Candidato centrodestra a Rimini: deciderà a Roma il tavolo politico la prossima settimana
Ci vorrà tutta la prossima settimana per decidere il candidato sindaco del centrodestra per le elezioni amministrative di Rimini di ottobre. I tempi si allungano perché a Roma c’è stata rottura al tavolo enti locali. Non è passato l’ex sindaco di Bellaria Enzo Ceccarelli, stop pure per il presidente di Confcommercio Gianni Indino. A Roma è stata pure perorata la causa, per ora senza successo, della sindacalista Uil Giuseppina Morolli, per conto di Noi per l’Italia, il partitino dell’ex ministro Maurizio Lupi.
Ciò significa che la decisione si sposta sul tavolo politico principale, quello dove siedono Salvini, Meloni e Tajani. E su questo tavolo i destini di Rimini sono strettamente legati a quelli di Bologna. Matteo Salvini ha gelato tutti, specialmente quelli che speravano in una rapida soluzione del problema, annunciando che il candidato sindaco di Bologna lo rivelerà il 19 luglio quando sarà nel capoluogo emiliano per lanciare la raccolta delle firme sui referendum sulla giustizia. A Bologna Forza Italia punta sul senatore Andrea Cangini, già direttore del Carlino, mentre la Lega al momento è ancora attestata sulla linea della candidatura civica.
Se a Bologna il candidato sarà Cangini, cioè un esponente di Forza Italia, la casella di Rimini – se prevarrà l’opzione politica – sarà occupata o dalla Lega o da Fratelli d’Italia. Per la Lega sono in ballo lo stesso Ceccarelli (visto che gli alleati lo considerano politico e non civico) e Alessandro Ravaglioli, che da mesi ha dichiarato la sua disponibilità e, a quanto risulta, ha mosso anche numerose pedine per centrare l’obiettivo. Dovesse invece scendere in campo un uomo di Fratelli d’Italia, negli ultimi giorni sono cresciute le quotazioni del leader storico Gioenzo Renzi, che vanta numerosi rapporti con i big nazionali del partito, influenti al tavolo delle decisioni. Renzi si era proposto anche nel 2011, sconfitto al ballottaggio da Andrea Gnassi. Non dovesse passare Renzi, c’è sempre la carta dell’ex azzurro Nicola Marcello, probabilmente più gradito da una parte della coalizione.
Non è escluso, qualora le divisioni siano insanabili, che al primo turno Lega e Fratelli d’Italia presentino candidati diversi. Al ballottaggio chi ha preso meno voti convergerà poi su chi all’interno del centrodestra è stato più votato. Non sarebbe una novità (era già successo nel 2001 fra Forza Italia e Alleanza Nazionale ) ma è uno scenario che rievoca una stagione perdente. È quello che ad esempio succede a Ravenna dove i berlusconiani vanno per conto loro.
Dovesse invece tornare in auge la candidatura civica, l’unica rimasta in campo è quella di Morolli.
Sono giorni di tregua (certamente armata) per l’imprenditore Lucio Paesani, che aspetta di conoscere quale sarà il candidato del centrodestra per decidere se schierarsi con lui o continuare il proprio percorso solitario. Parlavamo di tregua perché non si registrano attacchi a possibili candidati della destra, come invece accadeva qualche tempo fa. Pare comunque che non aderirebbe ad una coalizione guidata da Ceccarelli. Ieri sul proprio profilo Facebook ha pubblicato le foto del proprio incontro a Roma con l’onorevole Lupi, insieme al quale erano anche altri riminesi: Marco Lombardi, Giuseppe Cappiello, Alessandro Lualdi, Davide Zamagni.
Gloria Lisi, Bonfiglio, Nanà e lo strano caso di una possibile lista concorrente di Jamil
La conclusione del tormentato e burrascoso percorso per individuare il candidato sindaco del Pd (i famosi “due passi avanti” di Jamil Sadegholvaad ed Emma Petitti) rischia di aprire uno scenario inedito e fino a una settimana fa assolutamente imprevedibile. Alle urne, infatti, come il centrodestra potrebbe avere una lista di disturbo capitanata da Lucio Paesani, nel caso di disaccordo sul candidato sindaco, anche il centrosinistra potrebbe ritrovarsene una con alla testa addirittura Gloria Lisi, per un decennio vice nelle giunte guidate da Andrea Gnassi.
All’assessora ai servizi sociali non è piaciuto l’accordo che ha consacrato il tandem Sadegholvaad - Chiara Bellini. L’ha vissuto, a torto o a ragione non importa, come una sorta di doppio tradimento, politico e personale. Lei si era votata anima e corpo ad organizzare la campagna elettorale di Sadegholvaad, aveva posizionato la sua lista civica (Rimini Attiva, quella del consigliere Kristian Gianfreda) nel sostegno pieno all’erede designato da Gnassi, e probabilmente pensava che tale dedizione alla causa sarebbe stata in qualche modo ricompensata. Ogni illusione di ricoprire per altri cinque anni il ruolo di vice sindaco è definitivamente sfumata quando ha appreso che quel posto sarebbe andato all’amica Chiara, per conto dell’asse Petitti-Melucci, ovvero gli avversari.
L’amarezza di Gloria Lisi è comprensibile. Più sorprendente, invece, appare la sua decisione di ricorrere ai consigli di Natale Arcuri, l’uomo che ha “creato” Renata Tosi a Riccione, per poi ritrovarsi oggi a combatterla su tutti i fronti. Lo stesso uomo che cinque anni fa aveva tentato di sbarcare a Rimini facendo il consulente di una lista civica cattolica mai decollata per mancanza di candidato; lo stesso uomo che era già in pista per fare il consulente elettorale di Emma Petitti, qualora fosse stata lei a tagliare il traguardo della candidatura.
Che c’azzecca Gloria con Nanà? Lisi è molto amica di Fiorella Casadei, moglie dell’imprenditore Bonfiglio Mariotti, fino al punto di averla trascinata nel comitato elettorale di Sadegholvaad e farla presidente. Arcuri è un consulente di Mariotti, e insomma da cosa nasce cosa; così, tramite i buoni uffici di Fiorella, l’assessora si è ritrovata a raccontare le sue pene politiche a Nanà. Dopo quel colloquio, Gloria Lisi è partita per un periodo di vacanza-riflessione, lasciando sulle spine Sadegholvaad che la sta cercando per ricomporre la frattura. Secondo fonti bene informate, dai colloqui con Arcuri sarebbero emersi due possibili scenari per rispondere al tradimento subito. Il primo, abbastanza scontato e indolore, prevede la creazione di una lista civica capitanata dalla Lisi che contratti e fornisca l’appoggio a Sadegholvaad fin dal primo turno. Il secondo scenario invece contempla la possibilità che Lisi organizzi una piccola coalizione di liste civiche, si proponga come candidato sindaco e solo al ballottaggio converga su Jamil. Sia nell’ipotesi soft che in quella hard, il tentativo evidente è quello di mostrare di avere un peso politico ed elettorale e di voler fare valere questo peso per un obiettivo futuro che al momento non è dato conoscere.
Ipotesi di fantapolitica? Si vedrà. Certo la situazione deve essere ben ingarbugliata se una persona cordiale come Gianfreda, prima ancora che gli si spieghi per quale ragione lo si cerchi, fa sapere di essere in silenzio stampa. Evidente l’imbarazzo della sua posizione, amico di Lisi e fan di Sadegholvaad. Anche lui è in attesa di sapere a qualche decisione approderà il vice-sindaco.
Ma non è solo il caso Lisi ad agitare le acque fra le liste civiche di centrosinistra, che in questi mesi hanno tenuto il punto in favore di Jamil. E lo hanno tenuto in nome dell’assoluta continuità con la giunta Gnassi, laddove invece Petitti e Melucci, anche per favorire l’accordo con i 5 Stelle, paventavano più di una discontinuità. Se si va a leggere il testo dell’accordo che ha posto fine alla “guerra civile” dentro il Pd, si scopre che nero su bianco sono state stabilite tante possibili discontinuità. Il documento inoltre afferma che il Pd “non può avere né subire alcuna sudditanza fra tutte le forze che compongono la coalizione”. È evidente il riferimento alle liste civiche che durante gli ultimi sei mesi hanno in qualche modo preteso di dettare l’agenda al Pd. Va anche detto che nel partito c’è chi considera quel documento niente più che l’onore delle armi al soldato Petitti, e che spetterà solo al candidato sindaco proporre il proprio programma elettorale in unità con le forze della coalizione. Mirco Muratori, di Patto Civico, fa notare che “quello è un documento interno del Pd” e che “lo stesso Pd insieme a noi al tavolo della coalizione ha approvato un documento programmatico”. Documento che non è stato reso noto e che comunque non collima con quello firmato da Jamil ed Emma. “Noi – sottolinea Muratori – siamo più che contenti che Jamil sia il candidato. È l’obiettivo per cui ci siamo battuti. Ma sul programma certe affermazioni del documento Pd dovranno essere riviste”.
Frisoni: un incarico a Guerzoni sui musei mediante un bando "segreto"
"Oggi abbiamo saputo solo dopo l'attribuzione e solo dai social, quattro righe sulla pagina Facebook del Comune (post già cancellato), - scrive Davide Frisoni, presidente della commissione cultura - che Gnassi ha fatto un bando di concorso "segreto" per la direzione dei musei a cui ha partecipato solo una persona e di conseguenza lo ha vinto. E chissà perché chi lo ha vinto fa parte del comitato scientifico del PART."
Si tratta di Guido Guerzoni, docente alla Bocconi e project manager dell'M9 di Mestre, al quale il comune, mediante avviso pubblico, ha affidato l'incarico (compenso 50 mila euro) per redigere un "piano di valorizzazione e governance del distretto della cultura di Rimini.
"Bando - afferma Frisoni - di cui nessuno ha saputo niente. Mi hanno cercato alcune persone come Presidente della Commissione Cultura, persone conosciute in città, professionisti competenti, dicendomi che che se avessero saputo del bando avrebbero partecipato. Gli ho dovuto rispondere con parole di verità, e cioè che la Commissione Cultura è sempre stata lasciata all'oscuro di tutto, compreso questo bando. I progetti li porta avanti Gnassi. Le persone le sceglie Gnassi. E quando subisce una sconfitta, lui si vendica. Come in questo caso. Il suo uomo impedirà a chiunque di fare un progetto culturale serio e condiviso con la città.
Non ho problemi con questa persona se non qualche dubbio sulla sua attività passata, più vicina all'intrattenimento che alla cultura ma perfettamente in linea col sindaco circense".
Il ticket Jamil-Chiara riporta la pace nel Pd. E i progetti di Gnassi si possono cambiare
“No, Emma non ha fatto un passo indietro. Insieme abbiamo fatto due passi in avanti”, chiosa Jamil Sadelgholvaad, che per la prima volta parla nelle vesti di candidato sindaco del Pd. Sei mesi di lotta feroce dentro al partito sembrano magicamente dileguarsi sotto il solleone di giugno in un’afosa piazza Cavour dove si tiene la conferenza stampa per raccontare l’accordo raggiunto all’unanimità.
C’eravamo talmente odiati che ora quasi teneramente ci amiamo di fronte al mondo incredulo. Il centrodestra che sperava nello scenario della divisione a sinistra anche alle urne deve ricredersi ed aggiornare rapidamente la strategia di attacco.
La lunga stagione dei contrasti, passata addirittura attraverso le carte bollate di partito, si è ricomposta sui nomi di Jamil e di Chiara Bellini, una civica, non iscritta ad alcun partito, docente universitario, ma soprattutto fra le promotrici del movimento “Io sto con Emma”. Se bastava un ticket (o un tandem, come lo chiama Petitti) che bisogno c’era di far consumare quintali di pop corn agli osservatori riminesi? “La mediazione – precisa Sadegholvaad – non è stata sui nomi, ma è stata raggiunta una sintesi alta su un progetto dove ciascuno ha recuperato le proprie istanze originali”. Si potrebbe dire che è stata praticata l’antica e in disuso arte del compromesso che, insegnava il teologo Ratzinger, è il metodo migliore della politica.
Emma Petitti, da par suo, ha spiegato cosa l’ha spinta a fare il passo indietro (o in avanti). Dopo essere scesa in campo, dopo che c’è stato il fuoco di sbarramento sulle primarie che dividevano il partito, dopo che è sfumato il fantasma della candidatura terza, non restavano che due strade: o la rottura o tornare a fare politica in modo ancor più responsabile (e calca l’accento su responsabile) e unitario.
E così alla fine è passata la candidatura di Jamil Sadegholvaad, autodefinitosi l’assessore dal nome strano; “una candidatura che, - ha sottolineato Francesco Boccia, responsabile nazionale degli enti locali, - piace molto a me e al segretario Enrico Letta. “E’ il simbolo delle politiche di centrosinistra, di una Rimini larga, inclusiva”.
Dopo l’ultimo rinvio delle decisioni, Jamil ed Emma hanno cominciato a dar corpo all’accordo, a scrivere materialmente il “Nuovo patto politico per lo sviluppo di Rimini”. Quattro pagine fitte che si concludono con le firme autografe di Sadegholvaad e Petitti. Una sorta di riesumazione del contratto di governo gialloverde, solo nella forma ovviamente, ed in versione centrosinistra, stile balneare.
La diatriba continuità/discontinuità rispetto all’amministrazione Gnassi è stata così risolta: “Proseguire nella lunga scia di buon governo del centrosinistra riminese, adattando, modificando, connettendo alle domande di un mondo e di una realtà in profondo cambiamento anche gli stessi progetti che sono in fase di attuazione”. Si fanno anche gli esempi: il Parco del Mare va completato avendo più attenzione ad accessibilità e parcheggi (anche se è difficile pensare che la necessità dei parcheggi, ammessa oggi, dipenda, come suggerisce il documento, dal covid o dal mondo che cambia). Curiosamente viene anche rilanciato il Piano Strategico, che va ripreso con lo spirito originale e di cui va ricostituito il Forum.
Jamil ed Emma concordano che il centro sinistra a Rimini è sempre stato capace di essere “alternativo a se stesso, unendo continuità e innovazione”. Quindi in gioco “non vi è alcuna rivalsa politica”.
Si precisa che il documento “è la sintesi di visioni culturali e programmatiche diverse che dovevano trovare la sintesi con le primarie”. Ha prevalso la paura delle divisioni insanabili, ma d’ora in poi quando ci saranno più candidature “si proceda alle primarie senza tentennamenti”.
Nel documento c’è anche una sintesi del programma: al primo posto la riqualificazione alberghiera, ma senza cedere alla suggestione dei cambi di destinazione da hotel a residenza. Al secondo punto c’è la riqualificazione della rete commerciale nella zona turistica, perché non basta l’arredo urbano. Riqualificazione anche del centro storico. Potenziamento della sanità territoriale e ospedaliera. Attenzione alle periferie. Politica della casa e rinnovata politica fiscale con l’obiettivo di eliminare alcune imposte. Politica della sicurezza urbana e una decisa ‘oliata’ alla macchina comunale. Senza ripristinare i vecchi quartieri, vanno trovate forme nuove per favorire la partecipazione dei cittadini.
La conferenza stampa qualche diversità fra Jamil ed Emma l’ha comunque messa in evidenza. Mentre Petitti ha insistito sulla coalizione larga e quindi sull’indispensabile accordo con il Movimento 5 Stelle, Sadegholvaad ha invocato un ampio accordo fra partiti, liste civiche e società civile, accennando solo per dovere di accordo unitario al dialogo con i pentastellati.
La prima iniziativa del candidato Sadegholvaad sarà quella di convocare il tavolo della coalizione per condividere gli ultimi passaggi, e poi cercare i 5 Stelle per un “accordo sul programma”. I 5 Stelle anche oggi si sono fatti vivi per sparare sulla giunta Gnassi. Nelle settimane scorse proprio loro avevano sollecitato un confronto sui programmi. Ora più che a Rimini forse guardano allo psicodramma Conte-Grillo dove è in gioco la loro stessa esistenza.
E' ufficiale: Jamil Sadegholvaad candidato sindaco del Pd. Ticket con Chiara Bellini
E infine, dopo mesi di contrapposizioni e polemiche, l'accordo è arrivato. Jamil Sadegholvaad, assessore della giunta Gnassi, sarà il candidato sindaco del Pd e della coalizione di centrosinistra alle elezioni comunali di Rimini in ottobre.
Lo ha deciso l'assemblea/direzione comunale del Pd, convocata ieri sera alla presenza anche di Francesco Boccia, dirigente nazionale degli enti locali.
Da quanto si è appreso a proporsi agli elettorisarà un ticket formato da Jamil Sadegholvaad, sindaco, e da Chiara Bellini, vicesindaco. Bellini, sostenitrice di Emma Petitti, è una docente universitaria, specializzata in culture orientali.
Martedì mattina il Pd terrà una conferenza stampa per illustrare gli esiti dell'assemblea.
Pecci: Ceccarelli bocciato, è il momento di Ravaglioli
Il candidato del centrodestra sarà Alessandro Ravaglioli? Un indizio viene dalla dichiarazione di Marzio Pecci, capogruppo in consiglio comunale.
"La candidatura di Enzo Ceccarelli, ex sindaco di Bellaria - ha detto Pecci - è stata ampiamente disapprovata soprattutto perché estranea al territorio riminese".
"Personalmente, in questi anni, ho sopportato il peso politico di chi, ad ogni consiglio comunale, è stato accusato, grossolanamente ed ingiustamente, di non conoscere il territorio pur avendo vissuto e svolto, sempre, l’attività professionale a Rimini che mi ha consentito di discutere con competenza ogni delibera comunale".
"La tempestiva bocciatura del candidato Enzo Ceccarelli, da parte di Forza Italia e Fratelli d’Italia, obbliga l’accantonamento delle candidature civiche ed il sostegno alla candidatura politica della Lega, già sul tavolo nazionale della coalizione (appunto Alessandro Ravaglioli, ndr), da parte dell’intero partito e dalla coalizione medesima, soprattutto, nel momento in cui appare concreta la possibilità di conquistare il Municipio di Rimini".
Come si spiega la furibonda lotta di potere in atto dentro il Pd di Rimini
Sostenere che il Pd di Rimini da alcuni mesi è dilaniato da lotte interne senza esclusione di colpi significa fotografare semplicemente la realtà. Spesso i giornalisti abusano della metafora della “guerra” per descrivere una contrapposizione tra due persone, due gruppi, due posizioni. Per il Pd di Rimini la metafora appare invece adeguata.
Sono mesi che ci occupiamo di questa “guerra”, descrivendo le singole battaglie, i riposizionamenti tattici, le tregue armate, i colloqui di pace che mai approdano a un risultato. Presi dal vortice degli avvenimenti, si rischia di perdere di vista il motivo per cui si è scatenata la “guerra”, di non capire cosa c’è in gioco (in attesa di sapere se mercoledì sera i nodi saranno finalmente sciolti).
Al centro della questione c’è lo stato del Pd a Rimini, da sempre partito di maggioranza relativa e partito di governo, pur nelle sua varie evoluzioni storiche (Pci, Pds, Ds, Pd). L’impressione è che dieci anni di amministrazione Gnassi, se non distrutto, certamente lo abbiano relegato ad una posizione irrilevante. Il sindaco ha proceduto con la sua visione di città e con i suoi progetti senza mai coinvolgerlo. Tantomeno il Pd si è mai affacciato sulla scena pubblica per sollecitare l’amministrazione guidata da Gnassi a realizzare questo o quell’intervento. Il partito, nella visione gnassiana, è ancora utile come comitato elettorale, ma i “trogloditi”, come a volte il sindaco nei colloqui privati chiama parte dei suoi compagni, non hanno voce in capitolo sulle scelte della città. Gnassi in questi anni è andato elaborando una sua visione della Rimini presente e del prossimo futuro, ha cercato di tradurla nelle scelte amministrative, ed ora pretende che il candidato sindaco del Pd sia un uomo in perfetta continuità con il percorso da lui cominciato.
I suoi avversari presentano questa pretesa come la riprova del suo carattere arrogante. A ben vedere, quella di Rimini è una situazione analoga, con alcune differenze che vedremo, a quella di Bologna, dove il sindaco uscente Merola ha designato come successore un proprio assessore, Matteo Lepore, scelta confermata dalle primarie di domenica scorsa.
Perché a Rimini una scelta di continuità ha incontrato una così feroce opposizione? È successo che una parte del partito, quella riconducibile all’area Melucci-Petitti-Magrini, che ha mal sopportato questi dieci anni, abbia colto l’occasione della incandidabilità di Gnassi per sfoderare le armi. Mesi fa il segretario provinciale Filippo Sacchetti disse che il contrasto sulle candidature veniva da lontano. Certamente una tappa è l’esordio dell’era Gnassi, con la cancellazione dei grattacieli sul lungomare, con lo stop ad alcuni progetti urbanistici avallati dalla giunta precedente (Melucci vice sindaco). La discontinuità è stata a lungo incassata quasi in silenzio, anche se nelle trincee si preparava il momento della riscossa. Per quest’area del Pd, le elezioni del 2021 sono l’occasione per ribaltare la prospettiva: ora la discontinuità deve essere con il decennio gnassiano.
La “guerra” in atto è dunque generata da una lotta per il potere, intenso non banalmente, come troppo spesso si usa, come accaparramento di poltrone o di prebende personali. Piuttosto, per poter applicare la propria visione di città o di quello si pensa debba essere il ruolo del partito nell’amministrazione della città; e non è una lotta solo per il controllo della struttura, perché il decennio gnassiano ha contribuito a dissolverla. In questo senso la situazione di Rimini è diversa da quella di Bologna. Il politologo Gianfranco Pasquino, intellettuale di sinistra di lungo corso, ha annunciato il proprio voto alle primarie per Isabella Conti, la candidata di Italia Viva, la renziana, il che è come dire il diavolo sotto mentire spoglie. Perché? “Perché – citiamo a memoria da un’intervista televisiva – a Bologna il Pd è un sistema di potere incancrenito che va scardinato”. Il successo della candidata renziana (oltretutto non bolognese) è un segnale dell’insofferenza che a Bologna nell’ambito degli elettori di centrosinistra sta montando verso lo storico partitone rosso. A Rimini il partito invece è dissolto, restano solo gli ultimi giapponesi di Melucci che vorrebbero resuscitarlo. A Rimini Gnassi non chiede una continuità di partito, prospettiva che gli è del tutto estranea, ma del proprio progetto sulla città. E probabilmente su questo non è disposto a cedere, fosse anche per qualche poltrona di prestigio.
Se poi si volesse radiografare in profondità, fino alle radici ideali, lo stato del Pd a Rimini, può essere utile anche in questo caso una affermazione dl professor Pasquino: “Quello che di sbagliato c’è oggi nel Pd risale alla sua origine, a quelle famose culture riformiste, che venivano messe insieme e già all’origine erano deboli e fatiscenti e che ora sono sostanzialmente scomparse”.
Croatti e Sarti: se il Pd impone uomo di partito, non ci stracceremo le vesti
In merito alle affermazioni pubbliche di Francesco Boccia (responsabile Nazionale degli enti locali del PD), intervenuto nel merito della situazione del PD a Rimini, i parlamentari Giulia Sarti e Marco Croatti del Movimentop 5 Stelle hanno diffuso la seguente nota: "A Rimini la spinta progressista è indebolita dalle lotte intestine di potere all'interno del PD, oltre che dall'ostentata superbia e infelice volontà di voler trovare un Sindaco per la città tra i ranghi del proprio partito.
In questi anni il PD locale ha dimostrato una incapacità cronica di ascoltare e di aprirsi alla società civile. La volontà di essere riferimento unico a decidere per tutti, imponendo il proprio candidato di partito, anche a dispetto della sensibilità di altre componenti progressiste, sembra più legato al vecchio schema di controllo delle persone per la gestione del potere piuttosto che alle vere necessità della nostra comunità.
La storia elle catastrofi che accadrebbero se non ci fosse il PD a governare, si è sempre rivelata una falsità, come dimostra il caso del comune di Cattolica, città rinata dal 2016 con il Sindaco del M5S Mariano Gennari.
Quando Boccia afferma:"Questa città è un modello, è tra le città meglio amministrate d'Italia" dovrebbe dire ai suoi consiglieri di andare ad ispezionare il bilancio comunale di Rimini.
Nonostante le risorse drenate anche a tutta la provincia in favore del capoluogo e gli ingenti finanziamenti ricevuti dalla regione e dallo Stato, il bilancio comunale è tutt'altro che un modello.
Cattolica, semmai, può essere città e bilancio da portare come esempio e modello di buona amministrazione.
Concludono Croatti e Sarti – rispetto al candidato Sindaco a Rimini - Se la volontà del PD locale è quella di imporre alla coalizione progressista un uomo di partito del PD, il M5S di Rimini, come già successo in altre parti d'Italia, non si straccerà le vesti."
Croatti e Sarti usano la stessa frase con cui Conte ha sepolto il carattere strategico dell'alleanza con il Pd. Solo qualche giorno fa avevano sostenuto che il problema era che non si dscuteva di programmi.
Iaia, Rinascimento: il vero candidato civico per il centrodestra è Davide Frisoni
"Rinascimento è parte di un progetto civico di centrodestra con una visione più ampia che intende costruire la svolta civica a Rimini e per questo Vittorio Sgarbi al tavolo nazionale della coalizione sosterrà la candidatura dell’artista Davide Frisoni in una città che si candida a capitale italiana della cultura 2024".
Lo scrive Cosimo iaia, coordinatore regionale di Rinascimento, il movimento politicodi Vittorio Sgarbi.
"Davide Frisoni - aggiunge Iaia - è l’unico “ Civico” che ha maturato una esperienza amministrativa in una coalizione di maggioranza con l’unico scopo di offrire competenze e donare alla città uno sguardo di artista in grado di occuparsi delle scelte culturali. Se l’essere stato Presidente della Commissione Cultura a Rimini è una discriminante lo si dica chiaramente.
Sono deluso nell’apprendere dalla stampa che lunedì nell’incontro nazionale dove verranno proposti i candidati sindaci, nella rosa dei candidati per Rimini i referenti politici Riminesi di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega non abbiano inserito Davide Frisoni"-
7 domande all'on. Morrone per capire il guazzabuglio dei candidati del centrodestra
L’on. Jacopo Morrone, plenipotenziario di Matteo Salvini in tutte le Romagne, e dunque anche a Rimini, non appena si sarà concluso il tortuoso percorso della ricerca di un candidato sindaco per il centrodestra, o anche subito, se vuole, dovrebbe rispondere ad alcune domande. Gli elettori della Lega, gli elettori del centrodestra, i simpatizzanti di questa area politica, e potremmo aggiungervi tutti i cittadini, hanno il diritto di sapere come si sono svolte le cose e perché un percorso, partito con tanta benzina nel motore, è arrivato al traguardo visibilmente spompato, tanto che alcuni settori di elettori già cominciano a sostenere, basta leggere i social, che ancora una volta Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno deciso di perdere a Rimini. È un ritornello che si ripete ad ogni tornata elettorale, ma l’on. Morrone si era presentato sulla piazza di Rimini con l’obiettivo di smentire una volta per tutte tale leggenda nera del centrodestra riminese.
Passiamo alle domande.
- In tempi non sospetti, quando il candidato civico non era diventato il mantra di Salvini & Soci a livello nazionale, l’on. Morrone aveva stupito tutti proponendo per Rimini un candidato della società civile. Non un candidato qualsiasi senza tessera di partito, ma un personaggio autorevole, stimato, conosciuto, capace di pescare voti nel campo avversario. Però si è avuta l’impressione – e l’on. Morrone, se può, la smentisca – che con il passare dei mesi il candidato civico, che all’inizio doveva avere le caratteristiche indicate, si sia trasformato sempre più nella ricerca di un nome che impedisca ai partiti alleati-concorrenti di aggiudicarsi una casella importante in vista delle elezioni politiche del 2023, nel contesto cioè della battaglia Salvini-Meloni per la leadership. È un’impressione sbagliata?
- Chi non frequenta i salotti o i tavoli del centrodestra è venuto a conoscenza, uno dopo l’altro, solo dei no incassati da questo o quell’altro possibile candidato. Da questo elenco sembra quasi che la verifica si sia svolta seguendo l’elenco degli ordini professionali e delle associazioni di categoria. Immaginiamo che non sia stato solo così; e dunque, come si è mosso l’on. Morrone nella ricerca dei nomi da candidare? Che riscontri ha avuto dalla società civile? E se è stata una ricerca approfondita, questo significa che la nostra società civile è disimpegnata e poco interessata al bene comune?
- Raccontano le cronache che la Lega, dopo aver accolto con un gelido silenzio la candidatura di Gianni Indino, presidente della Confcommercio e del Caar, adesso sarebbe pronta a pronunciare il proprio decisivo sì. Se lo farà, l’on. Morrone dovrebbe spiegare cosa è cambiato rispetto a due settimane fa, quando Indino era giudicato impresentabile. Il candidato per Rimini doveva essere assolutamente una “creatura” della Lega, a dispetto del fatto che tutti i tentativi di parto si erano trasformati in aborto? Nell’iniziativa di Forza Italia che ha proposto Indino è sbagliato vedere l’insofferenza dei suoi alleati verso i suoi ripetuti proclami a cui non seguivano facce con un nome e cognome?
- L’altro candidato civico rimasto in lizza è l’imprenditore Lucio Paesani, che peraltro da settimane è in campagna elettorale con tanto di manifesti 6x3 in cui si propone come candidato sindaco. Non crede l’on. Morrone che sia per lo meno stravagante un modo di fare politica in cui si continua a trattare con una persona che comunque ha già deciso di candidarsi a sindaco? Non è questo un segno di debolezza, o comunque di confusione? Non crede che con Paesani, se come candidato sindaco la Lega lo giudicava inadeguato, occorreva essere chiari fin dal principio, e non cercare di metterlo alle strette, adesso, con ultimatum dell’ultimo minuto del tipo: o aderisci subito all’alleanza o al ballottaggio non ti vogliamo?
- Se alla fine il candidato sarà Indino e Paesani sarà irremovibile dalla scelta di non sostenerlo, non le pare che il risultato finale sia un pastrocchio che ipotecherà seriamente le possibilità di vittoria del centrodestra?
- Pare che entro lunedì i vertici regionali prenderanno una decisione. In caso contrario la scelta del candidato sarà demandata ai vertici nazionali che, in assenza di accordo su un civico, dovranno scegliere un politico. In qusto caso con quali nomi lei andrà a Roma? Con Alessandro Ravaglioli, una persona che si è autocandidata mentre lei parlava di civico e che, nonostante le conferenze stampa convocate per smentirlo, ha continuato a fare campagna elettorale? Oppure con la riccionese Elena Raffaelli, in quanto responsabile provinciale della Lega? O promuoverà qualcuno della vecchia guardia come Matteo Zoccarato?
- Alla luce di queste considerazioni, come giudica il livello di autorevolezza della sua leadership nella Lega e nel centrodestra di Rimini?