È per questa sera, alle ore 21 al Novelli, l’evento che permetterà di entrare in sintonia con il mondo, grazie al sound della Bound for Glory, alle voci del “Corone” e di Amarcanto e alle parole di Maria Ricci, testimonial di AVSI, la Non Profit che, con fatti e azioni concrete, incontra le situazioni più povere del mondo trasformandole in opportunità di riscatto.
Una serata speciale, dove grande protagonista sarà la musica, unita alla solidarietà, secondo la migliore tradizione dei grandi concerti rock. Prima della musica, ad introdurre, vi saranno le brevi ma intense parole di Maria Ricci. L’abbiamo chiamata per capire la sua funzione in AVSI.
“Sono responsabile del Fundraising, e più precisamente della raccolta di fondi privati. Ovvero proprio quello che accadrà al Novelli questa sera, una delle tante serate che in giro per l’Italia garantiscono ad AVSI fondi particolarmente importanti”.
Perché “particolarmente”?
“I fondi privati sono doppiamente importanti per noi, perché garantiscono una libertà di utilizzo che i fondi istituzionali non hanno. Ad esempio portare bambini abituati alla povertà dei loro borghi e capanne, a visitare luoghi di bellezza, come le montagne o il mare, non è considerato importante. Invece per noi la bellezza è un punto decisivo da cui ripartire. Noi possiamo far conoscere ai ragazzi la bellezza proprio grazie ai vostri fondi. E loro rifioriscono.”
Maria, come è nata la scelta di fare di AVSI un lavoro, di farne la tua vita?
“Non conoscevo AVSI, né il mondo da cui era nata. In casa non se ne parlava. Durante i miei studi sulla cooperazione internazionale, ebbi l’occasione di un viaggio in Romania presso le strutture seguite da AVSI. Tra le tante realtà della cooperazione che ho conosciuto, AVSI mi ha colpito. Subito ho visto qualcosa di diverso”.
Che cosa?
“I rapporti tra i volontari, il relazionarsi con me e con le persone che usufruivano dei servizi. Erano diversi dal solito. Lo capivo bene su di me. Io non ero guardata per quello che davo ma perché c’ero. E questo valeva per tutti. Vi era una attenzione insolita alle persone. Questo mi ha spinto poi a lavorare per loro come volontaria ed infine è diventato il mio lavoro. Oggi, da dentro, trovo una forte conferma di quella prima intuizione”.
Qual è il bisogno fondamentale che oggi AVSI incontra nelle varie zone del mondo?
“Noi lavoriamo in contesti dove il bisogno esplode in maniera lancinante. Basti pensare alla Siria, all’Iraq o all’Uganda. Ma c’è un tratto comune in ogni luogo e per tutti coloro che incontriamo. È il bisogno di essere trattati da uomini, di entrare in relazione. Nessuno si accontenta di un’assistenza. Il bisogno è che qualcuno sia lì per te, unicamente per te. Potremmo dire che è il bisogno di essere umani, perché questo è ciò di cui tutti abbiamo bisogno. Per questo AVSI non offre solo servizi, non risponde solo al bisogno immediato (pur base del nostro agire) ma diamo vita a rapporti che fanno crescere. Con noi studiano 24mila bambini l’anno; da quando siamo nati, hanno attraversato le nostre scuole in 160mila. Ma il dato più importante è che vediamo i ragazzi crescere. Desiderano proseguire gli studi ed andare in università (cosa per nulla scontata in quei luoghi); molti di loro tornano per lavorare in AVSI. In una parola sono ragazzi che rifioriscono, che prendono consapevolezza che la loro vita ha un valore. Nella High School Luigi Giussani dell’Uganda questo è evidente”.
Parlacene! È la scuola che stasera sosterremo.
“La prima cosa da sottolineare è che i nostri insegnanti, compresi i presidi, sono ugandesi. Abbiamo corsi di formazione che li preparano ad un metodo per loro tutto nuovo. Si passa da un insegnamento mnemonico e connotato da violenze sui bambini, talvolta molto brutali, a tutt’altro. I bambini e i ragazzi da noi sono al centro, con una divisa bella, in aule pulite e con docenti che li stimano. Per i nostri studenti essere a scuola è un grande dono. Un esempio: da noi che gli studenti pongano domande (e sono pieni di domande!) è importante. È una risorsa. Nelle altre scuole ugandesi è disdicevole, una vergogna. Invece noi vogliamo dar voce alla loro domanda”.
Qual è il valore culturale, o anche politico, di quanto state facendo?
Ti rispondo per punti. 1) il nostro lavoro è prima di tutto occasione di conoscenza di quanto realmente accade in quei paesi. Su tante cose in Occidente si giudica senza conoscere. 2) Portare al centro la persona è costruire una società nuova, diversa, che tende a superare le contraddizioni esistenti. Lo dico non in astratto, ma nella concretezza della guerra quotidiana contro l’indifferenza, contro i muri artificiosi. Noi viviamo sulla pelle quella frase che fu titolo di un meeting: l’altro è un bene per me. 3) La dignità della persona non è data dal nostro lavoro, ma è già nelle persone che incontriamo. Noi non facciamo altro che riconoscerla. 4) Nasce la possibilità di capire meglio la nostra storia recente. Si prendano le migrazioni. Noi interveniamo su tutte le fasi. Sento in Italia dibattere solo sulla fase terminale (l’arrivo, lo sbarco). Dietro a quella c’è un mondo, che va capito e su cui è possibile intervenire.
Infine, perché dunque ci chiederai di aiutare AVSI?
Perché AVSI è la possibilità di costruire un percorso pienamente umano, denso di fascino, capace di aprire una speranza in chi è aiutato ma anche in chi aiuta, anche solo semplicemente con un dono.
(foto di Mattia Marzorati, 2018)