Trent’anni fa la Rivera di fronte alla sfida delle mucillagini ebbe la capacità di reagire. E oggi, quali sono le sfide che il sistema turistico locale deve vincere per essere all’altezza della domanda contemporanea? Giriamo la domanda a Maurizio Ermeti, oggi presidente del Forum del Piano Strategico, albergatore da sempre e, da più di un decennio, anche presidente dell’associazione.
“Di fronte alle mucillagini, un’emergenza improvvisa, sconosciuta, scioccante – risponde Ermeti - si è data una risposta istintiva, improvvisata. Si è cercato di contenere un danno del quale neppure si conoscevano le cause e nemmeno erano chiari i rimedi. Non era come se fosse caduto un ponte che si poteva ricostruire. Non si sapeva se quel bene primario che è il mare sarebbe tornato nelle condizioni normali. La Riviera in quegli anni viveva esclusivamente del turismo balneare. Era il periodo in cui la domanda era prevalente sull’offerta, Rimini era riconosciuta a livello internazionale come una destinazione di successo. Le mucillagini sconvolsero questo assetto e determinarono soprattutto il crollo della domanda straniera”.
E in cosa è consistita quella che lei ha chiamato una reazione istintiva?
“Si sono presi provvedimenti immediati, come fare le piscine negli alberghi, spesso piccole e inadeguate. Si è poi puntato sul mondo della notte, sui parchi tematici di divertimenti. Si è insomma cercato di guardare oltre il mare, di inventarsi prodotti nuovi e diversi perché non c’era la certezza che il mare sarebbe tornato una risorsa disponibile. Ancora non si sapeva che il fenomeno non dipendeva dall’inquinamento ma aveva cause naturali”.
E trent’anni dopo la Riviera è pronta per affrontare le nuove sfide?
“Secondo me c’è una differenza fondamentale rispetto a trent’anni fa, ovvero il fatto che Rimini, da anni, ha preso coscienza che, per poter cavalcare per altri decenni la scena del turismo nazionale e internazionale, occorreva intraprendere un percorso improntato a una visione efficace nel medio-lungo periodo. Per questo è stato avviato un piano strategico in grado di concepire una città che fosse adeguata e coerente con le sfide poste dalla contemporaneità. Il piano strategico ha offerto una visione di sviluppo che mette a valore i punti di forza del nostro territorio. Rimini, infatti, dispone di una piattaforma logistica che non ha uguali, grazie alla capacità di accoglienza, all’organizzazione dei servizi, al sistema fieristico-congressuale. Da questi punti di forza si può immaginare un forte rilancio della nostra capacità competitiva”.
In concreto cosa significa?
“Sono state compiute alcune scelte radicali. Innanzitutto, quella di salvaguardare la qualità delle acque del mare con un grande progetto, unico in Italia, che consentirà di non riversare più acqua sporca nel nostro mare. Sappiamo tutti, infatti, come la sensibilità ambientale sia un argomento sempre più sentito nella scelta della destinazione di vacanza. Parallelamente a questo, si è deciso di riqualificare complessivamente il waterfront, con un grande cambiamento fisico della nostra destinazione, che toglie al lungomare tutti gli elementi di urbanizzazione massiva che hanno caratterizzato negli anni anche il nostro fronte mare (traffico, rumore, smog, pericolosità, ecc..) per fare spazio a una nuova infrastruttura ambientale – un parco urbano, per l’appunto – dove verde, percorsi ciclo-pedonali, strutture per lo sport, relax e sicurezza consentiranno alle persone di godere di un ambiente profondamente improntato alla qualità della vita, al benessere, alla cura del corpo. Questo elemento, oltre ad essere un prodotto in sé e per sé, rappresenta anche uno straordinario elemento di comunicazione che consente a Rimini di emanciparsi dagli stereotipi che nel tempo l’hanno connotata”.
Quindi il Parco del Mare, di cui ancora non si è visto nulla, è sufficiente a rilanciare il turismo riminese?
“Come dicevo, il Parco del Mare è l’infrastruttura logistica in grado di aggiungere qualità al soggiorno. Da qui si può partire per aggiungere alla tipica offerta balneare una serie di nuove esperienze come quelle legate all’offerta culturale che Rimini è in grado di proporre, anche grazie agli interventi di riqualificazione urbana che hanno caratterizzati il centro storico. A ciò si aggiungono la straordinaria offerta paesaggistica, culturale ed enogastronomica del nostro entroterra e la straordinaria posizione di Rimini rispetto ad alcune delle più importanti mete turistiche italiane. Questo ci pone nella condizione di affrontare una nuova sfida, ovvero quella di intercettare un nuovo pubblico mosso da interessi anche diversi da quelli tipici della vacanza balneare, e ci consente di promuovere il nostro prodotto su mercati anche molto più lontani da noi che cercano esperienze di soggiorno in Italia alternative alle mete più tradizionali”.
Vuol dire che Rimini deve intercettare quello che è stato chiamato il turismo delle esperienze?
“Si è un po’ abusato del tema “turismo esperienziale”. Ma, al di là di tutto, c’è un fondo che rimane valido: le persone oggi mirano a trascorrere il loro tempo libero coltivando i loro interessi, le loro passioni, e a creare relazioni con il luogo visitato. Soprattutto su questo ultimo punto, ovvero la capacità di creare relazioni, Rimini può giocare una partita vincente in un mondo in cui, invece, l’individualismo tende a farla da padrone. La sfida di Rimini deve, dunque, essere quella di personalizzare la propria offerta rispetto alle esigenze di vacanza dell’ospite”.
Lei ha insistito sugli aspetti pubblici della riqualificazione, ma non c’è un tema urgente che riguarda le strutture alberghiere? Per la maggior parte non sono inadeguate alla nuova domanda di turismo?
“Vero. Anche se già molti alberghi hanno intrapreso la strada della riqualificazione, c’è però bisogno di un adeguamento che non tocca solo le strutture ricettive, ma anche la ristorazione, gli stabilimenti balneari e, più in generale, il sistema dei servizi che il territorio offre. Per favorire questo cambio di rotta, è indispensabile innescare un clima di fiducia che porti a compiere nuovi investimenti. Rimini ha, infatti, coinvolto gli operatori privati nel Parco del Mare, ottenendo fino ad oggi un riscontro positivo. Ora è il momento di dare segnali concreti del cambiamento che sta arrivando. Sono fiducioso che, vedendo partire le opere di riqualificazione anche della parte pubblica, possano cadere tutti i tabù, dando spazio agli investimenti. Per fare in modo che questo accada è indispensabile che si realizzi una speciale alchimia. Da una parte, la spinta pubblica, che ritengo stia dimostrando la propria forte determinazione; dall’altra, i privati che devono, però, contare sul supporto delle istituzioni, con finanziamenti dedicati per la ristrutturazione e riqualificazione, come quelli previsti dalla Regione insieme a Cassa Depositi e Prestiti. Assieme a questo, serve agire sul fronte della semplificazione. I tempi per ottenere le autorizzazioni non possono essere lunghi. Parallelamente, il “cappio” burocratico che grava sulle concessioni balneari, ancora non risolto, sta facendo pagare gravemente le sue conseguenze. Si tratta, quindi, di una macchina articolata e complessa che deve mettersi in moto e funzionare efficacemente, ma sono fiducioso, perché il volano è avviato e penso che Rimini non si farà scappare questa occasione. Nella immobilità generale in cui ristagna il prodotto italiano, l’iniziativa di Rimini può essere uno “choc”. Abbiamo, infatti, la possibilità di un rilancio, questa volta intelligente e non istintivo, che duri nel tempo”.