica a vedere i lati positivi della realtà, ma non ha durata, non resiste, basta nulla per cambiare umore. L’ottimismo in sostanza è un surrogato della speranza. “Una circostanza come il Covid ha fatto emergere se la nostra speranza era un semplice ottimismo o aveva una capacità di durata”.

Durante il lockdown si “sperava” che durasse poco e che si tornasse presto alla normalità. Però aspettando il tempo che passa non si vive il presente. “Tutto dipende da qual è il nostro punto di appoggio che abbiamo per vivere qualsiasi circostanza. La speranza ha bisogno di una ragione. Quando non ho questo punto di appoggio, aspetto che la tormenta passi. Ma è una bella fatica alzarsi ogni mattina aspettando che passi la giornata” L’alternativa, secondo Carrón, è stare di fronte ad ogni situazione, bella o brutta che sia, aperti all’imprevisto. “Sorprenderci in azione con una posizione che noi stessi non avevamo preventivato”. La questione diventa allora capire quale sia questo punto di appoggio evocato dal sacerdote. “In certe situazioni ognuno fa il test del cammino che ha fatto nella vita. Se a qualcuno, diceva Giussani, è stata risparmiata la fatica del vivere, non avrà la capacità di veder vibrare tutta la sua ragione. Chi invece ha attraversato sfide, scopre di avere risorse che altri non vedono. Il punto è evitare che la vita passi senza che ci faccia crescere. Un medico mi raccontava del bel rapporto nato con i colleghi durante l’emergenza, ma finita quella quasi si faceva fatica a salutarsi. Come se l’esperienza vissuta non fosse basata su un punto di appoggio che resiste nel tempo”.

Il punto di appoggio – ecco il punto centrale della riflessione di Carrón - è la scoperta di qualcosa di diverso che esiste nel presente e che suscita uno sguardo diverso su futuro. “Uno può arrivare a 50 anni senza più aspettarsi nulla dalla vita e scorgere nel brillio degli occhi di un altro una intensità di vita che ridesta la speranza. E comincia a seguirlo. Quando penso che la partita sia chiusa, vedo qualcosa che mi spalanca. Cos’ nasce la speranza.” Il riferimento è all’insegnamento di don Giussani: “La speranza è la certezza del futuro in forza di una realtà presente”. Questa presenza è qualsiasi realtà umana in cui emerge un modo diverso di stare di fronte alla realtà. Come i discepoli che erano in grado di affrontare la tormenta se c’era la presenza di Gesù con loro. Carrón cita i suoi studenti che erano certi dell’amore della mamma perché, dopo averlo sperimentato, non potevano immaginare che venisse meno. “Se non c’è la certezza del bambino che si fida della mamma, la speranza è una parola vuota, non è quella speranza che non delude di cui parlava san Paolo”. Cristo ha posto nella storia un fatto che è all’origine della nostra speranza. Carrón cita lungamente la storia dell’intellettuale basco Mikel Azurmendi, presentata lunedì sera al Meeting, che ascoltando un giornalista alla radio che manifestava una posizione umana diversa, è partito per incontrare, uno dopo l’altra, persone che aveva una modalità di stare nel reale, fino a scoprire che la Presenza di cui parlano i cristiani continua oggi come duemila anni fa.

È una speranza che fa i conti anche con l’attuale contesto storico, così segnato dalla sfiducia. “E’ venuto meno quello che Benedetto XVI chiamava il progresso accumulativo. La vita umana ha bisogno di un nuovo inizio. Questo può avvenire se la consistenza è posta in qualcosa che è più potente di qualsiasi crisi. Pensiamo ai figli, solo se abbiamo una speranza da comunicare loro, possiamo non trasmettergli la paura nel sangue. Quando invece dovremmo accompagnarli con la nostra speranza”.

Carrón ritorna sul tema dei giovani. Il rischio è quello di risparmiare loro la fatica del reale, di difenderli dalla minaccia della realtà. Quando invece si tratta di aiutarli a scoprire che qualsiasi difficoltà può essere l’opportunità di scoprire nuove possibilità. “Hanno bisogno di adulti che guardano al futuro senza essere determinati dalla paura”.

Ultimo punto decisivo: ma quella che offre il cristianesimo non è una speranza consolatoria, che distoglie da un impegno dalla realtà? “No, il cristianesimo non chiude in un cerchio chiuso dove si sta più o meno bene. Risveglia l’uomo e un uomo risvegliato mette le mani in pasta. La promessa cristiana è il centuplo quaggiù. Non so che cristianesimo abbiano visto quelli che lanciano queste accuse. È nostra responsabilità mostrare che è un avvenimento che compie l’uomo”.

Metti il presidente del Meeting Bernard Scholz e il giurista ebreo Joseph Weiler, a discutere del tema 2020 del raduno (Privi di meraviglia, siamo sordi al sublime) ed il risultato è del tutto sorprendente, diverso probabilmente anche da ciò che si aspettavano gli organizzatori.

Tutto verte sulla diversa interpretazione della frase del filoso ebreo Abraham Heschel. Weiler non si attarda sul senso di meraviglioso e di sublime che può suscitare lo spettacolo della natura. A suo giudizio la frase si può riferire anche alla meraviglia sul comportamento di un uomo o di Dio stesso. Ci si può meravigliare di Dio di fronte alla Shoah, allo tsunami, al Covid, nel senso che emerge la domanda. "Dov’eri Dio di fronte a questi eventi? Perché non sei intervenuto?”.

Secondo Weiler bisogna distinguere fra le tragedie che sono il prodotto della cattiveria umana e le sciagure della natura. Il relatore basa la sua riflessione sulla rivelazione biblica dell’Antico Testamento. L’uomo è stato creato capace di distinguere il bene dal male. Non solo, ha anche la capacità di scegliere fra il bene e il male. Weiler insiste su questo tasto: "Questa capacità di scegliere ha anche valenza teologica. Anche il comandamento di amare Dio con tutto il cuore implica una scelta. Se non possiamo dire di no, allora il sì non avrebbe valore". Cita la scrittrice polacca Olga Tokarczuk che nel suo testo I Libri di Giacobbe fa dire a un protagonista che “Dio tra un mondo senza il male e un mondo senza esseri umani, ha scelto un mondo in cui ci fossero gli esseri umani”.

Dove sta allora la meraviglia di cui parla Heschel? Weiler non ha dubbi: non è tanto lo spettacolo della natura a suscitare meraviglia e a condurre al sublime ma il comportamento degli uomini. E racconta: "Ho dei parenti a Trieste. Durante la seconda guerra mondiale, sono stati nascosti tre anni in una chiesa cattolica. Chi li ha nascosti ha rischiato di essere ucciso, ma lo ha fatto comunque. Questo è una meraviglia”.

Quando invece accade una catastrofe della natura, come un terremoto o come un virus micidiale tipo Covid, secondo Weiler non bisogna scomodare Dio, pensare che si tratti di una punizione divina. Citando l’episodio dell’arca di Noè, ricorda che da quel momento Dio ha stabilito che da quel momento in poi la natura avrebbe seguito le sue regole, a volte tristi, a volte felici. Per cui anche di fronte al Covid, la meraviglia è che ci siano stati medici e infermieri che, mettendo a rischio la propria vita, si siano prodigati per assistere e curare le persone. "Nel 2016 ero qui al Meeting e ricordo i volontari che si misero a servizio per il terremoto. Questo è una meraviglia, questo è sublime. Nel mondo dove c'è cattiveria umana e dove ci sono disastri naturali, la meraviglia sono gli uomini che si comportano ad immagine di Dio".

A questo punto Scholz lo incalza con le domande: perché l’hanno fatto, cosa è emerso in loro? Perché i salmi pieni di lodi a Dio per natura che ci è stata donata? "Ci sono varie tipologie di meraviglia, come quella verso la natura o verso le Nozze di Figaro di Mozart. Ma lo stesso Dio che ha creato le cose cantate dai salmi ha creato anche il terremoto, il Covid, gli tsunami. Questa è la sfida. Riguardo alla prima domanda dalla nostra esperienza personale sappiamo che quando c’è un terremoto c’è una voce dentro di te che dice sai quello che devi fare, devi aiutare”.

Scholz non è soddisfatto e ci riprova: ma c’è un momento in cui riconosciamo una meraviglia che ci va guardare oltre? "Ero geloso di mia moglie perché lei poteva partorire e dare vita. E' un privilegio della donna. Ma almeno io avevo il privilegio di abbracciare il bambino per primo. Questo è meraviglioso".

Ultimo tentativo: ma il guardare le stelle e i misteri dell'universo? Weiler non demorde: "Mi fa molta più meraviglia e mi provoca più il sublime il comportamento della Chiesa cattolica a Trieste per salvare una famiglia di ebrei". Ma quelli che l’hanno salvato da dove hanno preso la capacità di farlo? “Dall’educazione, erano buoni cristiani”. E congeda Scholz e il pubblico con una battuta: “Comunque stasera guaderò di più le stelle”.  

Il Comune di Rimini, che aveva presentato blande osservazioni al progetto di parco eolico, adesso, con lettera indirizzata al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e alla  Capitaneria di Porto di Rimini,  ha provveduto a richiedere una serie di integrazioni riguardo al procedimento di autorizzazione Unica per la realizzazione e l'esercizio della centrale eolica offshore "Rimini" (330 MW) e delle opere connesse, al fine di esprimere  il parere del Comune di Rimini entro i 90 giorni di tempo indicati dalla procedura.

In sintesi queste le principali richieste di integrazione:

1)     ASPETTI LEGATI AL TURISMO, AL DEMANIO MARITTIMO E ALLA PESCA. Fornire una relazione da cui risulti l'analisi del rapporto costi–benefici, e che contenga valutazioni ed eventuali studi riguardanti l'impatto diretto e indiretto dell'intervento su un'economia turistico-balneare quale quella riminese, nonché sulle attività della pesca e sul diporto nautico.

2)     ASPETTI PAESAGGISTICI. inserimento nel contesto ambientale e paesaggistico tramite "rendering" o foto inserimenti per i seguenti interventi Parco eolico e nuova centrale di San Martino in XX, (interessata dal vincolo del corso d'acqua Budriale), attraversamenti di ogni corso d'acqua e di ogni manufatto in elevazione in altezza da terra;  viste prospettiche e simulazione della percezione visiva del parco eolico dai punti panoramici di Covignano, San Martino Monte l'Abbate e dalla spiaggia; redazione dell'analisi costi-benefici anche delle matrici ambientali sull'intero progetto; redazione di una valutazione di impatto acustico (sopra e sotto la superficie marina ed in terra), che metta in evidenza gli eventuali impatti sia per l'avifauna che per l'ecosistema marino che per la salute umana; redazione di una valutazione dei campi elettromagnetici (sopra e sotto la superficie marina ed in terra) che metta in evidenza gli eventuali impatti sia per l'avifauna che per l'ecosistema marino che per la salute umana; redazione di una valutazione dell'influenza delle variazioni di temperatura in mare sull'ecosistema marino derivanti dalla presenza del campo eolico e delle piattaforme di trasformazione elettrica; redazione di una valutazione sull'interferenza alle rotte migratorie dell'avifauna (in orario diurno e soprattutto notturno) nelle 4 stagioni dell'anno; redazione di uno studio idrodinamico che valuti i possibili effetti/impatti sulle correnti marine e sullo spostamento dei sedimenti marini, anche in relazione ad un possibile rischio di erosione costiera; esplicitare quali siano le garanzie effettive che verranno poste in essere circa lo smantellamento della centrale eolica a "fine vita".

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