Ogni giorno si rivolgono alla Caritas circa 150 persone per ritirare un pasto caldo. Nelle ultime settimane, nonostante molte attività economiche siano uscite dal lockdown da Coronavirus, il flusso non è diminuito.  Centocinquanta al giorno, ma complessivamente si sono alternate 270 persone diverse nelle ultime due settimane. Di queste, 120 sono completamente sconosciute ai servizi Caritas, cioè non avevano mai bussato per chiedere un aiuto.

Mario Galasso, direttore della Caritas di Rimini, elenca questi dati per documentare che  c’è urgente bisogno di una nuova mappatura dei bisogni che l’emergenza Coronavirus ha diffuso sul territorio. Sono emerse fragilità sociali ed economiche prima sconosciute, alle quali dare risposte. C’è pertanto bisogno di mobilitare risorse, umane e finanziarie, c’è bisogno di scoprire i nuovi bisogni e di una creatività nuova per trovare risposte efficaci e durature, non meramente assistenziali. Anche nella pratica della solidarietà nulla può rimanere come prima. “Guai a noi!”, ha ammonito il vescovo Francesco Lambiasi. "Guai a noi – ha aggiunto – se non avremo cura delle relazioni, se non sapremo saldare la catene delle generazioni, se offriremo solo slogan facili, senza aver imparato che non può sussistere diritto senza dovere, competizione senza cooperazione, se fonderemo la società su tre postulati: a me mi pare, a me mi piace, a me mi va, per cui l'opinione prende il posto della verità, il piacere al posto della felicità, la voglia al posto della libertà". I verbi che coniugano il piano Marvelli sono accogliere, accompagnare e integrare. 

Se la crisi degli anni 2009/2010 aveva suggerito alla diocesi di istituire il fondo per il lavoro, che in questo decennio ha trovato una sistemazione occupazionale per180 persone, la risposta alle macerie lasciate dalla pandemia è il Piano Marvelli, che non a caso prende il nome dal beato che fu assessore alla ricostruzione nel dopoguerra. Ora non c’è bisogno di ricostruire case e palazzi, c’è però bisogno di costruire comunità, la parola chiave di questo piano di rinascita. 

Le risorse finanziarie di partenza sono costituite dai 300 mila euro che la Caritas ha ricevuto dalla Conferenza episcopale  italiana proprio per rispondere all’emergenza Coronavirus. È evidente che solo con quelli non si andrà molto lontano, l’auspicio è che i privati si mobilitino con generose donazioni.

Le risorse umane di partenza sono costituite da una rete già esistente, che però va potenziata e rivitalizzata. Si tratta delle 54 Caritas parrocchiali, che sono i sensori presenti sul territorio chiamati a intercettare i bisogni. Vanno però aiutate a rimodulare loro attività, a cambiare il loro modo di lavorare, “a riposizionarsi”, suggerisce il vescovo. Devono essere in grado di intercettare energie nuove, soprattutto i giovani. Così come è avvenuto per la Caritas diocesana, dove 60 volontari anziani, prudentemente lasciati a casa, sono stati sostituiti da 200 giovani. Per aiutare le Caritas parrocchiali a ridefinire la loro mission, ecco la novità dei coordinatori di area. Ne sono stati individuati tre: Antonella Mancuso per la zona Rimini sud; Elisabetta Manuzzi  per l’area dei comuni del Rubicone;  Paola Bonadonna, per la zona di Rimini nord.  Sarà loro compito anche favorire il rapporto delle Caritas parrocchiali con gli enti pubblici, in modo che ci sia coordinamento in una logica di sussidiarietà e integrazione. Nel dialogo diretto fra coordinatore e singola Caritas, verranno valutate le reali esigenze anche in base al numero delle persone residenti nelle parrocchie, alle persone in carico e ad eventuali progetti in corso. Entro giugno saranno organizzati incontri nelle tre aree, rivolti a parroci e operatori Caritas, per illustrare le linee di indirizzo e operative del piano Marvelli.

Ai piccoli bisogni risponde direttamente il territorio (che si dovrà impegnarsi anche a reperire ulteriori risorse finanziarie), quando i casi sono gravi e complessi vengono presi in carico da un comitato tecnico (lo stesso del fondo per il lavoro, con qualche integrazione) che li affiderà ai diversi soggetti a seconda del bisogno. Se si tratta di lavoro, il fondo per il lavoro; se il problema è economico, il microcredito dell’associazione Famiglie Insieme di Rimini e nei casi più gravi la Fondazione San Matteo costituita a livello regionale. 

A tutela della trasparenza e a garanzia per tutti coloro che sosterranno il Piano con una propria donazione, è stato costituito un Comitato dei Garanti, presieduto dal vescovo e composto da varie personalità (rappresentanti delle amministrazioni locali di Riccione, Rimini e Savignano, imprenditori, il prefetto).

La diocesi,  secondo il vicario generale, don Maurizio Fabbri, si aspetta quattro frutti. Primo: "Dare concretezza alla parola carità, troppo spesso ridotta ad elemosina o sussidio. È invece la prossimità quotidiana, in cui l'Altro ci interessa e per il quale sono disposto a mettermi in gioco.". Secondo: "Rigenerare le 54 Caritas parrocchiali, che siano di vero stimolo nelle rispettive comunità, un compito educativo e pedagogico". Terzo: "Il 'Piano' sia un'opportunità offerta a tanti giovani, i quali debitamente stimolati rispondono con passione, come testimoniano le tante esperienze positive vissute sul territorio durante il lockdown". Da ultimo, "insegni a fare rete. Il Piano non può essere una risposta a tutti i bisogni, ma può provocare ed essere positivo stimolo anche per altre realtà, enti, associazioni, istituzioni, amministrazioni".

Il settore dell'edilizia, nel mese di marzo 2020, ha registrato un calo del valore della produzione di 28,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, e del 35,4% da inizio 2020. I dati, elaborati dal Centro Studi di Confartigianato Emilia-Romagna che si possono analizzare nel evidenziano dunque una diminuzione che è la maggiore della serie storica disponibile, che ha inizio nel 1995, superando le contrazioni, già consistenti, registrate durante le crisi del 2008/2009 e del 2012/2013. A Rimini il settore coinvolge 3816 imprese pari a circa l'8' per cento del totale.

Il settore ha un'elevata vocazione alla micro e piccola impresa. Secondo il Centro Studi di Confartigianato Emilia-Romagna il 99,8% delle imprese delle Costruzioni ha meno di 50 addetti e occupa l'89,9% degli addetti del settore. Nel dettaglio quote più elevate di addetti in Mpi si rilevano per: completamento e finitura di edifici, installazione di impianti e demolizione e preparazione del cantiere edile.

Questa particolarità, nella struttura dimensionale, spinge le imprese a fare squadra fra di loro. In Emilia-Romagna 4 Mpi del settore costruzioni su 5 (81,4%) intrattengono almeno una relazione con altre realtà del comparto. Si tratta di 6.916 imprese che nel 78,7% dei casi hanno una relazione di subfornitura, nel 68,2% dei casi hanno almeno una relazione di committenza, nel 22,8% dei casi hanno almeno una relazione informale e nel 16% dei casi hanno almeno una relazione formale (consorzio, ATI, etc.). Alla base di relazioni formali (intrattenute da 1.108 Mpi delle costruzioni) tra le motivazioni prevalenti che spingono le imprese a fare squadra c'è la riduzione dei costi e l'ampliamento delle possibilità di accedere a nuovi mercati o clienti.

"L'importanza di fare rete fra le imprese è uno dei cavalli di battaglia della nostra azione sul territorio - commenta Marco Granelli, presidente regionale di Confartigianato Emilia-Romagna nonché vice presidente vicario nazionale di Confartigianato Imprese -, perché dimostra da parte degli artigiani capacità di lettura del periodo storico ancora in atto. È chiaro che per settori come quello delle Costruzioni, che vivono una crisi lunga undici anni e che a causa dell'emergenza sanitaria rischia di prolungare la propria azione anche in futuro, è necessaria una maggior solidità per affrontare il mercato. Per farlo occorre mettere sotto lo stesso nome competenze diverse, così da accrescere le performance, la qualità e le risposte che le aziende sono chiamate a dare. Il mercato oggi richiede un modo nuovo di costruire, con edifici tecnologicamente avanzati nel rispetto dell'ambiente e delle persone che ci vivono, e con un occhio ben puntato sull'impatto ecologico delle città".

Gli interventi sostenuti da ecobonus in Emilia-Romagna nel 2018 sono stati quasi 42 mila, per 391 milioni di euro di investimenti mentre la stima per il 2019, per ristrutturazione ed ecobonus, ammonta a oltre 3 miliardi di euro, con l'impegno di 23.100 occupati nelle Costruzioni che rappresentano il 21,4% degli occupati del settore nel quarto trimestre del 2019.

La distribuzione per tipologia di lavori rileva che il 35% degli investimenti sostenuti da ecobonus si riferisce ai serramenti, il 16,8% a pareti verticali e un altro 16,8% alle caldaie a condensazione, il 16,1% a pareti orizzontali, il 7,2% a pompe di calore, il 4% a schermature solari, l'1,2% a Impianti a biomassa, l'1% al solare termico, e lo 0,4% al Building automation. Il 59% degli investimenti in ecobonus ha riguardato edifici costruiti prima del 1970.

"Bene il privato ma malissimo il pubblico - commenta il presidente Granelli -. Accanto agli investimenti privati, che hanno saputo sfruttare al meglio l'occasione data dai bonus e che sapranno ancor di più dare una spinta al comparto con l'opportunità del 110% del nuovo ecobonus, il crollo del mercato pubblico frenato da un Codice degli Appalti che non ha dato le risposte che le imprese si aspettavano, dà un segnale davvero preoccupante della situazione. Le manutenzioni sono ferme da 25 anni, e lo 'stato di salute' di strade, ponti e altre infrastrutture del Paese, è la dimostrazione di questo stallo. Oggi si cita la ricostruzione del ponte di Genova quale esempio di come si possa lavorare in Italia. Ecco, è bene ricordare che quell'opera è stata realizzata in deroga ai protocolli e ai regolamenti, altrimenti i tempi asfissianti della burocrazia avrebbero bloccato i lavori per chissà quanto. Tenuto conto di ciò, allora possiamo affermare che l'ex ponte Morandi può essere un esempio per il futuro: occorrono affidamenti veloci, nessun vincolo utile solo ai burocrati e tempi di pagamento brevi, altrimenti la ripartenza del Paese rimarrà solo uno slogan privo di valore".

L’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, si è recato all’Istituto Tumori della Romagna (Irst Irccs) di Meldola (Fc), proseguendo così le visite alle strutture ospedaliere del territorio che nelle settimane scorse hanno già interessato l’Ospedale di Piacenza, il Policlinico di Modena e l’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.

L’incontro è avvenuto proprio nel giorno della firma, a Barcellona, di un accordo internazionale che inserisce l’Istituto romagnolo nel consorzio di ospedali e centri di ricerca europei che lavoreranno nel campo delle terapie geniche e cellulari anche per sviluppare strategie, a base di linfociti ingegnerizzati, contro il nuovo Coronavirus. 

“Visitare proprio oggi questo Istituto - ha affermato Donini - che da sempre rappresenta un fiore all’occhiello del sistema sanitario e di ricerca dell’Emilia-Romagna, acquisisce ancora più significato nel giorno in cui di fatto entra a far parte, unica struttura in Italia con il San Raffaele di Milano, di un consorzio d’eccellenza a livello europeo impegnato nel contrasto al Covid-19. Un motivo di orgoglio innanzitutto per il personale, straordinario, grazie alle cui competenze è arrivato questo riconoscimento, ma anche per la Regione, che nella ricerca ha investito e continuerà ad investire con risorse, apparecchiature d’avanguardia e - prima di ogni altra cosa - nuove assunzioni. Il mio grazie, e quello di tutta comunità regionale, va anche al personale sanitario, i medici, gli infermieri e i tecnici, per il grande impegno profuso in questi mesi di emergenza, che ha fatto dell’Irst Irccs di Meldola una struttura ‘Covid free’”.

La visita è iniziata con un incontro con il presidente, Renato Balduzzi, e le direzioni Irst, ed è proseguita in aula magna con gli organi di governo dell’Irst, a partire dai soci di parte pubblica e privata, e i sindaci del territorio: Roberto Cavallucci (Meldola), Enzo Lattuca (Cesena), Gianluca Zattini (Forlì), Michele De Pascale (Ravenna) e Andrea Gnassi (Rimini).

E proprio dagli amministratori locali è stata espressa la volontà di intitolare l'Istituto al professor Dino Amadori, recentemente scomparso, che ne è stato il fondatore.

Il Silb, sindacato locali da ballo di Confcommercio, ha tenuto un flash mob davanti a Palazzo Chigi persollecitare interventi che permettano la ripartenza anche delle discoteche.

Nella stessa giornata è uscioil protocollo licenziato dalla conferenza delle Regioni. "Rispetto al protocollo da noi proposto - fferma il Silb - alcuni aspetti sono stati accolti, altri meno: ora confidiamo nella Regione Emilia Romagna, che con l’assessore Corsini si è sempre dimostrata attenta alle esigenze del nostro mondo, affinché si possa arrivare ad altri risultati. Di queste linee guida soprattutto non ci spieghiamo i 2 metri di distanza da tenere in pista, oltre a dover rimanere con la mascherina. A maggior ragione perché si impone di ballare solo all’aperto, cosa che permetterà di riaprire solamente ad alcuni locali facendo così figli e figliastri. A Rimini ad esempio non potranno riprendere l’attività locali storici come l’Altromondo Studios, il Cocco, il Carnaby o il Life. Speriamo davvero in un ravvedimento su questi e su altri punti, come l’impossibilità di servire da bere al bancone, cosa possibile ad esempio nei bar mantenendo il dovuto distanziamento.

Avere una base di ripartenza dopo mesi di buio e silenzio assoluto da parte delle istituzioni, permetterà almeno di far riaprire i locali che si sono attrezzati per un’offerta diversa dal ballo, ad esempio la cena-spettacolo. Il nostro compito sarà di fare rispettare le regole, anche quelle che non riteniamo congrue, ma speriamo ancora in qualche cambiamento, soprattutto se nei prossimi giorni continueremo ad essere confortati dai dati sui contagi che continuano ad essere in calo costante. Auspichiamo dunque un intervento della Regione e, perché no, a breve anche in un’apertura totale sempre continuando a comportarci con la massima attenzione”.

La prossima sfida, prossima ad essere vinta, sarà una macchina per trattare i farmaci scaduti, un rifiuto speciale infetto che attualmente nessuno gestisce. “Stiamo ultimando una macchina – spiega Andrea Bascucci, amministratore unico di Newxter srl,  piccola media impresa innovativa di Rimini – che trasforma i farmaci in un prodotto utilizzabile come additivo in agricoltura”.

Nexter ha appena siglato l’accordo con il fondo di investimento cinese Chao Capital per la realizzazione ad Hangzhou, capoluogo della provincia di Zhejiang, di uno stabilimento per la produzione dei macchinari che sono il fiore all’occhiello dell’azienda riminese. Sono macchine che sterilizzano i rifiuti ospedalieri speciali attraverso il calore generato dalla frizione. In parole povere garze, siringhe e provette sono triturate da questa macchina, l’attrito rilascia calore fino a 150 gradi e i rifiuti diventano un materiale disidratato, senza odori e, soprattutto, senza più alcuna capacità di contagio. 

Nexter si avvale di un brevetto, è l’unica azienda italiana che produce macchinari di questo tipo, nel mondo i competitor sono sei o sette. “L’azienda – spiega Bascucci - è nata nel 1996 dall’iniziativa di mio padre Pierluigi. Lasciata la Conad dove era stato un dirigente, qualcuno gli suggerì che un mercato nuovo in espansione sarebbe stato quello dei rifiuti speciali. Lui acquistò un brevetto a Torino e impiantò l’azienda”. 

Subito però ci mise del suo. I macchinari all’inizio erano enormi, dovevano stare fuori dagli ospedali, Pierluigi ne ridusse le dimensioni in modo che potessero essere ospitati comodamente in una stanza. 

“Pensavamo – prosegue Bascucci - che il nostro mercato naturale potesse essere l’Italia. Non è stato così. Abbiamo dovuto farei conti con la lobby degli inceneritori. Un muro impermeabile”. 

Si spieghi meglio.

“Il rifiuto ospedaliero è infetto, se non viene sterilizzato entro cinque giorni deve essere smaltito in inceneritore. Sono rifiuti pericolosi il cui costo di smaltimento è di 1,7 euro al chilo. È un business che ha tutta una sua filiera, che comprende, per esempio, il trasporto che, vista l’esigenza di smaltire, viene effettuato di frequente. Con il nostro sistema, invece, il costo si riduce a 0,6 euro a chilo. Inoltre non c’è bisogno di trasporti frequenti. Il materiale, che esce sterile dalla macchina, può essere stoccato in container all’esterno dell’ospedale o anche  in un’isola ecologica. Quindi sono sufficienti due o tre trasporti all’anno. Abbiamo calcolato che l’ospedale di Bergamo, sotto stress per l’emergenza Covid19, avrebbe un risparmio di 200 mila euro all’anno”. 

Valerio Lessi

E quindi dove vendete le vostre macchine?

“Quasi tutte all’estero, in ogni parte del mondo. Siamo un punto di riferimento mondiale. Non a caso Chao Capital ci ha cercato per l’accordo che abbiamo appena sottoscritto. Esistono altre macchine che utilizzano l’autoclave con vapore o il microonde, con la nostra tecnologica siamo gli unici. Abbiamo fatto una donazione all’ospedale di Mutoko, in Zimbawe, dove è coinvolta la diocesi di Rimini. Certamente quell’ospedale è più all’avanguardia, nello smaltimento dei rifiuti speciali, delle strutture italiane.”

In Italia proprio non ne avete venduta nessuna?

“Pochissime. Mio padre ha provato molte strade, grazie anche alle relazioni che aveva come dirigente Conad. Ma è stato ostacolato dalla filiera degli inceneritori che ha fatto scudo. Per dirla con uno slogan: dove il rifiuto è un problema, noi siamo la soluzione; dove è un business noi siamo un problema”.

L’emergenza da Coronavirus non ha attirato l’attenzione sulla vostra tecnologia?

“C’è stato di recente un intervento legislativo, un emendamento al famoso decreto rilancio. La norma dice che il rifiuto diventato sterile può essere gettato direttamente nel cassonetto. Questo è importante, perché il muro della filiera degli inceneritori faceva sì che nessun autotrasportatore accettasse di ritirare il rifiuto stoccato negli ospedali. È una norma pensata per il periodo di emergenza, vediamo se rimarrà anche dopo. Durante l’emergenza ci hanno chiamato l’Aeronautica militare e la Croce Rossa, a cui avevamo venduto due macchine nel 2014 e nel 2016. Con un tablet e con un collegamento Zoom, siamo riusciti a farle partire nonostante fossero rimaste imballate per anni. Da venticinque anni le vendiamo in ogni parte del mondo, basta che ci sia la corrente elettrica e uno scarico per l’acqua”. 

Quante ne producete ogni anno?

“La nostra è una piccola azienda, con 25 dipendenti. Se lavorassimo a pieno regime, sotto stress, ne produrremmo 180 all’anno. Di fatto ne produciamo circa ottanta. Il costo? Intorno ai centomila euro, dipende dal modello e dalla taglia”. 

Eravamo agli inizi del governo gialloverde, tanto che il leghista Matteo Zoccarato in un’assemblea pubblica, opponendosi alla soluzione avanzata dall’Amministrazione comunale, annunciò solennemente “Ci penserà Salvini”. Sono trascorsi due anni, da uno Salvini non è più ministro degli interni, ma anche la soluzione allora proposta dall’amministrazione comunale si è arenata nel proverbiale porto delle nebbie. Il problema è lo sgombero del campo nomadi abusivo di via Islanda, nelle cronache del tempo giudicato come una situazione di degrado umano sociale intollerabile. Talmente intollerabile che dopo due anni è ancora lì. 

A far scattare comitati e proteste era stata la proposta, avanzata nel 2017, di chiudere il campo indecente dal punto di vista dell’igiene e della sicurezza e di insediare le famiglie che vi abitavano nelle famose microaree, casette unifamigliari previste da una legge regionale del 2015. All’inizio dovevano essere undici, poi sette, alla fine si erano ridotte a cinque: via Cupa, via Feleto, via della Lontra, via Montepulciano e via Orsoleto. Quando in giunta, nei primi giorni del giugno 2018, fu adottata la soluzione definitiva, un comunicato spiegava che “Partendo dalla necessità improrogabile di sanare una situazione critica e pericolosa, l’Amministrazione comunale ha deciso di avvalersi degli strumenti messi a disposizione dalla legge regionale 11/2015 che indica le “norme per l’inclusione di rom e sinti”. 

Il punto era che nessuno voleva una microarea nel proprio quartiere, e, non appena il nome di questa o quella zona usciva sulla stampa, subito si formava un comitato e partivano le proteste. Dopo aver adottato la soluzione tecnica, la giunta aveva dato il termine di 45 giorni per far pervenire osservazioni da parte dei cittadini.

Fatto è che da allora, due anni fa, tutto si è fermato. “Il provvedimento per diventare operativo deve passare dal consiglio comunale”, ricorda l’assessore ai servizi sociali Gloria Lisi. Fra le righe dice che la giunta non lo ha portato all’esame del consiglio non solo per la ferrea opposizione della minoranza ma perché non era, e non è, sicura nemmeno del voto favorevole di tutta la maggioranza che teme il boomerang elettorale.

Nel frattempo qualcosa è successo. Alcune famiglie sinti (l’idea delle microaree era stata ideata per questa etnia, mentre per i rom, pure presenti in via Islanda, nulla si diceva) hanno accettato le soluzioni abitative proposte dall’amministrazione comunale. Fra queste, anche una mamma con cinque bambini ed uno in attesa. Restavano da sistemare sei nuclei famigliari, per un totale di 32 persone. A quanto pare le persone adesso sono anche di meno, perché quella di via Islanda è una situazione per definizione instabile. Si parla di poco più di una ventina di persone. 

Nonostante l’esiguità del numero di persone coinvolte, il piano a suo tempo approvato non viene portato in consiglio comunale. All’indecisione determinata dal timore di provocare un’emorragia di consensi elettorali, si è aggiunta ora l’emergenza Coronavirus, che porta in primo piano altre urgenze e altre esigenze, alle quali dare risposte immediate. 

Il Covid19 ha per così dire “congelato” anche un’altra situazione, quella delle famiglie che si erano autonomamente comprate un terreno e vi avevano allestito la propria abitazione precaria, in modo abusivo dal punto di vista delle norme edilizie. Il Comune aveva contestato gli abusi e intimato la demolizione, ma a causa del Coronavirus anche l’attività degli ufficiali giudiziari è stata sospesa. La situazione di quelle famiglie, riminesi da tempo, giostrai di professione,  potrebbe essere sanata da un provvedimento del consiglio comunale. Ma anche in questo caso, come nel gioco dell’oca, si torna al punto di partenza: nessuno se la sente di mettere ai voti un atto così divisivo. E non accadrà di certo nell’anno che precede le elezioni amministrative del 2021. Ragione per cui la situazione intollerabile sarà tollerata fino a quando la nuova amministrazione deciderà di risolverla. Se deciderà. 

Intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della campagna promozionale per la Romagna, il presidente della Regione, Stefano Bonaccini ha, tra le altre cose, confermato che la sua giunta è pronta ad investire sull’aeroporto di Rimini, così come su quello di Forlì. Non è una novità, nella precedente legislatura era stata più volte espressa la stessa volontà, chiarendo che l’investimento della Regione era sulle infrastrutture, non certo sulla promozione dei voli. Perché arrivino i soldi promessi da Bonaccini, è necessario che Airiminum, la società di gestione, dia attuazione al Master Plan consegnato ad Enac nel dicembre scorso.

La giunta regionale quindi continua a considerare l’aeroporto di Rimini un asset strategico fondamentale per lo sviluppo del turismo. Bonaccini lo ha detto anche all’amministratore delegato Leonardo Corbucci quando è andato al Fellini per accogliere il ministro Boccia chiamato ad inaugurare il reparto Covid all’ospedale.

La prima importante iniziativa di Airiminum dopo l’emergenza Coronavirus è l’inaugurazione dal 1 luglio di un volo trisettimanale per Teheran. Nelle dichiarazioni di Corbucci, del sindaco Gnassi e dell’assessore regionale Corsini, il volo per l’Iran è presentato come funzionale all’incoming, cioè a far arrivare turisti iraniani in Riviera, ripetendo il successo dello storico sbarco dei russi. È probabilmente una visione ottimista che guarda molto al futuro, perché al momento non ci sono segnali in proposito. È più probabile che Airiminum abbia colto l’occasione per aprire una nuova rotta che possa funzionare dal punto di vista dell’outgoing. L’Iran, prima del Covid19, era infatti una delle mete emergenti del turismo europeo, ed anche italiano; e Airiminum ha la necessità di compensare il calo di traffico che si registrerà in questo 2020 segnato dal Coronavirus. 

Il volo per Teheran (immaginabile che fosse in preparazione da tempo) arriva però in un momento sfortunato. Sui giornali si legge infatti di una forte ripresa della pandemia in Iran. Secondo La Stampa, che fa un quadro internazionale dell’attuale diffusione del virus, “il Paese che sta peggio di tutti è l’Iran. Il numero di nuovi casi, circa 3500 al giorno, ha di nuovo raggiunto i livelli del 5 aprile, dopo che la quarantena aveva prodotto ottimi risultati nel mese di maggio”. È auspicabile che il mese di giugno serva a riportare la situazione a livelli accettabili, altrimenti ne risentirebbe anche il volo Rimini-Teheran, in entrata o in uscita che sia.

Per quanto riguarda invece i voli Ryanair che la scorsa estate erano attivi a Rimini, è stata annunciata la ripartenza solo del volo per Vienna e di quello per Londra (che però non appare ancora nel calendario dei voli stagionali pubblicato sul sito dell’aeroporto).

Sulla retrocessione a tavolino del Rimini in serie D, si registra una indignata reazione del sindaco di Rimini Andrea Gnassi. Ecco il testo:

"Vergognatevi! Vergognatevi! Vergognatevi! La scandalosa pagina che è stata scritta oggi durante il Consiglio Federale della Figc rappresenta un'offesa per Rimini, per i tifosi, per gli sportivi, per lo sport e per tutti quei valori che dovrebbero essere inattaccabili e che oggi sono stati calpestati senza pudore. Hanno vinto i giochi di potere, gli interessi commerciali e con una decisione presa a tavolino si è deciso di tirare una riga su una squadra e una società che doveva avere la possibilità di giocarsi le sue chance per il mantenimento della categoria. Invece per quei soliti meccanismi, che ormai nemmeno stupiscono più, si è scelto di far affondare una squadra e con essa una società sana, con un danno economico oltre che sociale. Tenetevelo voi uno sport e un calcio fatto così!

Chi ha voglia di credere che si vince o si perde sul campo?

Che si viene promossi e retrocessi sul campo?

Che contano società con bilanci seri e pagamenti in regola?

Infatti una società in regola, che ha pagato e continua a pagare tuttora gli stipendi, che non ha trascurato il settore giovanile che invece l'assurda decisione della Figc rischia definitivamente di compromettere, facendo pagare lo scotto a migliaia di ragazzi e ragazze.

Ci sono e ci possono essere giudizi e opinioni diverse sulla gestione sportiva e le scelte tecniche. Ma il punto oggi è un altro.

Il Rimini aveva il diritto di conquistare o perdere sul campo la serie, alla luce delle 11 giornate di campionato ancora da giocare e degli investimenti fatti a gennaio sul mercato per rinforzare la squadra. E' stata tradita l'essenza dello sport e nascondendosi dietro algoritmi e tabelle si è voluta giustificare una scelta incoerente con quanto fatto per altri campionati e del tutto illogica, o meglio, che risponde a logiche che poco hanno a che vedere con i valori del campo. Si è deciso di ignorare le regole e di premiare gli equilibri, che nemmeno il Covid è stato in grado di intaccare.

Con questa decisione è stato dimostrato, ancora una volta, che un altro calcio in Italia non è possibile. E chi si è reso artefice di questo sfregio, che poi è uno sfregio allo stesso mondo del calcio già compromesso, dovrà assumersene la responsabilità. Vergogna, signor Ministro! Vergogna, signori della Federazione Italiana Gioco Calcio! Vergogna, signori delle Leghe! Ogni discorso che farete, ogni azione che produrrete da oggi in poi sui 'valori dello sport' sarà solo pura ipocrisia davanti a una decisione come quella partorita quest'oggi.

E Rimini ve lo dirà e ve lo ricorderà sempre. Siamo una città ospitale e libera. Ciò non toglie il nostro diritto di esprimere un giudizio netto verso chi in maniera scellerata usa il potere che ha per calpestare diritti, passione, regole e legalità del e nel calcio. Questo non sarà mai considerata persona degna di ricoprire ruoli di responsabilità né essere punto di riferimento di qualsivoglia tipo.

Ci vedremo in tribunale, dato che come Comune stiamo verificando qualsiasi azione legale a tutela del rispetto delle regole e denunciando il danno sociale, economico e morale che tale decisione comporta per Rimini, il Comune, la società di calcio nata nel 1912, i tifosi e gli sportivi tutti. Segnaleremo nelle nostre iniziative legali come il punire una società sana come la Rimini Calcio sia inaccettabile sotto tutti i punti di vista, dato che peraltro risultano diverse società già 'tecnicamente fallite', e in deroga a tutte le regole stabilite. Oltre a questo, sosterremo la domanda di riammissione e i ricorsi al Tar, alla FIGC e al Collegio di Garanzia presso il Coni da parte della Rimini Calcio.

E' impossibile non pensare che queste azioni legali e non solo, voce di una comunità intera e indignata, non producano una totale revisione di questa assurda, vergognosa decisione".

(Rimini) Quasi 14 milioni di utile per IEG nell'anno sociale 2019. L'assemblea degli azioni ha deciso di accantonare poco pèiù di 13 milioni in un 'apposita riserva e circa 750 mila euro nella riserva legale e statutaria. L'accantonamento degli utili è evidentemente una misura prudenziale vistol'anno difficile che a causa dell'emergenza Coronavirus sta attraverando il sistema fieristico e in generale il sistema economico.

Nel corso dell’assemblea degli azionisti è stato inoltre presentato il Bilancio Consolidato relativo all’esercizio 2019 del Gruppo IEG: l’esercizio consolidato 2019 ha chiuso con ricavi totali pari ad Euro 178,6 milioni (+11,8% rispetto al 2018), un EBITDA pari ad Euro 41,9 milioni (+35,7% rispetto al 2018), un EBIT pari ad
Euro 24 milioni (+25,9% rispetto al 2018) ed un utile netto di competenza degli azionisti della capogruppo del periodo pari ad Euro 12,9 milioni (+24,1% rispetto al 2018).

L'assemblea ha inoltre confermato in nove il numerodei componenti del consigliod'amministrazione, nominando Corrado Peraboni e Alessandra Bianchi, quest'ultima proposta da Amber Capital Italia SGR S.p.A.. Nominato anche il nuovo collegio sindacale con Alessandra Pederzoli presidente e Massimo Conti e Marco Petrucci, sindaci effettivi.

Portato a 15 mila euro annui il compenso per i consiglieri d'amministrazione, a 32 mila euro quello del presidente del  collegio sindacale e a 22 mila euro quello dei sindaci effettivi.

"Spiagge grandi come il nostro cuore", "Mare aperto come i nostri abbracci", "Terre sicure, come il nostro amore". Sono gli slogan che, con le note di Romagna Mia, accompagnano lo spot interpretato da Paolo Cevoli, mentre scorrono immagini di spiaggia con gli ombrelloni ben distanziati, con l'Adriatico cristallino baciato da sole, il sorriso dei bambini di nuovo liberi di giocare e una suggestiva veduta dell'entroterra. La conclusione è il messaggio che “la Romagna è il sorriso degli italiani”. È l'invito a tornare a fare le vacanze in Romagna che dal 10 giugno andrà in onda in prime time su tutte le reti televisive nazionali, comprese numerosi canali del digitale terrestre, ed anche inserzioni sui quoidiani del Centro Nord. “Vogliano trasformare il sentiment del desiderio di tornare all'aria aperta e alla serenità in prenotazioni per le nostre strutture turistiche”, è stato ribadito più volte nel corso della conferenza stampa al Grand Hotel al quale hanno partecipato l'assessore regionale al turismo Andrea Corsini, il presidente di Destinazione Romagna, Andrea Gnassi, l'attore Paolo Cevoli e, in collegamento da Bologna, il presidente della Regione Stefano Bonaccini.

L'Emilia Romagna ha calato, come suol dirsi, il suo bazooka per rinnovare la propria dichiarazione d'amore ai turisti nell'estate dopo l'emergenza Covid 19. Su questa campagna destinata al mercato nazionale sono stati investiti 2,7 milioni, un altro milione sarà investito nei cosiddetti paesi Dach (Germania, Austria, Svizzera). Ma a giorni il presidente Bonaccini, insieme ai colleghi leghisti del Veneto e del Friuli, Zaia e Fedriga, annunceranno una campagna comune per i paesi di lingua tedesca che proporrà unitariamente tutte spiagge del nord Adriatico. “Se poi sarà necessario fare di più – ha chiosato Bonaccini – lo faremo in corso d'opera”.

Tutti gli interventi della conferenza stampa hanno toccato le corde dell'orgoglio romagnolo, di una terra vocata da sempre all'ospitalità che ha saputo reagire all'emergenza e si presenta con i suoi valori tradizionali all'appuntamento con una delle stagioni turistiche più difficile della sua storia. “Con questo week end riapre il turismo in Romagna e quindi riparte il turismo in Italia”, ha scandito Gnassi. Non solo per motivi di orgoglio. Sia lui che l'assessore Corsini hanno evidenziato che solo grazie al lavoro fatto in questa regione, poi adottato come linee guide anche dalle altre regioni, si è potuto arrivare ad una riapertura della stagione turistica. Il riferimento è ai protocolli per alberghi, stabilimenti balneari, ristoranti che sono stati elaborati di concerto con gli operatori in Emilia Romagna e che hanno definitamente archiviato, come ha detto Gnassi, “il folklore dei plexiglass e degli alberghi trasformati in pronto soccorso”. La Regione ha puntato a dare una risposta di sistema e, stando agli interventi perfettamente in sintonia di Mauro Vanni, presidenti di una cooperativa bagnini di Rimini, e di Alessandro Giorgetti, presidente di Federalberghi regionale, l'obiettivo è stato centrato. Peraltro la faccina smile che associa la Romagna al sorriso sarà l'immagine ufficiale coordinata delle spiagge romagnole per l'estate 2020, un bollino giallo recante il claim "In Romagna col sorriso" che campeggerà su cartellonistica, t-shirt, cappellini e altro materiale lungo i 110 km di Riviera Romagnola. “A tempi fuori dall'ordinario – ha detto Gnassi - deve corrispondere un'azione straordinaria. Questa campagna lo è, ed ha un valore enorme perché vede assieme istituzioni, enti, associazioni, operatori, tutti uniti per un messaggio chiaro: la Romagna è il sorriso degli italiani, la meta sognata dopo mesi difficilissimi”.

Per far arrivare turisti si è agito anche sul fronte dei trasporti. Con Trenitalia è stato concluso un accordo per cui dal 14 giugno nei week end ci saranno otto corse di treni regionali in più che porteranno verso la Riviera. Inoltre sono state confermate tutte le Frecce. A fine mese dovrebbe anche ripartire il treno diretto da Monaco a Rimini.

Bonaccini, oltre che confermare le due gare di Motogp a settembre all'autodromo di Misano, ha annunciato che in Romagna ci saranno tre tappe del Giro d'Italia in ottobre. Allo studio anche un'iniziativa sulla musica che sarà annunciata nei prossimi giorni.

A sua volta Gnassi ha annunciato un accordo con la serie Summertine, su Netflix, con puntate che saranno girate in Riviera e in luoghi riconoscibii come l'autodromo di Misano e l'aeroporto di Rimini.

Siparietto gustoso fra Bonaccini e Cevoli. “Ma io sono un romagnolo Dop?”, ha chiesto il presidente della Regione, facendo riferiento alla fortunata serie sui social condotta da Cevoli. “In quanto a sburonaggine, patacaggine e ignorantezza non hai pari”, ha risposto il comico.

 

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