Rimini Calcio, il non detto è la fine del pallone
E’ stata un’altra settimana decadente per il pallone biancorosso, scandita dalle dimissioni prima del direttore sportivo Paolo Bravo, da undici anni legato alla maglia a scacchi, poi del direttore generale Giovanni Sama e infine del dirigente Gianluca Paoloni. Pesantissime le prime due, che assieme all’uscita di scena qualche mese fa di Valter Sapucci, storico responsabile del settore giovanile biancorosso, azzerano il progetto, sotterrano l’idea nata nell’estate del 2010 quando partì l’avventura dell’AC Rimini 1912. I giorni passano e continuano a confondere invece di risolvere, la maglia biancorossa è come fosse entrata in un labirinto mentale nel quale sono entrati tutti: dirigenti, squadra, tifosi, il resto del club. Nessuno ci capisce nulla e le dimissioni di questi giorni sono solo prossime alla punta estrema di questa storia ma non è quello il punto. Capo Horn di questa vicenda sono le ultime parole del presidente biancorosso Biagio Amati, il vertice degli imprenditori della nostra città a capo della società. Amati, come un cantastorie contemporaneo, la racconta a tutti compreso a se stesso. Con tutto quello che è successo e sta succedendo, tra decine di trattative intavolate e saltate, allenatori che scioperano perché non pagati, fornitori pronti alle vie legali e altri già alle vie di fatto, dimissioni a domino, e ci si può fermare perche il quadro ha già persino la cornice, invece di affrontare in modo preciso diretto e frontale la realtà, si è lanciato in acrobazie verbali che non riescono però a nascondere la polvere sotto il tappeto. “La società non è più in vendita, basta gruppi e cordate andiamo avanti noi, i soci si sono sobbarcati sacrifici e responsabilità”. Le cose non stanno così, anche se c’è il massimo rispetto per chi sta cercando di tenere in piedi la baracca, lo sa persino lo stesso Amati che poco dopo scivola, ammettendo che il nuovo ingresso di Mauro Traini servirà per chiudere la stagione con l’arrivo di nuovi sponsor. Servono soldi e lo sanno tutti ma quelli che arriveranno, se arriveranno, non bastano né per vedere il futuro, né per capire il futuro, perche le ultime dimissioni hanno un indirizzo chiaro, questa volta sì, diretto, preciso e frontale: la non condivisione con il progetto di calcio pensato dai vertici della società. Allora in questo momento è l’idea di futuro che manca. E’ una sensazione che circola nell’aria, un sentimento inespresso e sotterrano ma presente, anche se non si parla per evitare che si avveri ma che lascia anche il sospetto opposto: che si possa avverare proprio perché nessuno ne parla. Se non si arriverà al pareggio, con le responsabilità vere, concrete, si correrà il rischio di far scoppiare il pallone. Dopo l’agonia ci sarà la fine del calcio a Rimini: è questo il non detto. E’ questo che determina una tensione diversa, uno stress supplementare, un logorio fisico e mentale che trasforma i tifosi biancorossi in un condensato di ansie. Era la stagione del centenario questa, è diventata quella in cui si è smarrita la felicità. Anche se il Rimini, che oggi giocherà a Milazzo, riuscirà a vincere.
Francesco Pancari