Se per Eduardo de Filippo gli esami non finiscono mai, per il Comune di Rimini sono le manovre di bilancio a non avere mai un termine. Le casse comunali reclamano continuamente robuste iniezioni di risorse finanziarie. Dopo aver triplicato le aliquote Irpef, dopo aver aumentato l'imposta di soggiorno e aggiustato altri balzelli comunali, la giunta ha proposto di ricavare altri 4,7 milioni dalla vendita delle azioni di Hera non vincolate. Per farne cosa? Il dibattito in commissione non ha fornito i desiderati particolari. Nella relazione che accompagna il provvedimento, il dirigente Mattia Marracci aveva evidenziato “l’esigenza di finanziare, nel 2019, gli investimenti comunali in misura maggiore (fino ad un massimo di ulteriori €.4 milioni) di quella originariamente prevista”. Quali sono queste esigenze nuove a cui si è dovuto far fronte?, hanno incalzato i consiglieri di opposizione Maio Erbetta e Gennaro Mauro. L'assessore Gian Luca Brasini ha spiegato che le nuove risorse saranno assegnate “nell’ambito di una costante rimodulazione del piano triennale degli investimenti e delle forme di finanziamento, necessaria sia per l’emergere di nuove esigenze sia perché spesso queste opere sono legate a forme di contributi da enti terzi che non possiamo perdere. Un esempio: solo scorsa settimana il consiglio ha approvato una variazione di bilancio per la copertura di interventi per l’edilizia scolastica che ammontano complessivamente a circa 4 milioni. Si tratta di opere rilevanti, tra tutte l’intervento alla scuola Ferrari che da sola vale 2,9 milioni e per la quale il Miur ha riconosciuto un contributo di 900 mila euro. Attraverso l’incasso previsto dalla vendita delle azioni libere di Hera andremo quindi a ripristinare le risorse necessarie per finanziare gli investimenti in parte straordinaria”. Nel “non detto” delle domande dei consiglieri di opposizione stava la preoccupazione che il bilancio comunale, lungi dall'essere a posto, mostri più di una falla che una volta con un provvedimento fiscale, un'altra con la vendita di azioni, si cerca affannosamente di coprire.
Il Comune di Rimini detiene qualcosa come 18 milioni e 500 mila azioni della società quotata in Borsa che gestisce i servizi dell'acqua e della raccolta rifiuti. Un bel gruzzolo che se fosse venduto integralmente agli attuali prezzi di mercato porterebbe nelle casse del Comune la bella cifra di circa 54 milioni, un tesoro con cui si potrebbero risolvere molti problemi. Ma quelle azioni, in virtù di un patto di sindacato sottoscritto da Rimini, non possono essere vendute fino al 30 giugno 2021. Questa proprietà delle azioni di Hera provoca un corto circuito fra controllante e controllato che gli esponenti dell'opposizione hanno più volte messo in rilievo ogni volta che in consiglio è approdata una delibera che in qualche modo riguardava Hera. Ma questa situazione è per il momento bloccata, si vedrà se alla data di scadenza il Comune confermerà il patto di sindacato o ne uscirà fuori.
Rimini possiede però anche un piccolo gruzzolo di azioni non vincolate che può vendere in qualsiasi momento. Già è accaduto nel 2017 e accadrà anche quest'anno non appena la delibera licenziata in commissione approderà in consiglio comunale. Le azioni libere sono 1 milione 870 mila e al prezzo corrente dovrebbero dare un un incasso di 4,7 milioni. Ma c'è un terzo protagonista della vicenda ed è la banca Monte dei Paschi con la quale il Comune ha un debito di circa 2,7 milioni. Un accordo fra Comune e Monte dei Paschi prevede che in caso di vendita di azioni il ricavato debba andare per estinguere il mutuo. Ma Palazzo Garampi ha proposto alla banca di destinare solo una parte (1-1,3 milioni) ed il resto di incassarlo direttamente. Il Comune confida che, come fatto in altre occasioni, Monte dei Paschi accetti la proposta.
Il dibattito in commissione è servito a puntualizzare alcuni aspetti. Gioenzo Renzi, convenendo che è meglio vendere le azioni piuttosto che agire con inasprimenti fiscali, ha chiesto a che punto sia la messa a bando dei servizi acqua e rifiuti. Brasini ha risposto che i bandi sono stati avviati per entrambi i servizi. Carlo Rufo Spina, di Forza Italia, ha chiesto come mai Hera, società privata che realizza considerevoli utili, nel servizio idrico metta a carico dell'intera utenza i cosiddetti oneri di sistema, cioè le bollette di chi non paga. Dai banchi della maggioranza rilievi critici su Hera sono arrivati da Davide Frisoni di Patto Civico. “Ad Hera bisogna chiedere di più, la qualità del servizio sui rifiuti è scarsa. Bisogna stipulare un contratto serio”.
A distinguersi dal resto della minoranza è stato Matteo Zoccarato, della Lega. “Andare a vendere queste azioni per abbattere un debito con un piano di ammortamento già definito, - ha sostenuto - mi ricorda tanto quel contadino che vende i propri campi per estinguere in anticipo il mutuo della casa, che era comunque in grado di sostenere. Ora il mutuo é estinto, ma non ha più di che mangiare. Peraltro é già la seconda volta che l'amministrazione mette le mani su questo patrimonio dei riminesi. Nel 2017 avevano venduto un'altra tranche di queste azioni, promettendo che parte degli introiti sarebbe stati destinati a un fantomatico piano di riasfaltatura strade, di cui noi non abbiamo più avuto contezza”. Zoccarato ha votato contro, gli altri della minoranza si sono astenuti.