Provate ad immaginare che da un giorno all'altro i Comuni della provincia di Rimini si trovino sulle spalle un debito di 153 milioni. Con le difficoltà di tutti, a partire dal capoluogo Rimini, a far quadrare i bilanci, non è certo una rosea prospettiva. È il regalo che il governo gialloverde sta confezionando in Parlamento, sotto l'impulso dei pentastellati per i quali il dogma dell'acqua pubblica è appunto una delle cinque stelle.
Delle novità contenute nella legge (dovrebbe approdare alla Camera il prossimo 29 aprile) ha parlato oggi l'amministratore delegato di Amir, Alessandro Rapone, in una conferenza stampa convocata per fare il punto sugli investimenti dell'azienda.
L’obiettivo del provvedimento è quello di riportare il servizio idrico integrato - dalle falde passando per i rubinetti fino alla depurazione - sotto il controllo interamente pubblico. Di fatto già oggi l'acqua è pubblica: sono pubbliche le fonti di approvvigionamento e le reti, mentre la gestione privata è affidata a soggetti privati. Nel caso della provincia di Rimini ad Hera, che pur essendo formata da soci pubblici, è di fatto una Spa quotata in borsa. I grillini vogliono che anche la gestione sia pubblica, si dovranno pertanto formare delle aziende speciali per gestire la fornitura di acqua.
La manovra, che prevede la revoca delle concessioni in essere per far ritorno ad una gestione diretta del servizio da parte degli enti locali, - ha osservato Rapone - rischia però di rivelarsi tutt’altro che indolore. E a farne le spese potrebbero essere proprio i cittadini.
Le aziende impegnate nel settore stimano ripercussioni pesantissime per i conti pubblici nazionali, qualcosa come 15 miliardi di euro tra indennizzi e rimborsi dei debiti, più 5 miliardi per gli investimenti e altri 2 da destinare al bonus sociale. Soldi da inserire nella legge di bilancio, con inevitabili ricadute sulla fiscalità generale.
Secondo un recente studio elaborato da Laboratorio Ref Ricerche per conto di Confservizi Emilia-Romagna ripubblicizzare per la nostra regione avrebbe un costo una tantum di 2,4 miliardi di euro tra buonuscite per i gestori privati e maggior debito finanziario in capo ai bilanci dei Comuni. Più un costo annuo ricorrente di 800 milioni di euro per il'ammortamento degli investimenti (che vanno nei bilanci degli enti locali) e l’erogazione di 50 litri di acqua gratis a tutti. Per la sola provincia di Rimini il contraccolpo si aggirerebbe, come si è detto, attorno ai 150 milioni di euro.
“S’intende capovolgere – ha aggiunto Rapone - l’intero assetto della riforma avviata nel 1994, al tempo studiata proprio per rimediare alle problematicità di un modello simile a quel che oggi s’intende riaffermare. Come azienda pubblica sentiamo una forte responsabilità per quelle che saranno le implicazioni. Il rischio più immediato e concreto è che si apra una fase di instabilità, a danno del servizio”.
E veniamo agli investimenti. Dal 2015 ad oggi Amir ha partecipato al finanziamento della cosidetta dorsle nord per oltre 7 milioni di euro. Da oggi al 2022 sono previsti altri investimenti per 9,5 milioni. “Risorse – ha spiegato l'amministratore delegato - che la società, da oltre 50 anni impegnata nel settore, ricava dal prezioso patrimonio di infrastrutture affidatole per reinvestirle a favore dei cittadini e dell’ambiente. Con un vantaggio di non poco conto per l’utenza. Per questi investimenti infatti l’azienda riceve un corrispettivo secondo il vigente metodo tariffario, calcolato però al netto di componenti di ricavo a cui Amir rinuncia a beneficio dei consumatori”.
Che succederà se la nuova legge sarà approvata? Potrebbe accadere che Hera scinda dalla Spa tutto il settore relativo all'acqua, trasferendolo ad un'azienda pubblica. Il ruolo di Amir, invece, potrebbe crescere, visto che nella nuova legge gli ambiti territoriali sono provinciali.
Intanto da circa due settimane Atersir ha pubblicato il bando per l'assegnazione del servizio, dopo che il precedete era stato ritirato per un ricorso presentato da una multinazionale spagnola.