Conclude in crescendo, lo scrittore Luca Doninelli, il suo intervento sul tema del Meeting: Tu sei un bene per me. Nel mondo che sta arrivando –e che certamente cambierà le nostre città e le biografie dei nostri figli – si tratta di tornare a quella certa idea per cui un uomo vale semplicemente perché è un uomo. Questa cultura ha costruito una forma di vita buona per tutti. Il tono in qualche modo si fa apocalittico, sulla scia del suo del suo ultimo romanzo Le cose semplici dove immagina in che modo riprende la vita in un mondo completamente collassato. “Il mondo sta cambiando, a chi arriverà dopo di noi dovremo poter dire così: Amico, chi ti ha preceduto ha lavorato secoli e secoli per farvi comprendere che il valore della tua vita non è nelle mie mai, perché nemmeno il mio è nelle mie mani. E anche se adesso mi uccidi non lo dimenticare: tutto è gratis, ognuno di noi è un dono. Per questo tu sei un bene per me. Spero anche tu un giorno lo possa ripetere; se non tu almeno i tuoi figli o i figli dei tuoi figli”.
Non è facile fare una sintesi sistematica del discorso di Doninelli perché, per quanto articolato in punti, non seguiva la logica di un ragionamento ma si presentava come un mosaico con tante osservazioni sulla vita, tanti racconti, molti riferiti anche ad episodi della vita personale, alcuni rimandi letterari (Non è un paese per vecchi, di Cormac Mc Cartgye, l’Amleto di Shakespeare), citazioni esplicite come quella dello scrittore americano David Foster Wallace. “Se pensi a quelle volte nella vita che hai trattato le persone con un amore e una correttezza straordinari, e te ne sei preso cura in maniera totalmente disinteressata, solo perché avevano un valore come esseri umani... Ecco, la capacità di fare altrettanto con noi stessi. Di trattare noi stessi come tratteremmo un buon amico, un amico prezioso. O un nostro bambino che amiamo più della vita stessa. E penso che sia possibile arrivarci. Penso che in parte il compito che abbiamo sulla terra sia imparare a fare questo”.
Nel tema ci entra direttamente raccontando che nella scuola a cui collabora (la Oliver Twist promossa dai fratelli Figini) c’è un’ora speciale che ha per titolo “tutto è per me”. Ragazzi e insegnanti sono invitati a riparare ciò che si è rovinato per usura, per incuria o per agenti esterni. C’è però il rischio d i limitare il “tutto è per me” ad un’idea utilitaristica: un’aula pulita è meglio di un’aula sporca. In questo caso “per me” diventa “nel mio interesse”. In realtà “per me” può essere letto “niente mi appartiene”. La realtà, aveva spiegato poc’anzi, obbedisce a leggi che non ho stabilito io. Questo non essere mio è per me. Tutta la realtà mi è donata. Riparo il banco perché mi è dato e se faccio questo poi non posso trattare il mio compagno come se fosse un cane. Tutta la civiltà dipende dalla stima che abbiamo per un tu.
Ma fra l’io è il tu c’è uno spazio drammatico, in cui la libertà si rimette in gioco. Fra l’io è il tu c’è un terzo. C’è uno spazio di silenzio fra me e te. Come il tu diventi davvero un tu irriducibile? E qui Doninelli racconta l’esperienza di compagnia fatta ad un amico morente. Lui e gli amici lo andavano a trovare. “Le cose di cui parlavano o i testi che insieme leggevamo non erano intese a colmare il grido che proveniva da quegli occhi. Non perché non fossero vere ma perché la libertà esige sempre un salto dell’io. E lui si trovava davanti al salto più grande e il salto toccava a lui. Era chiaro che la risposta al quel grido silenzioso non stava nelle nostre parole o nell’incontro con le nostre povere persone ma nell’incontro con qualcuno che non eravamo noi. Fra me e te c’è un silenzio duro da accettare ma in questo silenzio c’è la radice del bene. Io non sono la risposta alle tue domande, tu non sei la risposta alle mie”.
La realtà può assumere il volto di un nemico. Doninelli commenta in modo originale parole del Vangelo di solito mai ben capite come il porgere l’altra guancia e l’amare i propri nemici. Per lo scrittore milanese amare i propri i nemici si può declinare in tre modi: amare la vita anche al cospetto di chi te la vuole togliere; amare la vita anche dei nostri nemici; Non smettere di mare ciò che di più bello abbiamo ricevuto anche difendendolo da quella parte di noi stessi che non lo comprende più. E qui Doninelli racconta l’esperienza di un viaggio a Parigi con un amico dei tempi dell’Università. Al secondo giorno fecero una litigata furiosa su un tema di filosofia. Stettero due giorni senza parlarsi e nemmeno potevano tornare a casa perché il biglietto era vincolata ad una certa data. !”Il mio nemico in quel momento era il mio amico”.Cosa ha sbloccato la situazione? “La consapevolezza che io ero il nemico di me stesso. Ho ricordato ciò che avevo ricevuto. Avevo conosciuto una promessa di felicità che mi era stata donata senza che ne avessi alcun merito. Me ne resi conto per la prima volta. Non è facile a 23 anni riconoscere che c’è un altro che ha avuto pietà del mio niente. Questo dono era la fonte della mia gioia. Chi aveva donato tutto? Gesù Cristo era il suo nome. Una bellezza immeritata”.