Eravamo agli inizi del governo gialloverde, tanto che il leghista Matteo Zoccarato in un’assemblea pubblica, opponendosi alla soluzione avanzata dall’Amministrazione comunale, annunciò solennemente “Ci penserà Salvini”. Sono trascorsi due anni, da uno Salvini non è più ministro degli interni, ma anche la soluzione allora proposta dall’amministrazione comunale si è arenata nel proverbiale porto delle nebbie. Il problema è lo sgombero del campo nomadi abusivo di via Islanda, nelle cronache del tempo giudicato come una situazione di degrado umano sociale intollerabile. Talmente intollerabile che dopo due anni è ancora lì.
A far scattare comitati e proteste era stata la proposta, avanzata nel 2017, di chiudere il campo indecente dal punto di vista dell’igiene e della sicurezza e di insediare le famiglie che vi abitavano nelle famose microaree, casette unifamigliari previste da una legge regionale del 2015. All’inizio dovevano essere undici, poi sette, alla fine si erano ridotte a cinque: via Cupa, via Feleto, via della Lontra, via Montepulciano e via Orsoleto. Quando in giunta, nei primi giorni del giugno 2018, fu adottata la soluzione definitiva, un comunicato spiegava che “Partendo dalla necessità improrogabile di sanare una situazione critica e pericolosa, l’Amministrazione comunale ha deciso di avvalersi degli strumenti messi a disposizione dalla legge regionale 11/2015 che indica le “norme per l’inclusione di rom e sinti”.
Il punto era che nessuno voleva una microarea nel proprio quartiere, e, non appena il nome di questa o quella zona usciva sulla stampa, subito si formava un comitato e partivano le proteste. Dopo aver adottato la soluzione tecnica, la giunta aveva dato il termine di 45 giorni per far pervenire osservazioni da parte dei cittadini.
Fatto è che da allora, due anni fa, tutto si è fermato. “Il provvedimento per diventare operativo deve passare dal consiglio comunale”, ricorda l’assessore ai servizi sociali Gloria Lisi. Fra le righe dice che la giunta non lo ha portato all’esame del consiglio non solo per la ferrea opposizione della minoranza ma perché non era, e non è, sicura nemmeno del voto favorevole di tutta la maggioranza che teme il boomerang elettorale.
Nel frattempo qualcosa è successo. Alcune famiglie sinti (l’idea delle microaree era stata ideata per questa etnia, mentre per i rom, pure presenti in via Islanda, nulla si diceva) hanno accettato le soluzioni abitative proposte dall’amministrazione comunale. Fra queste, anche una mamma con cinque bambini ed uno in attesa. Restavano da sistemare sei nuclei famigliari, per un totale di 32 persone. A quanto pare le persone adesso sono anche di meno, perché quella di via Islanda è una situazione per definizione instabile. Si parla di poco più di una ventina di persone.
Nonostante l’esiguità del numero di persone coinvolte, il piano a suo tempo approvato non viene portato in consiglio comunale. All’indecisione determinata dal timore di provocare un’emorragia di consensi elettorali, si è aggiunta ora l’emergenza Coronavirus, che porta in primo piano altre urgenze e altre esigenze, alle quali dare risposte immediate.
Il Covid19 ha per così dire “congelato” anche un’altra situazione, quella delle famiglie che si erano autonomamente comprate un terreno e vi avevano allestito la propria abitazione precaria, in modo abusivo dal punto di vista delle norme edilizie. Il Comune aveva contestato gli abusi e intimato la demolizione, ma a causa del Coronavirus anche l’attività degli ufficiali giudiziari è stata sospesa. La situazione di quelle famiglie, riminesi da tempo, giostrai di professione, potrebbe essere sanata da un provvedimento del consiglio comunale. Ma anche in questo caso, come nel gioco dell’oca, si torna al punto di partenza: nessuno se la sente di mettere ai voti un atto così divisivo. E non accadrà di certo nell’anno che precede le elezioni amministrative del 2021. Ragione per cui la situazione intollerabile sarà tollerata fino a quando la nuova amministrazione deciderà di risolverla. Se deciderà.