Scm, lo storico e più grande gruppo industriale di Rimini, ha chiuso il 2016 con 600 milioni di fatturato e si appresta a tagliare il traguardo del 2018 con 640 milioni. Nell’arco di dieci anni, dall’inizio della crisi ad oggi, il gruppo è tornato al punto in cui era (640 milioni) nel 2008. Un risultato – il superamento della crisi e il ritorno alla crescita – ottenuto grazie alle radicali innovazioni introdotte sia nel processo produttivo che nei prodotti immessi nel mercato. Solo nel 2014 un contributo alla crescita del fatturato è venuto anche da una ripresa della domanda. Il ritmo di crescita è indicato anche dalle assunzioni (circa 300 per diverse figure professionali) che saranno realizzate entro il 2017.
L’attuale momento Scm è stato presentato nel corso dell’Open Day nell’ambito del 3° Festival dell’Industria e dei Valori d’Impresa organizzato in collaborazione con Confindustria Romagna. I dirigenti di Scm, il presidente Giovanni Gemmani, l’amministratore delegato Andrea Aureli, hanno presentato alle autorità e ai colleghi imprenditori presenti lo stato dell’arte del gruppo che conta 3.300 dipendenti e sedi in tutti i continenti.
La crisi ha favorito una diversa riorganizzazione del gruppo. Scm Group si occupa oggi della produzione di macchinari industriali e di componenti industriali. Nell’ambito dei macchinari operano Scm (lavorazione del legno) e Cms (lavorazione di compositi, alluminio, plastica, pietra, metalli). I marchi dei componenti industriali sono invece Hiteco (elettromandrini e componenti tecnologici), Es (quadri elettrici), Steelmec (carpenteria metallica) e Scmfonderie (fusioni in ghisa).
Lo stabilimento di via Emilia a Rimini (350 dipendenti, 80 dei quali nei settori sviluppo e ricerca) presenta già il volto di quella che oggi si ama chiamare industria 4.0. Anche se manca al momento (ma sarà realizzata presto e il primo esperimento si farà proprio a Rimini) la completa digitalizzazione delle informazioni disponibili in ogni momento del processo produttivo. Già ora comunque l’aspetto della fabbrica è quanto di più lontano dalle immagini sedimentate nella memoria collettiva. Pavimenti lucidi, macchinari tecnologicamente avanzati, ambiente vivibile e luminoso. La novità sostanziale comunque è la lean production, una riproposizione per le macchine del legno di quanto attuato dalle principali industrie automobilistiche, a partire dalla Toyota. La diversità dalla situazione precedente la spiega Giovanni Negri, responsabile della produzione. Fino al 2010 c’era un’isola produttiva dove la macchina cresceva pezzo dopo pezzo rimanendo ferma in un unico posto. Un sistema flessibile, ma difettoso dal punto di vista della standardizzazione dei processi e della ottimizzazione dei costi. Adesso c’è invece la linea produttiva: la macchina nasce passo dopo passo, compiendo un percorso che dura 7 ore e 40 minuti. Ciò consente di produrre 23/24 macchine al mese, secondo le esigenze del mercato. Ad ogni “stazione” vengono aggiunti degli elementi fino a completare il macchinario. Vicino ad ogni punto di assemblaggio c’è anche il cosiddetto “carrello della spesa” con tutti gli oggetti da implementare. Il passaggio alla linea produttiva ha imposto un cambiamento anche nella formazione del personale: se prima un operaio doveva essere in grado di gestire fino a 300 ore di lavorazione, adesso solo 7 ore e 40 minuti. Il nuovo sistema, assicura Negri, consente di produrre macchine a zero difetti. Per spiegare la rivoluzione, Negri ricorre all’immagine di un ospedale: prima i pazienti (le macchine) potevano restare a lungo a pancia aperta senza che nessuno intervenisse, adesso i chirurghi (gli operai) sono fissi in un posto e compiono e completano subito tutte le operazioni richieste.
Terminata la visita alla linea di produzione, si passa a vedere come funziona una macchina (più precisamente un “centro di lavoro”) destinata alle industrie del legno. Se ci è permesso un paragone, è una Invincibile 4.0: L’Invincibile è il nome della prima macchina per falegnami inventata dall’ingegner Giuseppe Gemmani e che ha fatto la fortuna della nascente Scm. Era capace di quattro lavorazioni: pialla filo, pialla spessore, sega a disco, bucatrice. Ciò che viene mostrato è un centro di lavorazione capace di compiere numerose operazioni su un pezzo di legno massello. Il centro Accord funziona con un solo operatore ed esegue le lavorazioni di grande precisione grazie ad un software proprietario chiamato Maestro Watch. Inserito il progetto sul pezzo di legno, il software lo esegue passo dopo passo, in modo quanto mai silenzioso. È questo un centro di lavoro venduto soprattutto nel nord e centro Europa dove si lavora il massello.