L’ultimo grido di allarme era stato lanciato dal vescovo monsignor Francesco Lambiasi nel maggio scorso in occasione della processione del Corpus Domini. Il vescovo aveva ricordato una recente inchiesta della Caritas secondo cui nel territorio diocesano 1.340 persone hanno dichiarato di essere prive di abitazione. Inoltre è notevolmente cresciuto il numero delle famiglie che non riescono a pagare l’affitto da molti mesi, così come sono aumentati i casi di sfratto per morosità.
Sull’argomento è tornata la settimana scorsa l’assessore ai servizi sociali del Comune di Rimini che, intervenendo a un convegno a Torino, ha ricordato che in questo anno (dati al 5 dicembre) dei 1.156 cittadini che si sono rivolti allo sportello sociale del Comune, la metà lo ha fatto perché era privo di alloggio.
L’emergenza abitativa ha dimensioni consistenti anche nella provincia di Rimini, anche se non è uno dei problemi di cui si discute abitualmente, anche nelle istituzioni. Secondo gli ultimi dati disponibili, all’inizio del 2016 erano 2.300 le famiglie in lista di attesa per un alloggio popolare gestito dall’Acer (quasi 1.200 nel solo Comune di Rimini). Dati più aggiornati saranno probabilmente forniti dal neo presidente Riccardo Fabbri in una conferenza stampa che dovrebbe svolgersi nella giornata di sabato.
Gli alloggi attualmente gestiti dall’Acer sono oltre 2.600, nel 2016 sono stati consegnate 59 nuovi appartamenti a Tombanuova (nel Comune di Rimini) e 4 nel Comune di Montefiore.
È evidente che la disponibilità non è sufficiente a coprire il fabbisogno che non accenna a diminuire. Anche perché negli alloggi popolari il turn over è molto lento, chi riesce a entrare difficilmente lascia l’alloggio faticosamente conquistato. A livello regionale il tasso di rotazione è di appena lo 0,2 per cento, e anche a Rimini siamo in questo ordine di grandezza. Alcune categorie di persone, come ad esempio le giovani coppie, faticano ad entrare. È inoltre cambiata la tipologia dei cittadini che chiedono una casa popolare; anche chi ha un reddito (per esempio un operaio generico) oggi fatica a pagare un affitto con prezzo di mercato.
Nel 2016 è intervenuta una nuova delibera regionale che ha modificato i criteri per l’accesso. Per avere diritto ad un alloggio il nucleo famigliare non deve avere un Isee superiore a 17.154 euro, per rimanervi si può invece arrivare ad un reddito Isee di 24.016. La novità introdotta dalla Regione è che ora si guarda anche al patrimonio mobiliare, cioè a quanti soldi si hanno nel conto corrente. Il valore del patrimonio mobiliare per l’accesso non deve essere superiore a 35 mila euro; per la permanenza non deve essere superiore a 49 mila. Si ritiene che questi criteri possano sortire l’effetto di un maggiore turn over e di scovare i “furbetti” che presentano una situazione economica precaria non corrispondente alla realtà. Il fenomeno è diffuso, basti pensare che in tredici anni l’Acer di Rimini ha scovato un’evasione Isee pari a 4 milioni e mezzo. D’ora in poi i controlli saranno effettuati soprattutto prima che un alloggio venga consegnato.
Dal prossimo 1 gennaio entrerà in vigore anche un nuovo sistema per il calcolo del canone di affitto. Sarà introdotto il cosiddetto canone oggettivo che tiene conto di una serie di indicatori,quali la superficie netta dell’alloggio, alcune delle sue caratteristiche qualitative, l’ampiezza demografica del Comune di ubicazione e la zona (rurale o urbana). Si vedrà che effetti avrà sui canoni in uso nella provincia di Rimini che fino all’anno scorso oscillavano in media introno ai 130 euro al mese.
I canoni di affitto sono la principale risorsa di cui l’Acer dispone per svolgere le attività di ordinaria e straordinaria manutenzione degli immobili. Sono questi gli pressoché unici investimenti che riesce a compiere perché nelle condizioni attuali la costruzione di nuovi alloggi è pressoché impossibile. Negli ultimi anni le nuove acquisizioni sono state fatte “sfruttando” le aste fallimentari.
Parlando di alloggi popolari, uno dei temi caldi in diverse aree del paese è quello della “concorrenza” fra cittadini italiani ed extracomunitari. A Rimini il tema non è mai esploso anche perché, stando agli ultimi dati disponibili, quanti sono riusciti ad entrare in un alloggio popolare sono per il 91 per cento italiani. Quindi non sembrerebbe vera la vulgata secondo cui le norme in vigore finiscono per privilegiare gli stranieri. Certo è che c’è una pressione che cresce. Fra quanti hanno presentato la domanda, il 40 per cento sono stranieri.
Uno dei problemi a cui sempre più deve far fronte lo sportello sociale del Comune è quello delle famiglie che per vari motivi (sfratto, morosità) si trovano temporaneamente senza un tetto. A queste persone il Comune di Rimini cerca di rispondere con 50 appartamenti per nuclei famigliari in stato di fragilità e difficoltà. Si tratta di un servizio temporaneo, di emergenza, che mira a far diventare autonome le persone che ne usufruiscono. Una sorta di pronto soccorso in cui il turn over è per definizione molto alto. Un altro servizio messo in campo è quella dell’albergo sociale, che ha accolto 55 persone (tra cui 16 minori, 31 donne e 24 uomini) e un totale di 33 nuclei famigliari di persone sottoposte a sfratto.
Insieme alla Papa Giovanni XXIII il Comune di Rimini gestisce da tre anni un progetto di housing first, teso a dare un alloggio stabile ai senza dimora che gravitano sul territorio riminese. In questo periodo è stata trovata risposta per nove persone.