“Quella apertura non s’ha da fare”, ha scandito il consigliere comunale Davide Frisoni (Patto Civico) nel corso della sua interrogazione a proposito della ventilata breccia dentro Castel Sismondo (nella mura che confina con prima corte interna e con l’ingresso storico del mastio) per allestire il museo dedicato a Federico Fellini. La nuova apertura dovrebbe diventare la porta di ingresso del Museo, mentre l’attuale ingresso del Castello diventerebbe l’uscita.

Secondo Frisoni non si può alternare struttura quattrocentesca. “Il museo deve essere solo ospite, è il museo che deve adattarsi al castello e non viceversa”, ha ribadito.

"Si è sempre parlato - ha osservato Frisoni - di interventi “reversibili”. Questo non lo è e quindi non si può e non si deve fare. Chi ha vinto il bando sapeva di dover realizzare il museo dentro al castello, ben sapendo che la struttura in questo caso e ben più importante ed è vincolata. Credo che l’errore di valutazione provenga dal fatto che, essendo una struttura già fortemente rimaneggiata negli anni ottanta e ancor prima nella funzione di carcere, forse “fare una apertura“ non è poi così grave… Negli anni ottanta, in una Rimini a cementificazione invadente, quell’intervento venne visto come accettabile. Oggi abbiamo cultura e approccio molto diversi da allora. Adesso le “carceri” sono diventate o meglio tornate “Castel Sismondo”. Ci sono voluti quaranta anni per questo cambiamento di valorizzazione. E adesso lo vogliamo declassare per fare interventi a servizio ed uso di un museo ospite. Non troviamo scuse. Proprio noi che siamo gli stessi che tartassano i privati per la non concomitanza di 10 centimetri di una finestra tra progetto e realizzazione! Non esiste!"

Frisoni ha concluso l’interrogazioe specificandola in quattro punti: 1) Che non si dia il via libera a questa parte del progetto di devastazione delle mura del Castello. 2) Che come conseguenza venga rivisto il progetto di percorso museale. 3) Chiedo una indagine stratigrafica di quella parte di mura, necessaria per la piena conoscenza tecnico scientifica dei materiali per arrivare alla definizione degli interventi storici pregressi. 4) Che si intervenga invece nella valorizzazione della Porta del Gattolo (parte del palazzo medioevale pre-esistente) e dei cunicoli sotterranei pieni di reperti archeologici importantissimi della corte di Sigismondo all’interno del castello, perché dal progetto che ho avuto possibilità di vedere, verrebbe invece nascosta da interventi “scenografici” assurdi.

Una interrogazione sullo steso tema è stata presentata dal Carlo Rufo Spina, di Forza Italia.

L’assessore alla cultura Giampiero Piscaglia ha risposto premettendo un lungo ragionamento sul fatto che un monumento è una cosa viva e non una rovina ben tenuta. A renderlo vivo è la comunità contemporanea che lo utilizza per un determinato scopo. E, a suo parere, non si può mettere in discussione la destinazione del Castello per il Museo Fellini perché il regista è l’artista più importante del Novecento.

Venendo al dunque, Piscaglia ha ribadito che il progetto è ancora in fase di valutazione e che in ogni caso nulla sarà fatto contro le regole e senza il consenso della Soprintendenza. Pollice verso per la proposta di valorizzazione della Porta dle Gattolo: non ci sono le rirse, ma le strutture del Museo sono leggere e rimobibii in ogni momento.

Se c’è un punto su cui tutti concordano è che il reale valore aggiunto dello splendido volume su Il Trecento riscoperto – Gli affreschi della Chiesa di Sant’Agostino a Rimini sia dato dal servizio fotografico realizzato dal riminese Gilberto Urbinati. Certo, sono importanti i saggi di Daniele Benati e Alessandro Giovanardi, ma loro stessi, così come Antonio Paolucci, hanno più volte sottolineato che il loro lavoro critico è stato reso possibile dall’avere per la prima volta esaminato gli affreschi della Scuola riminese del Trecento con una nitidezza che l’occhio nudo non è in grado di raggiungere neppure a distanza ravvicinata.

Il volume è stato presentato, ieri pomeriggio nella chiesa di Sant’Agostino stracolma di persone, da tutti i protagonisti di questa avventura editoriale, nata su provocazione di Paolucci, promossa dall’Istituto di scienze religiose A. Marvelli e finanziata dalla Fondazione Carim e da Credit Agricole.edita da Silvana e stampata da Pazzini di Verucchio.

Urbinati nel 1995 faceva il servizio di sala alla mostra sul Trecento riminese promossa dal Meeting, a sessant’anni di distanza da quella del 1935 voluta da Cesare Brandi. In quei giorni è scattato l’interesse per la pittura del Trecento che lo ha portato a realizzare per la prima volta una documentazione fotografica a colori e ad alta definizione dell’intero ciclo di affreschi. Si consideri, infatti, che di alcune pitture esistevano fino ad oggi solo immagini in bianco e nero di un secolo fa. La molla che ha fatto scattare il processo è stata una richiesta della National Gallery. Da quell’esperienza ha capito che doveva trovare il modo per superare difficoltà di precisione che aveva incontrato. Oltre a una macchina da 50 megapixel, ha reperito uno strumento, che Urbanati per segreto professionale non ha voluto rivelare, che gli permette di fotografare i dipinti frontalmente.

La controprova di aver trovato la strada giusta l’ha avuta quando ha dovuto realizzare un’immagine dell’affresco di Piero della Francesca nel Tempio Malatestiano, chiestagli da una studiosa olandese. “Sono stato particolarmente generoso – ha raccontato- e ho inviato anche alcuni particolari. La studiosa ha risposto che ora avrebbe potuto anche scrivere un saggio su quell’affresco perché per la prima volta vedeva anche le pennellate”. Urbinati ha quindi spiegato che le sue immagini sono ad una definizione così alta che “se il libro fosse stato stampato in formato poster le immagini avrebbero avuto la stessa nitidezza”. Il fotografo ha confessato solo una delusione: non aver trovato la firma di alcun pittore. Ha però rilevato una scritta ai piedi di un dipinto su san Gregorio, che ad occhio nudo non è visibile. “Mi sono riproposto la missione di far vedere agli storici dell’arte dettagli che altrimenti non potrebbero esaminare”.

La fotografia può aiutare a salvare l’arte. Urbinati, volendo fotografare tutte le opere della scuola riminese del Trecento, è andato a Mercatello sul Metauro per riprendere il Crocifisso di Giovanni da Rimini custodito nella chiesa di san Francesco. “Tornado a casa, al computer, ingrandendo l’immagine, ho visto che il Crocifisso era pieno di buchi fatti dai tarli”. È così partita l’idea del restauro che, come ha annunciato Linda Gemmani della Fondazione Carim, sarà finanziato dal Soroptimist. Nell’autunno prossimo il Crocifisso restaurato sarà esposto a Rimini.

L’ex ministro Antonio Paolucci, che firma la presentazione del volume, ha sostenuto la Chiesa di sant’Agostino “sta al Trecento riminese come gli affreschi di Santa Croce a Firenze stanno al Trecento fiorentino”. Ha quindi aggiunto che “L’originalità di questo libro esaustivo e convincente sta nell’aver voluto studiare le pitture trecentesche di Sant’Agostino utilizzando un doppio registro analitico: quello filologico tipico della scienza storico-artistica (il saggio di Benati, curatore della mostra del 1995) e quello della interpretazione simbolica, iconografica, iconologica, liturgica (il saggio di Giovanardi)”. Paolucci ha ricordato che, quando la chiesa era dei monaci agostiniani, esisteva un divisorio fra l’assemblea dei fedeli e il presbiterio, sul quale calava dall’alto il Crocifisso che ora si trova sulla parete destra della navata (per chi entra in chiesa). Un’ipotetica raffigurazione della situazione antica è stata poi mostrata con una slide da Giovanardi. “Il fedele che entrava in chiesa – ha osservato Paolucci – era attirato dal grande Cristo pantocratore dalle orecchie particolarmente grandi perché deve ascoltare le suppliche del popolo. Come entrare nella divinità di Cristo? Attraverso la sua umanità, cioè il Crocifisso”. Giovanardi ha poi spiegato che quel divisorio aveva una funzione mistagogica, cioè di introduzione al mistero.

Benati ha ricordato come il passaggio di Giotto in città abbia scatenato una reazione (la nascita di una scuola riminese, appunto) che non c’è stata in altre città visitate dal Maestro. La prima risposta dei riminesi sono gli affreschi del 1303 nella cappella del campanile di sant’Agostino. Lo studioso nel suo saggio ritiene inoltre che l’autore del Giudizio universale non sia un anonimo (in letteratura lo si chiama maestro dell’Arengo dal luogo in cui l’affresco è stato a lungo collocato) ma la bottega di Giovanni da Rimini. Benati indicata anche la data in cui fu realizzato, 1318, in coincidenza con il capitolo degli eremitani agostiniani. Ipotizza inoltre una scuola riminese formata da tre fratelli, Giovanni, Giuliano e un non meglio specificato Zangolus, che starebbe per Giovanni Angelo. Per il resto non resta che immergersi nella lettura del libro e nella contemplazione delle immagini, come suggerisce il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi.

Valerio Lessi

Martedì 24 settembre ci sarà la prima udienza in Tribunale che deve decidere sul rinvio a giudizio di sedici imputati a proposito della vicenda Tecnopolo. Alla vigilia l’ex assessore Roberto Biagini, che con l’esposto dell’agosto 2015, ha fatto partire l’indagine, ha deciso di vuotare il sacco. Cioè di mettere a disposizione della stampa tutti gli atti dei quali è venuto legittimamente in possesso in quanto persona offesa dalla condotta degli imputati. Avendo chiesto l’accesso agli atti, ai fini di valutare la probabile costituzione di parte civile, si è accorto che l’inchiesta da lui innescata ha prodotto dieci faldoni, tre dei quali relativi alle richieste di misure cautelari (arresti domiciliari) che però sono state respinte.

“Voglio – afferma Biagini – che la cittadinanza sia messa al corrente del sistema inquinato che governava Rimini a proposito di appalti pubblici. Non mi interessano le vicende penali, anzi sarò molto contento se saranno tutti assolti. Dalle carte però emerge un sistema che mi auguro non ci sia più ma che deve essere conosciuto dall’opinione pubblica”.

In effetti di questa inchiesta, che dura da ormai quattro anni, non si è mai saputo molto. Poche notizie trapelate dalla Procura, qualche informazione sommaria fornita da Biagini (anche in commissione consigliare) quando ormai c’era già la richiesta di rinvio a giudizio. Invece, dalle ottocento fotocopie che ha realizzato si apprende che è stata una indagine complessa, che ha usato, oltre all’acquisizione di documenti, anche intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, pedinamenti. Biagini con l’accesso agli atti ha potuto constatare che, oltre all’affare Tecnopolo che è nella fase del rinvio a giudizio, sono state stralciate altre tre inchieste: la prima, verosimilmente, visti gli atti, riguarda l’appalto Acqua Arena (la fattispecie è la turbativa d’asta), un’altra conduce a Pesaro e un’altra ancora a Bologna (tentata concussione), perché in questa città si è consumato materialmente il reato. L’avvocato non sa però chi siano gli imputati, a che punto siano queste indagini e cosa abbiano prodotto.

Da un primo sommario esame della documentazione prodotta da Biagini emerge indubbiamente un quadro poco rassicurante sulle modalità di funzionamento della pubblica amministrazione. Al di là del rilievo penale (sul quale dovranno pronunciarsi i giudici), si ha l’impressione che la cosa pubblica sia trattata come cosa privata. “Purtroppo emerge –osserva Biagini - come alcuni dipendenti pubblici trattassero le istituzioni in totale spregio dei doveri di correttezza, di imparzialità, di fedeltà”. L’esposto e la successiva indagine hanno ruotato intorno alla figura di Mirco Ragazzi, un personaggio che entrava e usciva dagli uffici comunali a suo piacimento, e interferiva nell’attività amministrativa. “I dipendenti – afferma Biagini – andavano a riferire a Ragazzi non solo questioni relative agli appalti ma anche altro”.

L’avvocato riferisce che dagli atti emerge come queste interferenze riguardassero non solo gli appalti pubblici, ma anche quelli privati, come ad esempio quelli relativo allo store Conad realizzato in via della Fiera. Le interferenze hanno riguardato anche l’appalto per l’istituito Valgimigli.

Nel caso Tecnopolo (collaudo dell’opera falsificato, secondo l’accusa ) Comune di Rimini e Regione Emilia Romagna sono indicate come parti offese. “Se ci sarà il rinvio a giudizio – sostiene l’avvocato – il Comune di Rimini dovrà costituirsi parte civile. Non deve continuare la copertura omertosa da parte della politica”.

Davide Frisoni, consigliere comunale di Patto Civico, sostiene che Matteo Renzi ha fatto bene ad uscire dal Pd e si mostra interessato al dialogo fra i vari pezzi centristi (Calenda, Toti, Carfagna) in cerca d’autore. "Le personalità sono sicuramente particolari. Ma questo non rende impossibile un dialogo. Siamo stanchi di polemiche e di usare solo la pancia anziché testa e cuore. Sarà importante capire il come e il perché mettersi insieme. Sarò anche un sognatore ma a me interessa approfondire e se posso, dare una mano".

Ma Frisoni interviene soprattutto sulla recente dichiarazione del sindaco Andrea Gnassi, contrario all’uscita di Renzi. Ecco il suo ragionamento:

"Credo che alla famigerata domanda “quale deve essere la natura e la vocazione del nostro Partito Democratico?” ci sia già la risposta che evidentemente sfugge da chi vive all’interno di quel partito.

Un PD che si propone essere democratico (così è scritto nel nome), inclusivo (basta che ti allinei), anti populista (coi 5 stelle??), un po’ cattolico e magari un po’ più anti cattolico (fine vita, unioni civili, caso Bibbiano), senza personalismi (come scusa?) ecc…

Un PD che non segue un ideale ma una strategia, che non è proprio la stessa cosa. Secondo voi come si devono sentire quelli che partecipano a un partito che dice tutto e il contrario di tutto? Certi o incerti ? Convinti o confusi?

E’ facile che ci si senta più incerti e confusi.

Poi, il colpo di scena nel quale il nostro Andrea è maestro, “qual è la risposta di un moderno centrosinistra e del PD? Posto giustamente il tema della ridistribuzione della ricchezza, ad esempio, ci si affida a una logica (anch’essa demagogica) completamente assistenzialista e statalista? O, in un progetto di crescita che vede sussidiarietà attiva tra Stato, privati, comunità e enti locali, magari con un nuovo patto federalista e solidale per il Paese?”.

1- Assistenzialista e statalista tipicamente di sinistra che fa il verso a questo governo.

2- Sussidiarietà attiva tra Stato, privati , comunità e enti locali, con patto federalista e solidale per il Paese, che sembra uscito da una campagna elettorale berlusconiana.

Dicotomia o trasversalismo di chi vuole a tutti i costi attrarre voti da sinistra a destra?

“Bona a seconda!” citando un comico caro alla sinistra.

Ma sono due fatti, due concetti che sono decisamente opposti e credo inconciliabili in un solo partito.

Questa è la confusione necessaria al PD per mantenere un blocco di potere che normalmente fagocita e poi espelle chi non si allinea.

In questo senso credo che Renzi dopo aver guidato questo partito e averlo portato al 40%, con alcuni spunti centristi e liberali citati nell’intervista da Gnassi (prima grande renziano e ora grande zingarettiano), tradito dal “blokko sovietiko” interno, è poi caduto in disgrazia (?). 

Ma è un fiorentino e questo non bisogna mai dimenticarlo".

(Rimini) Tra le testimonianze artistiche più eclatanti che hanno segnato la storia e l’identità della città di Rimini lungo i secoli, un posto privilegiato spetta sicuramente agli affreschi della cosiddetta scuola riminese del Trecento, conservati presso la chiesa di Sant’Agostino. Questi costituiscono una mirabile espressione dell’influenza di Giotto, attivo in città negli ultimi anni del XIII secolo, congiuntamente all’ascendenza di una più antica cultura adriatico-orientale di matrice bizantina.

A questo mirabile ciclo pittorico, già oggetto in passato di particolare attenzione da parte della critica d’arte più attenta, è dedicato il recente volume dal titolo Il Trecento riscoperto. Gli affreschi della chiesa di Sant’Agostino (a cura di Daniele Benati, Silvana Editoriale, Milano 2019), promosso dall’ISSR “A. Marvelli” di Rimini, che rappresenta un’assoluta novità rispetto ai precedenti studi, sia per ampiezza e accuratezza della documentazione iconografica offerta, sia per originalità delle analisi interpretative avanzate. La pubblicazione, che nel suo nucleo più consistente raccoglie il repertorio iconografico frutto della straordinaria campagna fotografica realizzata da Gilberto Urbinati, si avvale, in una prospettiva complementare, sia di un’ampia e rinnovata analisi storico-critica degli affreschi proposta da Daniele Benati (Università degli Studi di Bologna), sia di un’approfondita quanto contestuale interpretazione teologico-simbolica e liturgica degli stessi indagata da Alessandro Giovanardi (ISSR “A. Marvelli”).

Proprio questo «doppio registro analitico: quello filologico tipico della scienza storico-critica e quello dell’interpretazione simbolica», osserva opportunamente Antonio Paolucci nella sua incisiva Introduzione all’opera, costituisce “l’originalità” più feconda di questo lavoro.

Per promuoverne la straordinaria valenza scientifica, venerdì 20 settembre, a partire dalle ore 17, presso la chiesa di Sant’Agostino, l’opera - realizzata grazie al contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini e di Crédit Agricole Italia - sarà presentata pubblicamente alla presenza degli Autori. Il ricco programma del pomeriggio, dopo i saluti iniziali di S.E. Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini e moderatore dell’ISSR “A. Marvelli”, di don Vittorio Metalli, parroco della chiesa di Sant’Agostino, e di Linda Gemmani, Presidente della Fondazione CARIM ed Emilio di Castro, Responsabile commerciale Crédit Agricole Italia, prevede, nell’ordine, due interventi introduttivi, rispettivamente del già Direttore dei Musei Vaticani ed ex Ministro dei Beni Culturali Antonio Paolucci (Gli affreschi riscoperti) e del teologo e scrittore Vito Mancuso (La bellezza tra arte e fede). A seguire, tre relazioni degli autori: Daniele Benati (Un rinnovato sguardo storico-artistico), Alessandro Giovanardi (La prospettiva teologico-liturgica) e Gilberto Urbinati (Fotografare il Trecento Riminese). Coordina l’incontro il prof. Natalino Valentini, Direttore dell’ISSR “A. Marvelli”.

(Rimini) La battaglia si sta facendo dura e come in ogni guerra si divide il mondo in amici e nemici. Per il sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini (centrodestra) il nemico ha il volto e il nome del sindaco di Rimini Andrea Gnassi. Rispondendo aduna interrogazione in consiglio comunale Zattini ha fatto il punto sul progetto dei corsi di laurea in medicina a Forlì e a Ravenna. "Abbiamo avuto più incontri col rettore Francesco Ubertini dell'Università di Bologna e stiamo definendo alcuni aspetti relativi alle tempestive per arrivare ad un risultato positivo, che è nell'interesse della comunità. E' un percorso che ha un costo nei primi 15 anni di 30 milioni di euro. Con Ravenna è stato raggiunto un accordo per creare due corsi di laurea indipendenti. Il rettore sta portando avanti gli adempimenti accademici". Anche la Regione, annuncia il sindaco, sta dando il via libera.

Ma, ecco il passaggio fondamentale, "il nemico rimasto è il sindaco Pd di Rimini, che non manca giorno per manifestare tutta la sua contrarietà al fatto che Forlì e Ravenna possono raggiungere questo risultato. Ma all'interno della Conferenza Sanitaria non è determinante nel raggiungimento del nostro obiettivo".

A stretto giro la risposta di Gnassi, affidata al proprio profilo Facebook. Il sindaco di Rimini pone una serie di frasi che cominciano con il “Se”. Fra cui: “Se non si riconosce che i passi in avanti sulla sanità, sul servizio idrico, sulla fiere, sul turismo sono frutto del lavoro sinergico nel nome e per conto della Romagna Unita…

Se si definisce ‘nemico’ chi solleva dubbi legittimi sul fare da soli e comunque senza gli altri, se vedendo negli sviluppi recenti una evidente involuzione del processo unitario e partecipato dalla metà dello scorso decennio, che ha consentito di superare antiche ruggini e errori (uno su tutti, il sistema degli aeroporti)”.

Posti tutti questi “se” la conclusione è “Non rivolgetevi al nemico del fai da te, al nemico di una Romagna più forte e più unita, anziché fatta di soli campanili del proprio orto”.

Conclusione: “I sindaci, ancor più della Romagna, non sono nemici, mai. Non so se il contenuto e il significato di quella parola sia così chiaro per chi l'ha usata. Lo stile invece è evidente e in sintonia con gli insulti di chi in questo paese aizza e fomenta divisioni rancori e individua nemici da abbattere. Una Romagna unita e con visione strategica sarà molto più forte”.

Le ultime mosse di Matteo Renzi hanno rimesso in moto la politica italiana. Prima la proposta dell’alleanza di governo con i 5 Stelle in funzione anti Salvini, ora la decisione di uscire dal Pd per dare vita ad una nuova formazione politica che guarda al centro e in Europa al movimento di Macron.

Ad oggi non si hanno notizie di esponenti del Pd locale che decidono di seguire Renzi, ma è presto, tutti stanno a vedere cosa succede e di intuire a cosa porterà la mossa renziana. Si registrano però molte attenzioni. L’ex parlamentare Sergio Pizzolante (alle elezioni del 2018 alleato del Pd) vede nel partito di Renzi un tentativo di risposta alla domanda di un partito che non c’è. A Renzi non rimprovera l’uscita dal Pd, ma di non averlo fatto prima. Per Pizzolante l’obiettivo primario in questa fase politica è battere i populismi di destra e di sinistra. “Il Pd è un partito necessario, per contrastare i populismi. Ma con tutta evidenza, non sufficiente. Culturalmente, prima che politicamente”. Pizzolante osserva inoltre che “Da un pezzo, quel partito (ed è il suo limite grave) cerca di cancellare, non i difetti, di Renzi, ma i pregi. Lo spirito riformista, le riforme, il job Act, ad esempio”.
Chi invece ha abbandonato il Pd, vede nel partito di Renzi un’occasione per tornare a fare politica. L’ex presidente della Provincia Stefano Vitali, scrive: “Credo che la mossa di Renzi sia veramente interessante. Organizzare un movimento politico che guardi al centro, ai moderati, ai cattolici che non si riconoscono nel PD, ai moderati di centro destra che non hanno niente a che vedere con la Lega, sia una operazione di tutto rispetto che debba essere vista come valore aggiunto, non come un problema. Ed è un valore aggiunto per i tanti che hanno creduto nel PD e che adesso si trovano senza una casa in cui entrare. E siccome anche io sono un "senza casa", questa mossa mi incuriosisce molto. Chissà che non possa essere un nuovo inizio di impegno da militante…”. A leggere i commenti sulla pagina Facebook di Vitali sembra che con questo endorsement per Renzi, lui, da cattolico, abbia quasi bestemmiato. È evidente che in un certo ambiente di sinistra, l’ex premier non riscuota molte simpatie.

Dentro il Pd nemmeno renziani, un tempo, duri e puri che il consigliere regionale Giorgio Pruccoli, pensa di lasciare il partito. A scadenza ravvicinata ci sono le elezioni, e lui punta a ripresentarsi.

D’altra parte un personaggio influente come Maurizio Melucci, punto di riferimento storico degli anti-renziani, ha lanciato un allusivo avvertimento: “Il nuovo partito di Renzi non si presenta alle regionali. Immagino, tanti (o pochi) sostenitori di Renzi, che si faranno candidare nelle liste del Pd per uscire il giorno dopo essere stato eletto. Ma sicuramente mi sbaglio”. La bacheca Facebook dell’ex vice sindaco e assessore regionale è piena di commenti astiosi nei confronti di Renzi.

Il sindaco di Rimini scende in campo : "Vale per Renzi, valeva per Bersani, vale e valeva per tutti: non si sbatte la porta di casa propria e si va via per sempre, soprattutto quando è in atto una discussione ed è viva una sfida come quella del Governo" Per Gnassi "il futuro non può che essere quello di uno spazio democratico allargato, in grado per la sua anima inclusiva di contrapporsi nella maniera più estesa al pericolo del sovranismo becero, del partito azienda, del partito di un capo".

Gnassi si pone poi alcune domande cruciali: "Se da un lato nel mondo, e in Italia, si radica sempre più un blocco sovranista, che disprezza i principi costituzionali ed è in linea con i populismi internazionali più estremi, qual è la risposta di un moderno centrosinistra e del PD? Posto giustamente il tema della ridistribuzione della ricchezza, ad esempio, ci si affida a una logica (anch’essa demagogica) completamente assistenzialista e statalista? O, in un progetto di crescita che vede sussidiarietà attiva tra Stato, privati, comunità e enti locali, magari con un nuovo patto federalista e solidale per il Paese?".

(Riccione) Mentro oggi il presidente della Provincia di Rimini è andato a fare un viaggetto-sopralluogo lungo il tracciato del Metromare, martedì scorso il sindaco di Riccione ha fatto partire una diffida allo stesso Santi e agli amministratori unici di Agenzia Mobilità e di PMR, Guido Guerrieri e Massimo Paganelli.

Il sindaco di Riccione eccepisce sul fatto che sia stata messa in moto la procedura per la partenza sperimentale della linea senza che il comitato di coordinamento si sia espresso all'unanimità. Infatti, nella riunione del 22 agosto scorso, il Comune di Riccione ha votato contro. Ed invece il regolamento dell'accordo di programma del 2005 prevede che le decisioni vengano assunte all'unanimità.

Pertanto il sindaco Tosi diffida dal dare esecuzione al decreto della Provincia di Rimini. "In caso contrario ci si riserva di adire le vie legali per la tutela della legittima esecuzione del predetto accordo di programma".

Oggi Santi lancia una freciatina nei confronti di Riccione: "di tutto il percorso Metromare - scrive sul proprio profilo Facebook - mi ha colpito la scelta di Riccione di tenere chiuso al traffico il sottopasso di via Bellini, realizzato nuovo con i lavori di Metromare e, mi dicono i tecnici, collaudato e funzionante. Si tratta dello sfondamento, mare e monte, sotto la ferrovia che a prima vista sembrerebbe abbastanza strategico. Una ragione tecnica ci sarà sicuramente".

Aggiornamento

Dopo che BuongiornoRimini ha pubblicato la notizia sulla diffida, il presidente della provincia Riziero Santi ha reso noto su Facebook la seguente dichiarazione. "Quella diffida non tiene conto però che sull'argomento, preso a pretesto, della votazione non unanime del Comitato di coordinamento si è già pronunciato Tar e Consiglio di Stato per votazione analoga, dando torto al Comune. Io rispetto tutti e rispetto chi è contrario dall'inizio all'opera, ma adesso il Metromare c'e' e non può rimanere fermo. In queste ore sono anche alle prese con sovrapposizioni di competenze fra Enti e burocrazia, ma non mollo. Metromare entro ottobre deve partire, e partirà".

Si fa presto a dire Romagna, poi la strada che porta al superamento degli interessi campanilistici è quanto mai lunga e impervia. Ne sa qualcosa il sindaco di Rimini Andrea Gnassi, che l’altro ieri è entrato a gamba tesa contro Forlì e Ravenna, colpevoli di essersi appropriati della nascente facoltà di medicina. Ne sanno qualcosa le associazioni promotrici del progetto Città Romagna che al momento possono solo annunciare di aver sottoscritto una lettera di intenti, ma tacciono su chi sarà il presidente/portavoce e su quali saranno i quattro/cinque punti sui quali cercheranno di far sentire un’unica voce romagnola. E dire che giusto un anno fa Maggioli aveva già tracciato l’identikit del presidente della nuova Fondazione (altro nome sparito): sarà un romagnolo che ha dato buona prova di sé fuori dal territorio e che è ancora “tonico” per dare un contributo allo sviluppo della Romagna. Si fa presto a dirlo, ma poi…

Ha ragioni da vendere Francesco Marinelli, della Cisl, quando con disincanto osserva che “il problema vero è che noi romagnoli non riusciamo a fare sistema”. È un problema antico e se c’è un tema su cui si è clamorosamente mostrato è proprio quello dell’università, ma non da ieri, dall’inizio del percorso di creazione del polo romagnolo. L’altra ferita sempre aperta è quella degli aeroporti.

Il cammino è impervio e al momento bisogna accontentarsi del primo passo compiuto, sperando che ne seguano altri e che conducano alle “magnifiche sorti e progressive”. Questa mattina in Confindustria Romagna i rappresentanti di sette associazioni sindacali e imprenditoriali hanno solennemente annunciato di aver sottoscritto il patto lanciato più di un anno fa dal presidente riminese di Confindustria, Paolo Maggioli. Intorno al tavolo, oltre allo stesso Maggioli, la presidente di Federalberghi di Rimini Patrizia Rinaldis; Francesco Marinelli, segretario di Cisl Romagna;Mario Mazzotti, presidente di LegaCoop Romagna, Andrea Maremonti, presidente di Confindustria Forlì Cesena, e Marco Baldacci, direttore di Confagricoltura. Insieme rappresentano 4.000 imprese che danno lavoro a 104 mila dipendenti e realizzano un fatturato aggregato di 39 miliardi di euro.

Non ci sono al momento né i commercianti né gli artigiani, ma Maggioli assicura che la porta è aperta per chi vuole entrare. Rinaldis osserva che è uno strumento che si pone a fianco della politica, che è il soggetto che poi dovrà decidere. Marinelli sottolinea che la Romagna è penalizzata rispetto al resto della regione, soprattutto per le infrastrutture, e ciò è avvenuto perché non si è parlato con un’unica voce. Mazzotti spinge perché ci sia un unico interlocutore istituzionale, tipo un’unica provincia romagnola, e lancia l’idea dei campanili illuminati che diffondono luce, un modo per dire che Romagna non significa appiattimento e omologazione. Maremonti sente di dover giustificare perché in Città Romagna gli industriali di Forlì-Cesena si presentano ancora separati da quelli di Rimini-Ravenna, e assicura che sono in corso trattative per giungere all’unificazione.

Dopo le belle e inappuntabili dichiarazioni di intenti, le domande non potevano che riguardare i 4/5 punti di lavoro e l’identità del portavoce. Maggioli mette le mani avanti per informare i cronisti che resteranno a bocca asciutta. Ma qualcosa a titolo personale lo dice. Sulla questione dell’università, per esempio, nessuno è contrario per principio a Forlì-Ravenna, ma c’è un metodo da affermare e rispettare, le decisioni devono essere condivise. Nel passato abbiamo corso il rischio che il polo universitario romagnolo non nascesse, oggi c’è e bisogna fare lo sforzo per realizzare una realtà unica da far crescere e valorizzare. A ruota, Marinelli torna sul tema delle infrastrutture, aeroporti, collegamenti ferroviari, E45, dove si è affermato un gap rispetto all’Emilia che va colmato. Maremonti racconta di aver avuto contatti con i sindaci, prima e dopo le elezioni, e di aver constato che c’è un dialogo aperto fra Forlì e Ravenna e che oggi Forlì e Cesena si parlano più di prima. “Noi vogliamo essere l’enzima che mette in moto un processo”, ha concluso.

La Romagna, fiduciosa, aspetta.

Qui la nota ufficiale di Città Romagna

Alla vigilia dell'inizio della campagna elettorale per le regionali (si voterà fra novembre e gennaio), il sindaco di Rimini Andrea Gnassi lancia una questione Romagna. Il detonatore della polemica, lo si capisce leggendo la nota diffusa, è la questione della Facoltà di Medicina del campus romagnolo, che a a quanto pare è stata aggiudicata a Forlì e Ravenna.

“Sull’Università e sul campus romagnolo – scrive Gnassi - non possiamo accettare, ad esempio, che una volta trovati gli equilibri tra Ravenna e Forlì la questione sia chiusa, e sia ben digerita, dagli altri territori, a partire da Rimini. Trattare disuniti, uno a uno con, ad esempio, l’Università indebolisce la Romagna. E proprio all’Università, sulla facoltà di Medicina, mi permetto di dire: non andare dove ti conduce il portafoglio delle Fondazioni bancarie ma va dove cresce un progetto per tutta la Romagna. Così anche sulla sanità”.

Il sindaco Gnassi sostiene che “Rimini non ha alcuna intenzione di rinunziare alla visione strategica per rafforzare non questa o quella provincia ma l’intera Romagna”. Rinfaccia alle altre località romagnole il sostegno riminese alle istituzioni sanitarie di eccellenza delle altre città. “Abbiamo sostenuto tra i primi (lo ricorderà Lucchi e lo sa bene Lattuca) l’investimento straordinario per il nuovo ospedale di Cesena. Così come il riconoscimento come IRST della Romagna per cardiochirurgia di Villa Maria di Cotignola. Villa Maria e l’Ospedale di Cesena, l’IRST di Meldola, sono patrimonio della Romagna, non di Cesena, Ravenna o Forlì. Valgono per tutti”.

Gnassi se la prende anche con i privati di Villa Maria che hanno investito sul rilancio dell'aeroporto di Forlì, in un'operazione che al momento è tutta privata. “Se i privati di Villa Maria chiedono un sostegno anche a Rimini (che è sicuro) perché Villa Maria sia riconosciuta come IRST dela Romagna intera, poi non si capisce perché gli stessi privati investono solo sull’aeroporto di Forlì e non su tutta la Romagna. Si rivendica un IRST di Cardiochirurgia tra Ravenna e Forlì in nome di tutta la Romagna, ma per l’Aeroporto ognuno si fa il suo”. Un ragionamento non proprio logico e chiaro: quando i privati di Airiminum hanno riaperto l'aeroporto Fellini, non risulta che Rimini abbia chiesto il permesso delle altre città della Romagna.

Il sindaco di Rimini è comunque convinto che “così si indebolisce la Romagna e se questa è una nuova direzione, nessuno, noi per primi, ci stiamo a fare la parte dei più fessi”.

“In sostanza – conclude Gnassi - se non hai un pensiero romagnolo e nel frattempo tenti di avanzare come campanile a discapito di altri, la Romagna sarà più debole. Anche nei confronti di Bologna, che magari non vede l’ora di affermare: ‘Finché vi dividete tra voi…….’. Bologna è un hub centrale del’Italia, non solo della regione. Il passante di Bologna porta benefici anche alla Romagna, a Rimini. L’alta velocità lo stesso. Ma se la Romagna non tratta unita con il capoluogo e l’Università sarà più fragile nel suo insieme. E la naturale posizione baricentrica di Bologna porterà a tentazioni: fare la Fiera con Milano o guardare alle Olimpiadi con Firenze. Su Università, sanità, strade, trasporti, alta velocità è giunto il momento di parlare con una voce sola. Tre o 4 investimenti strategici, dalla E45 all’Asse Adriatico, dal Porto di Ravenna a un multi campus romagnolo più forte”.

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