Quasi venticinque anni per arrivare a stabilire ciò che era evidente da subito. Una storia che mette in risalto molti aspetti discutibili del funzionamento della burocrazia e della politica nel nostro Paese. Leggendola, ognuno potrà farsi la sua opinione.
Stiamo parlando dell’ex colonia san Giuseppe di Riccione, un immobile che si trova all’incrocio fra le vie Canova, Michelangelo e Torino. L’ultima notizia che la riguarda è dei giorni scorsi: il Tar dell’Emilia Romagna ha respinto il ricorso della proprietà, la cooperativa Michelangelo di Bologna, che si opponeva alla richiesta del Comune di demolire gli abusivi edilizi ivi realizzati e di ripristinare l’originaria destinazione a casa protetta per anziani. La conseguenza sarà che l’immobile sarà acquisito al patrimonio del Comune di Riccione.
La storia parte da molto lontano, nel 1993. Su segnalazione di Giancarlo Barnabè, consigliere comunale di An, le pagine locali del quotidiano Il Messaggero parlano dello strano caso della ex colonia che aveva avuto la concessione edilizia per essere trasformata in residenza protetta per anziani e che invece aveva tutta l’aria di essere diventata un residence per famiglie bolognesi che si facevano così la seconda casa al mare. È un sospetto, suffragato però da molti indizi. La prova arriva ben presto con una telefonata agli uffici della cooperativa: un cronista si finge una persona interessata all’acquisizione di un appartamento e gli vengono date tutte le indicazioni necessarie. È la conferma che chiunque può aspirare ad avere un locale in questa struttura, anche se non è un anziano bisognoso di casa protetta.
Sulla carta (di giornale) ci sono tutti gli elementi per bloccare un’operazione che non si presenta con le caratteristiche della trasparenza. Ma non accade nulla di rilevante. Deceduto il consigliere Barnabè, la battaglia è poi continuata dal suo collega di partito Filippo Airaudo e dal consigliere degli allora Ds, Lele Montanari, oggi esponente di quell’Unione Civica che chiede un posto in giunta al sindaco Renata Tosi. Alcuni consiglieri comunali fanno un sopralluogo e possono constatare direttamente che l’ex colonia non è stata ristrutturata per far posto ai nonni (camere singole e parti in comune) ma in mini appartamenti occupati da famiglie bolognesi. Viene mandato anche un esposto in Procura, ma senza alcun esito.
Qualcosa però nella macchina burocratica si mette in modo (anche se molto lentamente) perché nel 2002 (cioè nove anni dopo) il Comune firma un’ordinanza per la demolizione delle opere abusive e il ripristino della destinazione a casa protetta.
Nel 2004 però la cooperativa Michelangelo presenta un’istanza di condono. La sua pratica si va ad aggiungere alle altre centinaia presentate dai cittadini riccionesi. L’effetto pratico è che, essendoci una richiesta di condono, viene di fatto sospesa l’ordinanza del 2002 (anche se non si può non osservare che il Comune aveva avuto fino a quel momento ben due anni di tempo per applicarla).
Trascorre altro tempo e finalmente il Comune decide sulla pratica: la richiesta di condono viene respinta. La cooperativa Michelangelo aveva trasformato due unità immobiliari da adibire a casa protetta per anziani in 45 appartamenti. Si tratta di “ristrutturazione con mutamento d’uso da direzionale a residenziale di manufatti superiori a 100 mq”, quindi non ammissibile. Immancabile il ricorso al Tar della proprietà.
La vicenda, partita dalla giunta di Massimo Masini, ha attraversato i due mandati di Daniele Imola e i cinque anni di Massimo Pironi, per poi transitare sotto le responsabilità dell’amministrazione Tosi.
“Quando ci siano insediati – spiega l’assessore all’Urbanistica Roberto Cesarini – abbiamo fatto una ricognizione di tutte le pratiche in sospeso e fra queste c’era anche quella dell’ex colonia san Giuseppe”. Nell’ottobre scorso una nota stampa ha informato che “Il Comune di Riccione ha notificato alla proprietà del complesso immobiliare ex colonia San Giuseppe l’ordinanza con la quale assegna alla stessa entro il termine di 90 giorni per l’esecuzione all’ordinanza del febbraio 2002 avente ad oggetto la rimozione delle opere abusive e la riduzione in pristino dell’uso autorizzato a casa protetta con concessione edilizia rilasciata il 18/08/0993”.
Nel comunicato si precisava anche che “Dalle ultime verifiche effettuate dall’Amministrazione Comunale tra agosto e settembre 2016, è risultato che non è stata presentata al Comune alcuna istanza di autorizzazione al funzionamento dell’immobile come Rsa, oltre alla ulteriore verifica che l’Ausl non ha mai espresso parere favorevole all’autorizzazione al funzionamento come struttura sanitaria della stessa”.
Come si può vedere il linguaggio è quanto mai burocratico ed essenziale, nessun riferimento ad eventuali responsabilità politiche delle precedenti amministrazioni che hanno trascinato il caso per anni senza risolverlo. L’assessore Cesarini la chiama “sobrietà”.
Il 20 gennaio 2017 sono scaduti (inutilmente) i termini entro i quali la società doveva ottemperare alla nuova ordinanza del Comune. Nei giorni scorsi sono inoltre state rese note le motivazioni con cui il Tar ha respinto il ricorso della Michelangelo contro l’ordinanza dell’ottobre scorso. Stando così le cose, il prossimo passaggio sarà l’acquisizione della ex colonia al patrimonio comunale.
La storia non è finita. Che significa che l’ex colonia diventerà proprietà del Comune? Che fine faranno gli attuali inquilini dei 45 appartamenti? L’assessore Cesarini si limita a rispondere che ora è semplicemente una questione legale, che il Comune si muoverà con “sobrietà, buon senso e ragionevolezza”. Come minimo si può ipotizzare che gli inquilini non staranno con le mani in mano e che nasceranno contenziosi legali uno dietro l’altro. Per una vicenda che poteva essere risolta sul nascere quasi venticinque anni fa.